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Dopo a caduta del Muro di Berlino, Ivrea si divide in quelli che conoscono. Discoccasione e quelli no. Si tratta di un piccolo, tenace negozio di vinili nuovi e usati: avamposto o retroguardia, fate voi. Gianni, il proprietario è lì dentro da una vita immerso nei suoi dischi. Lo guardi mettere ordine negli scaffali e sai che, se entrasse un giovane a comprare Blonde on blonde di Bob Dylan, probabilmente non si limiterebbe a dargli il disco in mano con un freddo e luccicante sorriso professionale, ma ci aggiungerebbe – come il protagonista di Alta fedeltà di Nick Hornby - una pacca sulla schiena con la frase “complimenti ragazzo! Adesso sei salvo!”Il negozietto è in via Martiri, a Ivrea, cioè nella parte più vecchia della città, ghetto ebraico in cui era vissuto il giovane Camillo Olivetti prima di viaggiare per l’America e, esattamente cent'anni fa, mettere in piedi la Prima Fabbrica di Macchine per Scrivere italiana. E’ una strada stretta, che si dirama dal centro pedonale e sale ripida verso il castello. In queste due piccole sale, con le volte basse di mattoni a vista, piene, stipate, gonfie di vinile, Gianni esibisce una collezione mostruosa che risente meravigliosamente dei suoi gusti personali. Avete presente la frase fatta “l’uomo prima del calciatore?”, beh nel suo caso mi sento di adattarla senza forzature: “l’uomo prima del commerciante. Uno che ti parla malissimo del disco che gli hai appena chiesto, se non gli piace, dicendoti che cosa pensa invece di pensare a cosa dice. E’ per questo che, mentre esci con un album diverso da quello che avevi in mente, senti che ci ritornerai. Dentro c’è sempre qualche cliente un po’ fissato, con cui Gianni si avventura in discussioni che sanno di cortile del Filadelfia: consorterie umane di ogni genere tenute assieme da una storia, una passione troppo forte per non prevalere sulle diversità. A volte mi chiedo quanto Gianni riuscirà a tenere duro, in un mondo in cui non c'è quasi più tempo e pazienza per ascoltare qualsiasi cosa per più di 10-15 minuti. Se penso alla partita di domenica, vedo due mondi a confronto: come quello del suo negozio e quello dei centri commerciali dove si vendono prodotti musicali, cioè i dischi morti già dopodomani (salvo regalarti i blues di Robert Johnson per 6 euro: certo, se lo trovi negli scatoloni tra i successi di Anna Oxa e le compilation di Fausto Papetti). E noi ci presentiamo all'appuntamento, finalmente, senza crisi d'identità. Non era Toro, infatti, quello di Fiore, Pancaro, Abbiati e Recoba: e siamo stati tutti un poco provinciali a entusiasmarci a quegli acquisti, quasi che il Toro potesse diventare un piccolo Milan o una piccola Inter. Penso che sia noi che il Presidente abbiamo imparato molto da questi tre anni, del resto, quando i più poveri perdono l'identità non hanno altra strada che cercare di somigliare ai ricchi, quasi sempre con risultati disastrosi. Un ultima cosa: se, evento difficile ma non impossibile, il Toro domenica dovesse vincere, vi invito a disertare la televisione e guardare i filmati alla mattina su YouTube. Giusto per non doversi assorbire ore di chiacchiere sul tema “la crisi dell’Inter”. Film già visto tre settimane fa, quando non era stato il Bologna a vincere in trasferta ma il Milan a perdere in casa.
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