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Battagliero, ingenuo, jellato: è proprio il Toro!

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Gargarismi / La rubrica di Domenico Catagnano
Domenico Catagnano

Se a priori ci avessero detto che dal trittico Sassuolo-Bruges-derby avremmo cavato solo un misero punticino, l'avremmo presa male, ma proprio male. Roba da contestazioni, fischi, Maratona in sciopero, Cairo-Petrachi-Ventura sulla graticola, e chi ne ha più ne metta. A posteriori, invece, le tre partite lasciano un fortissimo amaro in bocca, ma anche la sensazione che il Vecchio Cuore Granata batte, e batte ancora.

Ripulita della retorica nella quale ogni tanto si inciampa per spiegare il perché uno tifa Toro, la passione granata nasce e vive di emozioni. Vivrebbe anche di risultati, ma, ahinoi, per ottenere quelli sembra che sia necessario sforzarci con il doppio della fatica rispetto agli altri, quando va bene. 

Andiamo per ordine, partendo da Toro-Sassuolo, che sembra ormai lontana anni luce. Ancora rosichiamo per il beau geste di Quagliarella che lascia il rigore a Sanchez Mino, il quale doveva sbloccarsi e che invece, sbagliando l'ennesimo penalty, si ritrova mentalmente più incriccato di prima. E rosichiamo ancor di più perché abbiamo beccato gol negli ultimi minuti di gioco, vizietto al quale siamo stati abbonati in diverse partite la scorsa stagione. In sintesi gioco discreto, sconfitta ingiusta, rabbia e fischi.

Col Bruges abbiamo trovato un 22enne australiano in stato di grazia sublime, il classico portiere che proprio contro di noi fa la partita della vita (le cronache parlano di una mezza papera nella partita di vertice giocata pochi giorni dopo con l'Anderlecht, giusto per capire che solo all'Olimpico ha fatto il fenomeno). Non siamo andati oltre lo 0-0: buon gioco, pari ingiusto, ancora più rabbia ma nessun fischio.

E poi il derby, con negli occhi ancora la cavalcata trionfale di Bruno Peres, i rigatini costretti a subire in dieci, Allegri che toglie Tevez per Ogbonna per mantenere il risultato e l'incredibile beffa nel finale. Attenzione, nel finale, proprio come contro il Sassuolo. Buonissima gara, sconfitta scandalosamente ingiusta, rabbia incalcolabile e, almeno per quello che mi riguarda, applausi a scena aperta.

Battaglieri e coraggiosi, i nostri torelli, che da queste tre partite meritavano almeno sei-sette punti, vedete un po' voi come distribuirli. Indomiti ma anche ingenuotti, senza quella cattiveria che spesso diventa necessaria per non beccare gol al fotofinish. Ma anche terribilmente sfigati, perché la buona sorte nel calcio, come nella vita, conta, lo sappiamo bene, e la dea fortuna per noi è talmente  bendata che non ci vede proprio, anzi, ci evita come la peste.

La squadra, con tutti i suoi limiti tecnici c'è. Pur asfittica in avanti e con un centrocampo che ogni tanto va in black out, ha mostrato di avere carattere. C'è -neanche a dirlo- ancora tanto da lavorare, ma sembra che almeno psicologicamente Ventura sia riuscito a far fare quel salto di qualità più che necessario per un gruppo meno tecnico e fantasioso rispetto alla scorsa stagione. Servono rinforzi, lo sappiamo, oltre alla consapevolezza che, tanto per cambiare, siamo in credito con la buona sorte, ma non sappiamo se e quando riscuoteremo quanto ci è dovuto. Vale la pena di ricordare, per inciso, che i nostri crediti si sommano ormai da quasi settant'anni.