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mondo granata
Sulle tavole di pietra scolpite col fuoco si poteva chiaramente leggere: "… fare un sol boccone di Napoli, resistere a Genova, e giocarsela con la Roma". Era ed è questo il codice genetico della salvezza del Toro, e mentre San Giovanni si giocava la schedina fidando nei cavalieri granata, San Gennaro sfornava corna e bicorna intonando il piagnisteo vesuviano.Era probabile che, nell'alto dei cieli, San Gennaro e San Giovanni tirassero l'acqua al loro mulino, e l'unica speranza era che San Pietro li tenesse a bada evitando che trascendessero. Si davano un contegno, ma palpitavano come umani e a turno si punzecchiavano l'aureola con le invettive classiche da bar dello sport. A turno i due avevano colpito e reso indisponibili anche alcuni protagonisti delle due squadre, ma il San patrono di Torino poteva contare sulla mira impeccabile dell’alleato Cupido che ha acciaccato personaggi di primo ordine. Gennaro era stanco, fiaccato dalle annuali trasfusioni indotte alla sua Napoli per riportarla la dove i suoi discepoli meritavano di stare, e Giovanni era sfinito perché cantava e portava la croce, la sua, e ogni giorno un nuovo drago persecutore lo sfidava a tenzone. Il partenopeo Gennaro era anche affaccendato a gestire il Lotto e distribuiva numeri a caso, sapendo che nel mucchio ci pigliava sempre; il granitico Giovanni invece, deluso dal suo Banco precipitato in malo modo, rivisse il mito del Toro sui mille portali della città Sabauda, immortalandosi nel fulgido gesto di chi abbatteva il cattivo e mandò in prima linea dal monastero granata un grande “abate” a benedire quelle notti “bianche” e quelle Domeniche poco “serene”, così da poter finalmente festeggiare il “natale” con un buon bicchiere di vino “novello”.Napoli e Torino non lo sapevano, ma la loro partita era in corso da un po’; erano già in campo l'un contro l'altro ben prima della partita giocata sul campo ieri pomeriggio. Ma per il gran finale di questo 2008 e in prossimità del Santo Natale il gran Giurì del Paradiso era stato perentorio: i miracoli erano aboliti e gufare non si addiceva al mestiere di Santo.Ieri il Toro ha dominato il secondo tempo, confermando che vincere a Firenze è un evento contemplato nel Manuale delle Giovani Marmotte al capitolo ... "andare sempre in campo per vincere".Basterebbe rivedere la devozione e la grinta di Dzemaili nell’azione che ha portato in vantaggio il Toro con dapprima il generoso passaggio di Amoruso, poi con la botta sicura ma sfortunata sul palo di Rosina, infine con il tocco in goal dell’opportunista Bianchi, e poi godersi lo spettacolo di chi è consapevole della propria forza.Il Napoli ha sbandato e gli è mancato l'aiutino del cielo, anche perché San Gennaro era marcato a uomo e senza libertà di manovra. San Giovanni invece, concreto come un torinese e freddo come un inglese, si era un po' stufato di sentir dire ... "il Toro non ha santi in Paradiso", come se lui non contasse nulla o fosse un santo di serie B... ehm, e se lo è adesso, lo è ancora per poco.Sento dire: bentornato vecchio Toro, ma credo possa sbagliare, in perfetta buona fede, nonché conclamato affetto. Nel vecchio, caro Toro non c’erano R&B e non intendo la musica Rhythm and Blues che abitualmente ogni giorno ballo per diletto e passione. Non c’era Rosina, ovvero era in organico ma non giocava e, se giocava, era per far la controfigura di qualcun altro. Ora invece Rosina è un elemento “somatico” della rosa, nel senso che con o senza di lui la squadra cambia i suoi connotati. Non c’era Bianchi nel vecchio, caro Toro. Non c’era neanche dopo che era giunto a Torino; era piuttosto la riserva di qualcun altro, ovvero doveva, se scendeva in campo, “travestirsi” da Pulici o da Ferrante. Ora invece Bianchi indossa panni suoi e contribuisce a vestire il Toro di panni che prima non aveva. Nel bene e nel male è dunque un’altra squadra e di ben tornato, felicemente tornato, meravigliosamente tornato in questa squadra granata c’è sempre un immenso Abate … ma anche lui gioca in una squadra nuova.Bene, ora il problema di fondo è dilatare questo momento magico, conservare la salute fisica e mentale, estendere fino a Giugno uno stato di forma buono, insieme alla mentalità vincente. Ma attenzione, l’ha detto il WAN e l’ha visto chiunque sappia ricordare tutti i novanta minuti della partita: con il Napoli è stata una gran vittoria, ma si poteva anche pareggiare e perfino perdere, il risultato l’ha deciso un’attenta difesa ed un autoritario Sereni quasi quanto il duo R&B, Rosina & Bianchi.Adesso si sente in giro aria natalizia: torniamo a volerci e sentirci bene tra noi tifosi granata mentre cominciamo a immagazzinare sotto il nostro alberello i regali che la squadra ci fa. E’ di nuovo un immenso piacere sentirsi in famiglia, tutti più buoni per l’occasione. Tutti dunque pronti a salire sulla slitta trainata dalle amiche renne, però, prima di tirar in allegria la barba a Santa Claus, ricordiamoci che siamo molto vicini al Natale, ma Natale ancora non è.Buon Natale dunque, in questo Natale sospeso fra un passato che non ha ancora trovato una ragione e un futuro restio a lasciarsi svelare. Sventolano come sempre le bandiere e la fede resta salda, ma l'irrealtà sembra marcare il tempo che per una volta non vola e anzi si attarda pigro, come in attesa di un esito improbabile.Quello che accade sembra quasi che non accada, tanto labile ne è il risultato manipolato nei giochi di una indecifrabile partita. Quello che non accade lascia stupiti tanto è al di fuori dall'esperienza vissuta; esempio evidente i goal che per ripicca ci sono stati negati, oppure come clamorosi ed evidenti fuorigioco non vengono volutamente visti quando giocano le solite note in barba alle società più piccole e deboli, come se l’accanimento costante volesse sottrarsi a quanto le sta intorno, che a partire dal calcio e dalla sua "giustizia" è lo specchio di un disagio più vasto e più profondo. A maggior ragione allora buon Natale ed ogni altro augurio, sul limitare di un passaggio che, non solo per il nostro Toro, si presenta difficile e decisivo. Eppure, la zona retrocessione appare e scompare fra le nuvolette dell'Olimpo, e la spasmodica giostra delle squadre inseguitrici si aggrappa ormai alle ombre dei fuggitivi, sempre troppo distanti, almeno 4 anni luce, ma il Toro sembra ormai capace di brillare di luce propria e, in questa perfida galassia cadetta, ci è ancora invischiato ... ma ancora per poco!
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