mondo granata

‘Buongiorno, Capitano’

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ERMANNO EANDIBuongiorno Capitano, come stai? Sono trent’anni che ascolto i tuoi silenzi rumorosi che sgorgano zampillanti, nel fiume dei ricordi e sfociano nel mare della solitudine. Tocco la tua fotografia e m’appari, sensibile e...
Ermanno Eandi

ERMANNO EANDI

Buongiorno Capitano, come stai? Sono trent’anni che ascolto i tuoi silenzi rumorosi che sgorgano zampillanti, nel fiume dei ricordi e sfociano nel mare della solitudine. Tocco la tua fotografia e m’appari, sensibile e riservato, come sempre.Sorridi e mi prendi per mano. Le ragnatele dei pensieri si di dipanano e tu sei sempre lì, maestro del Fila, eroe al Comunale. Il passato si riveste, indosso i miei ricordi di bimbo che scandivo il tuo nome, nel silenzio di una casa muta, dove, nei miei giochi d’infanzia, i granata vincevano sempre. Assorbo il tuo volto, faccio capriole nel nulla e ti rivedo all’ombra di un colbacco, a sbranare palloni. Eri sempre in campo, 566 perle, nella collana della tua carriera, una vita in granata. Insegnami a scalciare, come facesti con Sivori, a colpire gli inutili burattini, vestiti del nulla, che si nutrono di beffarda apparenza e ogni giorno inquinano la mia vita.Aiutami, difendimi, come facevi con il gracile e funambolico Meroni, da coccodrilli incravattati, che sparano al tiro a segno della mia anima, in un gioco falso, truccato da chi vince sempre.Soffristi anche tu, l’ingiuria della gente, dell’incomprensione, quel giorno in sud America, precisamente in Cile, eri vestito d’azzurro, quando in una corrida iniqua, un rosso drappo, ti allontanò dal sogno. Ti chiamarono “Killer” e tu soffristi, in silenzio, come sempre. Quante volte abbiamo visto le frodi della vita, costretti a piangere di rabbia e impotenza, anche noi persi nella pioggia di Marassi, con Aldo che esulta per un attimo, per poi capire chi è il mazziere, strozzare l’urlo di gioia e chiudere i sogni per un giorno migliore.Quel giorno arrivò, il miraggio divenne tangibile, il tricolore, la follia, la gioia, tutto divenne Toro. La magià ci rapì quel giorno, non eravamo più uomini, ma fuoco, combustibile di fede, che alimentava la fiaccola della passione. Guerrieri esaltati e incuranti di tutto, che si lanciavano all’assalto contro le mitragliatrici, nell’analgesia dell’attacco suicida. Avevamo espugnato l’inespugnabile. Battuto il drago, il potente, l’innominabile. Anche tu esultasti, giocavi non giocando, correvi non correndo, lo scudetto, il tuo premio, la tua anima.Poi il tramonto.La testa trafitta, il dolore, l’oblio.L’ultimo ricordo.Una ambulanza che corre verso casa, a Pino, i medici che scuotono la testa, rallenta, si avvia al Fila. Il tempio granata accoglie il suo gran sacerdote. La folla, l’estremo saluto, lacrime di Toro sul tuo nome, indimenticabile, immenso…Adesso sono qui con i ricordi appuntiti, pungono la mia anima, invento frasi e sogni per donarle al tuo passato.Buongiorno Capitano, come stai?