mondo granata

Cancrena granata

Redazione Toro News
di Mauro Saglietti

E così ce l'abbiamo fatta. Cara contestazione, quanto mi sei mancata, si respira aria di casa. Barricate, urla, assedi, “Andate al lavorare”, “Vi togliete la maglia?”, etc.Quante volte ormai.Siamo tornati nelle situazioni abituali, che sono casa nostra, quelle per le quali i media parlano di noi.In molti avrebbero detto che sarebbe finita così.Molti di noi non aspettavano altro, tanti stanno addirittura godendo perché le loro previsioni si sono avverate.Bella soddisfazione.La storia granata recente sembra un ripetersi inesorabile di eventi, una contestazione dopo l’altra.

 

Mi scuso in anticipo se in questo articolo userò un generico “Noi”.Ma non trovo altra soluzione.Cosa potrei usare? Il “Voi”? Oppure un ancora più generico “Loro”? “Qualcuno”.No, ragazzi, in fondo ci sono anch’io di mezzo.

 

Si respira un’aria strana talvolta nel al Toro, non necessariamente solo attorno al pallone che rotola.E’ un’aria stantia, un odore di cantina ammuffita, una sensazione di stanchezza malsana, a volte morbosa, talvolta meschina o se preferite perversa. Non è una cosa facile da spiegare, è un’atmosfera che emerge dal basso, e ciclicamente torna a farsi sentire e le porte delle nostre cantine non sono così forti da trattenerla.Anche se lo vorremmo.

 

Tifare per il Toro a Torino è come costruire una casa, nelle intenzioni splendida.Ma sulle sabbie mobili.All’inizio si è tutti d‘accordo, buona volontà, intenti comuni, e la casa viene su, sempre facendo attenzione che quel terreno così insidioso, devastato da anni di bombardamenti, non si riveli traditore.Quando poi la casa è al primo piano, si aprono le crepe e l’edificio, ingoiato dal basso, inesorabilmente crolla.E poi via col tentare di ricostruirla.Ogni volta però la casa è sempre meno alta, quando crolla.

 

Prendiamo il caso De Biasi.Premetto chiaro e tondo che non voglio discutere l’aspetto tecnico.Da questa estate, molti di noi sono partiti prevenuti nei suoi confronti, ben prima delle amichevoli estive. Ripeto, a torto o a ragione non mi interessa.Fatto sta che si è cominciato il campionato già con una potenziale divisione tra tifosi.Le prime sconfitte hanno dato fiato alla voce dei contestatori, così molti hanno anteposto la soddisfazione per la giustezza dei propri convincimenti, ai risultati del Toro.Apertesi le prime crepe nella casa, vi è stato infilato dentro un cuneo per devastarle.Il partito Toro - è stato soppiantato da quello del partito “De Biasi vattene a ogni costo”, come panacea unica a tutti i mali.

 

L’aria nell’ambiente si è fatta presto irrespirabile, tra pro e contro e si è presto perso di vista l’obbiettivo finale, il Toro, sotto il peso della propria guerra personale.Sembra un controsenso, eppure è quanto successo.Si è detto è scritto di tutto, ma, ripeto, non è tanto l’aspetto tecnico che mi interessa.Quello che mi ha spaventato e fatto sentire estraneo, sono il veleno e la cattiveria vomitata da non si sa bene quale altura.“De Biasi, sei un incapace, vattene”. Questa la frase più sentita o più letta.Non solo “incapace”. “Fallito”, “Non capisci un cavolo”, dove il “cavolo” sappiamo bene cosa sia.“Vattene, fuori dai…”, “L’asino di Sarmede”, accompagnato talvolta dalla parola “Somaro”.Oppure il rinfacciamento e il dileggio dell’aggettivo “Ferguson italiano”.Già, mai provare a volare un po’ più alto, perché nessuno te lo perdona e poi ti si impallina, pum-pum.Bella roba, parole che trasudavano rabbia da tutti i pori, la locuzione col nome del paesino, poi, ripetuta come un vanto.Così, qualcuno di noi è arrivato a “sperare” che il Toro perdesse, almeno l’odiato obiettivo di tutti i mali se ne potesse andare.C’è chi ha addirittura colto con fastidio la vittoria col Palermo (“solo per culo”) o il pareggio col Milan (“se volevano ce ne facevano dieci”), svilendole del loro essere buone prestazioni.Non è l’aspetto tecnico, ripeto, si parla di de Biasi perché è capitato a lui.Come è capitato a tutti quelli prima, mica una novità.Vedi Zaccheroni, vedi Novellino, vedi Ezio Rossi, rivedi De Biasi.E’ la perdita di obbiettivi che mi ha spaventato, la cattiveria, la voglia di sfogare la nostra rabbia e la nostra frustrazione di anni, individuando un bersaglio e impallinandolo a tutti i costi, senza mezze misure, spesso distorcendo i fatti per adattarli alle proprie idee.A tutti i costi, proprio così.“Non si può tenere Rosina in panchina, deve farlo giocare, De Biasi non capisce niente!”“Ha fatto giocare quello lì, non capisce nulla, avete visto? De Biasi non capisce niente!”.

 

E, possiamo scommetterci, ora capiterà lo stesso con Novellino.In caso di sconfitta, giù rabbia verso gli avversari, quelli che volevano mandare via de Biasi.C’è bisogno di “colpa”, odiosa, odiosissima parola, che presuppone il giudizio superiore di chi la usa.Altrimenti non si riesce a dare un senso e fare quadrare il cerchio.

 

Chi siamo noi per dare del “fallito” ad un’altra persona che svolge il suo lavoro?Chi siamo per dare dell’incapace a qualcuno che, con mille limiti sta cercando di fare del suo meglio?O del “mediocre”?Sappiamo cosa vuol dire “essere mediocri”?Chi siamo? Quali grandi traguardi abbiamo raggiunto nella nostra vita?Se il nostro capo ufficio ci desse dell’incapace o del mediocre, come reagiremmo? O ci dicesse di levarci dai c..."Sarebbe un insulto diverso? Il mio non vuole essere moralismo, ma una riflessione.Ci basta dire “Noi siamo il Toro” per credere di essere dei padreterno, ai quali è consentita libertà di insulto e dileggio, che vanno sul personale, ben oltre la critica sportiva? Ci basta aver passato quello che abbiamo passato per sentirci così grandi e immensi?Ma come ci si può riconoscere e identificare in queste cose?E’ ancora Toro questo?Da quando in qua?Ma non era solidarietà e amicizia?

 

Questo amici è un ambiente è pregno di rabbia e negatività talmente dense che sembra di potere tagliarle con il coltello. Non appena la casa supera il piano terra cominciamo a spararci l’un l’altro, a dividerci.E’ questa la cancrena che rode dentro, sono le nostre stesse mani che ci avvolgono, ci afferrano e ci riscaraventano verso la cantina, in un’altalena inconscia e perversa.Siamo così talmente abituati al fatto che le cose vadano male, che ci sembra ovvio che lo debbano andare per forza, così facciamo da cassa di risonanza.Non saremo noi a far andare male le cose, però di sicuro ci mettiamo del nostro. Altrimenti non si spiegherebbe questa assurda ciclicità.

 

Pensiamoci bene. Fossimo un Empoli, anzi, pardon, un Empoli fallito da quattro anni, nelle stesse condizioni di classifica attuali, stringeremmo i denti tutti insieme e faremmo gli scongiuri, pregando l’Immenso per la salvezza e ce ne guarderemo bene dal rompere le balle a società, squadra e tecnico.Stufi o non stufi di non vincere mai.E invece no noi non siamo l’Empoli. Noi siamo il Toro!Mi ci metto in mezzo tranquillamente.Quante volte ho detto e scritto questa frase.E questa frase, svuotata della sua verità, rischia di essere la nostra condanna.

 

Noi siamo il Toro! Noi ci sentiamo speciali.Ma le nostre contraddizioni ci devastano.Noi con l’acqua alla gola, disperati, cerchiamo un presidente, però poi, attenzione, deve essere disposto a spendere e spandere e a mandare le sue aziende in rovina. Deve essere innamorato di Toro da tre generazioni e soprattutto, mi raccomando, non ci deve guadagnare!Perché noi siamo il Toro, che diamine! Eh!Pretendiamo orgoglio e attaccamento alla maglia, poi quando si tratta di mettere fuori la bandiera sul balcone, guardiamo prima se l’ha fatto il vicino oppure lasciamo perdere.La nostra diversità? Non è neanche più nei tratti somatici.Rispetto a venti, trent’anni fa la nostra socialità si è erosa, le nostre risorse spremute dagli avvenimenti.La scusa dell’attaccamento ai colori sociali o il paragone col passato ha giustificato ogni genere di contestazione, in una sorta di rabbiosa ciclicità inesorabile.Non la scampa nessuno. Fuori il fucile, c’è il tiro al piccione!PUM-PUM, avanti un altro, forza venite a Torino a farvi impallinare.

 

Invochiamo Zaccarelli come il messia ma siamo tutti già pronti col fucile puntato, qualora le cose dovessero andare male. Già mi immagino le frasi “Rispetto Zaccarelli, come ex giocatore, ma come dirigente ha fallito”, “Zaccarelli vattene”, “Zaccarelli non ha polso, è stata l’ennesima scelta sbagliata di Cairo”. Del resto lo abbiamo contestato, con Cravero, durante la stagione 2003-2004, quando faceva parte della dirigenza cimminelliana.E ancora prima, negli anni ’70.

 

Paolino, da più parti il tuo nome viene invocato per la società…Ti prego, ti scongiuro, non venire!Stattene lontano, per la miseria.Non voglio qualcuno sentir dire un giorno “Certo che Pulici sarà stato anche un gran giocatore, ma come dirigente fa proprio schifo”, “Giusto, lascia perdere, sembrava chissà chi, ma si è rivelato come tutti gli altri”, “Eh, hai proprio ragione, abbiamo vinto uno scudetto perché ce l’hanno lasciato vincere”. Non voglio vedere intaccati o sviliti i miei ricordi d’infanzia, non voglio vedere che qualcuno fa di tutto per far morire un mito e cerca di trascinarlo con sé nelle sabbie mobili.

 

Bene ora.La prima testa è caduta e la nostra sete di colpa è stata parzialmente placata.La causa di tutti i mali se ne è andata.Sotto col prossimo ora.Esercitiamoci nell’arte del tiro al piccione.Facciamo volare alto qualcuno, per poi impallinarlo.L’abbiamo già fatto con tanti, no?Chi sarà il fortunato? Il copione prevede prima Rosina.E’ il giocatore con la tecnica migliore, quindi tanto vale cominciare a demolirlo. Del resto non possiamo mica perdonargli di guadagnare troppo, no? Anzi, insultiamolo! Impalliniamolo come abbiamo fatto per gli stessi motivi con Ferrante (“Brucia i compagni di ruolo”, “Guadagna troppo”, “E’ egoista, non fa spogliatoio” – Marco, vattene!).Via Rosina, via, non sei degno di questa maglia, sei la rovina del Toro etc etc. Poi però tutti pronti a rimpiangerlo.- Guardate come corre, adesso che non gioca più nel Toro…! Ah, fosse ancora con noi!

 

E poi ovviamente Cairo.E’ lì che vogliamo arrivare, di lì non si sfugge, la strada è già segnata e molti di noi aspettano con inconscia e rabbiosa bramosia quel momento dal 31/08/2005, per poter dire “Ecco, l’avevo detto io che finiva così”.E magari ghigneremo beffardi e perversi, affondando nelle sabbie mobili, fino a riempirci di melma la bocca ghignante.Tanto noi siamo il Toro, no?Il Toro esisterà sempre, vero?Vent’anni fa l’avrei detto anch’io. Ora proprio no.

 

Progetto, progetto, progetto, darei un premio a chi ha tirato fuori questa parola per primo, perché ha creato uno stuolo di ripetitori che la TIM ci fa un baffo.Ma che ne sappiamo noi del progetto?In quanti di noi sono capitani d’industria, su, in alto le mani?In quanti hanno a che fare con milioni di euro?Qual è il nostro progetto di tifosi, piuttosto? Farci la guerra in eterno? Saperla più lunga degli altri?Gettare insulti e improperi a chiunque si avvicini a questa squadra e cerchi di fare qualcosa? Ormai la parola ci è entrata nelle orecchie e siamo pronti a sventolarla alla necessità.Temo che per alcuni la crociata, la vera battaglia sia quella contro il presidente, e non avranno pace finché non ce l’avranno fatta.E dai e dai vedrete che andare a finire così.Perché parla come berlusca, perché è molto ammirato e in tanti disprezzano quello che credono un culto della personalità, perché ci guadagna, perché molti temono che sia un bluff e sotto sotto lo sperano, perché questo, perché quello e perché alle volta indossa anche i boxer coi pallini rosa e perché non lo sappiamo nemmeno noi.Il dubbio è come una goccia d’acqua che scava le montagne, ti afferra dal basso e ti avvolge, e poi ti tira giù per screditare quello in cui credi, fino a fartelo abbandonare.Da noi, presidenti come Pozzo o persino il poliedrico Cellino sarebbero stati fatti scappare da tempo.E mi viene da pensare che se all’Inter Moratti ha impiegato dieci anni per vincere qualcosa, da noi ne avrebbe impiegati quaranta.

 

Le cose andranno male con Novellino?Colpa di Cairo che l’ha richiamato!Le cose andranno bene?Ecco, abbiamo rischiato! Colpa di Cairo!In televisione non parlano di noi? Colpa di Cairo, invece di pensare ai suoi giornaletti pensasse piuttosto al Toro.Cairo in televisione: Ecco, va lì per farsi bello alla facciazza nostra!Cairo non è all’allenamento, è a Milano: Hai visto?! Si fa gli affari suoi, che gliene frega del Toro?Cairo è all’allenamento: Lo sapevo! si fa bello per farsi vedere dalle telecamere.Ecco! Ha preso il Toro senza spendere una lira!Chiamalo fesso, doveva rovinarsi. Tanto non erano soldi nostri.Come con De Biasi, ogni scelta verrà rigirata secondo il proprio fine mentale.Ed il canovaccio ricorderà molto da vicino quello tenuto per l’ex allenatore.Vedrete, quando noi tifosi ci mettiamo in testa una cosa, raramente lasciamo perdere, diventa quasi una battaglia con noi stessi.

 

E poi per cosa tutto questo?Per trovarci di nuovo da soli tra le rovine?Per fare di nuovo delle marce?Per sperare in un emiro o in un mafioso russo? Davvero?Un bell’appello a Ferrero? Eh, che cosa ne dite, lo facciamo? Raccogliamo le firme?O perché non lamentarci di Lavazza che non compra il Toro?Per cosa tutto questo?Per ritrovare l’unità una volta disperati?Quando siamo distrutti e non abbiamo nulla da perdere, allora sì che ci prodighiamo, tutti uniti a buttare le fondamenta, quando la casa comincia ad alzarsi, ecco che perdiamo l’unità, dal basso le nostre sabbie mobili inconsce cominciano a tirare e ci troviamo tra le macerie.Non a caso l’annata miracolosa, dove la parola “Sfortuna” era stata bandita e quell’aria stantia di cantina ammuffita era scomparsa, è stata la prima dell’era Cairo.Quella della fantastica e incredibile promozione.Lì remavamo tutti dalla stessa parte

 

Tafazzi contro Papaboys, De Biasi contro Novellino, i rossi contro i neri, i verdi contro i blu, io ho le lentiggini, tu hai i capelli bianchi, pirla io, fesso tu. E così via.Categorie valide solo per giocare, se fosse un gioco. Ma ci dividono stupidamente se poi ci caliamo nella parte e la prendiamo sul serio.Tizio odia Caio, Caio non sopporta Sempronio, e vai che è una bellezza.Dio mio quanto odio quello! Mamma mia quanto è viscido quell’altro... e così via.Tutti che pur di veder realizzati i propri convincimenti, sono disposti a perdere di vista e anche a vedere sconfitto l’ideale che dovrebbe accomunarci.E questo sarebbe essere del Toro?Ma quale ambiente può sopportare un’eterna discordia e un tiro al piccione continuativo?Qui ragazzi il veleno si respira, altro che balle.

 

Non ci rendiamo conto di quanto ci marcino i media.Non vediamo che non aspettano altro che essere rivitalizzanti dalle nostre mille divisioni?E questo come mai? Per onestà di cronaca?Eppure la situazione dovrebbe essere ben chiara a tutti, con un presidente che non fa parte del “salottino” di Torino.E invece no, preferiamo negarla, preferiamo autoilluderci che in fondo questa sia solo una favoletta inventata da tifosi dietrologi.Non va più di moda dire che i poteri forti di Torino ci hanno spesso ostacolato?Non va di moda dirlo?Guardiamo ci negli occhi… non va di moda dirlo per cosa?Per PAURA?Bisogna dirlo sottovoce?Pensarlo sottovoce?Non fa fine? Non è una frase elegante?Ebbene, lo dirò finché vivrò, perché ho vissuto quegli anni.No? Non è successo? Ho sognato?Dietrologia?Cosa crediamo che ci sia dietro l’angolo qui?Un messia che ci guidi alla terra promessa?Certo, Il fratello o il cugino di Cimminelli forse.Crediamo davvero che questa città possa mai partorire qualcosa di diverso?

 

Temo che la verità, triste finché si vuole, ma non più nascondibile, sia che forse non siamo più così speciali.La globalizzazione del tifo ha colpito anche noi e quasi non ce ne siamo resi conto.La controcampizzazione ossessiva del giornalismo sportivo, teso sempre a cercare la parola “colpa”, l’individualizzazione del pensiero (spesso anonimo) portata da internet, che pure è strumento di unione formidabile, le mille traversie degli ultimi anni, ci hanno sfinito, devastato e ora siamo come quei depressi cronici che si lamentano, si lamentano ma se ne guardano bene dall’uscire dal proprio stato perché è diventato casa loro.E se per caso ne escono per un istante, sono così spaventati che non vedono l’ora di tornare nelle situazioni che conoscono bene.

 

Lo so che sono parole scomode, che fanno male.Quanto sarebbe stato più comodo scrivere un bel racconto oggi.Ma qualcuno deve assumersi la responsabilità di dirle, invece di controautoesaltarsi per l’avvento del nuovo allenatore.Dove siamo finiti, fratelli?La mia è una supplica!Dove vogliamo andare?Perché vogliamo farci sfuggire di mano il tutto ancora una volta?Possibile che il Toro, che ha la sua forza quando è un coro solo, sia una miriade di voci stonate, una Babele dissonante dove tutti ce l’anno con tutti?Possibile che ci si ritrovi uniti solo tra le macerie?Possibile che ci si debba ritornare per forza?Possibile che ci debba sempre essere questa catarsi del cavolo, per non dire altro, questo tributo wagneriano (detesto le citazioni, perdonatemi), che ci attira inesorabilmente?

 

Allora, cosa vogliamo fare?Vogliamo continuare a tirare verso il basso?E tiriamo allora! Chi ce lo impedisce? Vorrà dire che, pur di vedere soddisfatte le nostre ragioni personali, faremo di tutto per andare a duecento all’ora contro un muro.Per poi dire tra i rottami “Ecco, avete visto? Io l’avevo detto!”.Bella forza, quella dei meschini, che si tagliano il naso per far dispetto alla faccia.

 

Oppure possiamo lottare per la salvezza.Sì, proprio lottare per la salvezza.Solo per quello. Un altro anno ancora.Anche se “Ni siamo il Toro”.Non c’è alternativa, anche quest’anno sarà così.Forza ragazzi, con umiltà, l’unica strada che abbiamo.E badiamo bene che essere umili non significa necessariamente essere perdenti, rassegnati, sfigati o cretini.

 

Il prossimo venerdì sarà un giorno importante per la rubrica Istantanee.Vi invito sin d’ora, sempre che ne abbiate ancora voglia dopo quanto ho scritto oggi, qui su Toronews, venerdì 19 dicembre alle ore 7:00, per una puntata speciale. Mauro Saglietti