mondo granata

Caro amico ora ti spiego chi siamo

Caro amico ora ti spiego chi siamo - immagine 1
di Walter Panero
Redazione Toro News

Caro amico che vivi in una città lontana da Torino e dall'Italia, nella tua ultima lettera mi hai confessato di simpatizzare per quella squadra a strisce incolori che io non riesco neppure nominare. Lo hai scritto con una certa fierezza, dicendo che identificarti con quella squadra è un modo per sentirti orgoglioso della città in cui sono nati i tuoi genitori, ma nella quale non sei mai stato. Tutti intorno a te tifano per le squadre più diverse, ma, mi hai scritto, quando tu parli loro dell'Italia e, appunto, della tua squadra, si tolgono il cappello pensando ai grandi campioni che vi hanno giocato e che tuttora vi militano. Mi hai anche scritto che quando parli loro di Torino, tutti automaticamente ti sorridono citando le due sole cose che conoscono e che per loro contano della nostra città: la Grande Fabbrica di Automobili e la tua squadra a strisce. Tutto questo ti rende fiero delle tue origini torinesi. Così come ti ha reso orgoglioso di quello che sei uno spot che hai visto non so più se in televisione o su internet: un filmato in cui si vedevano immagini bellissime della nostra città, avvolta dalla sua corona di monti; immagini dei suoi meravigliosi monumenti, dei suoi sontuosi palazzi, delle sue regali piazze. Guarda caso, quel filmato si concludeva con un gol segnato dal capitano della tua squadra del cuore: sì proprio quello che, quando è arrivato da voi, pesava 60 chili bagnato e adesso ne peserà almeno 75; quell'assiduo frequentatore dei tribunali italiani che prima di testimoniare per questioni di droga e di corruzione viene sottoposto ad una sistematica formattazione della memoria; quello che ha fatto perdere un Europeo all'Italia.

Non è mia intenzione farti una predica scrivendo che in realtà la storia della tua squadra, quella di cui vai fiero, è costellata da tante di quelle schifezze da gettare un'ombra gigantesca sulle poche vittorie ottenute onestamente. Non voglio rovinare il tuo giocattolo: se tifare per quella squadra ti fa star bene e ti dà un senso di sicurezza quando parli con gli altri, fai pure. Non voglio, per così dire, distruggere quello che per te è un sogno, in fondo non molto diverso da quello dei bimbi piccoli che ancora credono in Babbo Natale il quale fa sì regali, ma di solito non agli arbitri.Mi preme solamente comunicarti che, quando scrivi, e lo hai fatto, che Torino è la città della tua squadra, commetti un errore macroscopico. Lo stesso errore commesso dallo spot di cui mi hai parlato : sai, l'ho cercato su internet, l'ho visto e rivisto ed ho trovato la sua parte finale semplicemente disgustosa. Magari verrà un giorno in cui le cose saranno davvero così, visto che le stanno provando tutte per farci sparire. Ma per ora no. Per ora c'è chi non si piega. Per ora ci sono ancora delle persone, e non sono poche, che la pensano in maniera diversa. Che quando sentono pronunciare da qualcuno la classica equazione Torino=Fabbrica di Auto=squadra a strisce provano immediatamente un moto di repulsione e di sdegno. Perché questa equazione è figlia di una semplificazione clamorosamente errata. Invece molti in città, e non solo, cercano di far passare noi come un errore, come una sorta di anomalia. E ogni giorno si sforzano di correggerlo. Sono scaltri e lo fanno in maniera sottile, cercando di non darlo a vedere: una piccola goccia dopo l'altra, una piccola correzione dopo l'altra. Sperano, così facendo, di ottenere ciò che vogliono: eliminare quello che per loro è appunto un  errore, un anacronismo senza senso. Beh, caro amico, voglio dirti che se noi siamo un errore, io sono a pieno titolo parte di esso. Sono cose che si imparano da piccoli, o che probabilmente costituiscono il nostro patrimonio genetico. C'è chi nasce con gli occhi celesti e chi li ha scuri. Ci sono le bionde e le more. Ci sono coloro che amano il calcio e che lo odiano. Infine ci sono quelli che, nel dubbio, si schierano sempre e comunque dalla parte del più debole.Quelli che, da piccoli, tifavano per gli Indiani contro i Cow Boys ben sapendo che gli Indiani, pochi e male armati, avrebbero vinto forse qualche battaglia ma mai la guerra. Quelli che tifavano per i Troiani contro gli Achei, pur nella consapevolezza che questi ultimi avrebbero vinto con l'inganno, lasciando agli altri la soddisfazione per aver combattuto con onore la loro battaglia. Così ci sono quelli come noi. Quelli che preferiscono combattere con dignità la loro battaglia quotidiana, e magari perderla, piuttosto che vincerla con l'inganno. Quelli che preferiscono i lottatori sconfitti, ai vincitori furbetti. Quelli che quando vincono, e ogni tanto vincono anche loro, lo fanno sempre in maniera un po' eroica, al termine di sofferenze immani ed indicibili. In maniera inattesa, quando tutto sembrava irrimediabilmente perduto. Quando vincono, più che festeggiare si commuovono, perché non sono abituati alla gioia. E anche perché ne hanno viste troppe in passato e sanno che, quasi sempre nella vita, dopo il trionfo arriva inesorabile la sconfitta. La caduta. Il ritorno agli inferi.

Scusa se ti ho annoiato con questi discorsi che sicuramente troverai noiosi e un po' retorici. Ma volevo che tu sapessi che questo sono io. Questi siamo noi. Volevo che tu fossi a conoscenza di queste cose. Che le portassi sempre con te. Che sapessi che la città in cui sono nati i tuoi genitori non è affatto, o non è solo, a strisce come la vorrebbero dipingere.Volevo anche che tu sapessi che io sono fiero di essere quello che sono. E che quando vado in giro per il mondo sono orgoglioso di indossare la mia felpa o la mia sciarpa del colore del sangue e del vino. Anche se magari non “fa figo”. Anche se nessuno, o pochi, la riconoscono. Anche se molti mi guardano stupiti. Anche se oggettivamente, e da troppi anni, i risultati della nostra squadra non sono un gran che. Anche se, purtroppo, siamo sempre di meno. Anche se qualcuno lavora ogni giorno, ogni minuto, per dividerci e per farci sparire. Che si rassegnino! Sono sforzi inutili! Noi siamo ovunque! Ho visto gente che continua fieramente ad indossare i nostri colori in tutta Italia ed in ogni parte dell'Europa e del mondo, dal Capo di Buona Speranza all'Islanda. Forse sono riusciti a dividerci e a renderci più piccoli e deboli, ma non riusciranno mai a farci sparire. La nostra storia, i nostri colori e l'orgoglio di essere ciò che siamo non moriranno mai! Ti giunga il mio saluto fieramente granata.