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Ce la faremo mai?

Ce la faremo mai? - immagine 1
di Mauro Saglietti
Redazione Toro News

Un'andatura lenta, la testa che farfuglia confusa pensieri stanchi, il finestrino dell’auto abbassato.Da fuori arrivano i fantastici profumi di inizio estate. Durano pochi giorni, ma sono splendidi. Giusto il tempo che la gente si lamenti di dieci giorni di caldo, dopo undici mesi di freddo e umidità.Poco lontano lo spiazzo prima di una curva, dove la vegetazione si dirada.Una vista sulle montagne immerse nel cielo che non ne vuole sapere di imbrunire, le prime note di una canzone che non ti aspetti, che saltano fuori inaspettate dall’autoradio.Talvolta è istintivo fermarsi a riflettere e scendere dalla giostra.Allora accosti la macchina sul ciglio della strada.

 

So, so you think you can tell…Heaven from hell, blue skies from pain…

 

Spegni il motore, resti per qualche istante nel silenzio e poi senti il rombo delle altre macchine che sfrecciano un po’ più in là, neanche provenissero improvvisamente da un altro universo.Fuori transitano persone che si affannano incazzate e che si chiedono con diffidenza cosa fai lì, in macchina da solo.Quasi ti piace in quei momenti scendere dalle barricate, sulle quali abiti ormai da tanto tempo e lasciare che sia qualcun altro, per qualche minuto, ad occuparsi della battaglia.Attimi di riflessione dolceamara nei quali avresti quasi voglia di gettare la maschera e correre verso casa, vinto dalla stanchezza.Un posto fatto di sicurezze, dove la maggior parte delle cose abbia un senso, dove tu non debba più battagliare e stare all’erta.Però non sai dove andare.Così resti lì nell’abitacolo a guardare i monti, e le macchine sfrecciano veloci sotto la musica.Poi improvvisamente ti accorgi di non essere da solo.Qualcuno che prima non c’era è seduto di fianco a te.

 

Perché sei venuta a trovarmi? – chiedi a chi hai accanto.Perché sei venuta a trovarmi?

 

Scorrono immagini, ricordi e sensazioni e ti rendi conto che la canzone è talmente bella che sta sfumando in un attimo.Le immagini urlano oltre le note dell’abitacolo.Da quando gli anni si sono messi a correre, ti trovi a riflettere sempre più spesso.Camminavi in questo posto, lungo questa stessa curva, quindici, forse venti anni fa, mano nella mano non solo alla tua passione, e anche allora avevi in mente il Toro, la tua sicurezza, e la partita della domenica.Forse solo i marciapiedi erano diversi, la strada è stata riasfaltata e non c’erano i dossi artificiali.Una moda, sono dappertutto.Nessuno avrebbe potuto convincerti che le cose sarebbero cambiate e le tue certezze mandate all’aria.I ricordi si mischiano con volti e con rumori della memoria.Appoggi il capo allo schienale e mormori senza accorgertene:- Ce la faremo?La persona accanto a te sorride dolcemente.Chi sei, in fondo, dolce visione, e perché continui a tormentarmi?

 

Ce la faremo mai ad arrivare a un porto sicuro?A vedere realizzate le cose per le quali abbiamo lottato, sofferto e ci siamo arrabbiati tutti questi anni?Riusciremo mai a farcela, a tirare il fiato, a dire “Ce l’abbiamo fatta!”, tutti insieme.E’ ancora un traguardo possibile?O è troppo tardi? O sono cambiate troppe cose?Quante volte vorresti essere rassicurato, o estraniarti da questi problemi continui per lasciare che siano altri ad occuparsene.Le montagne, loro sì, sembrano darti una risposta silenziosa.Loro, sempre le stesse, che neppure troppo tempo fa erano lì con l’identico profilo a vedere i gol di Pulici.Il loro profilo, l’unica cosa che è rimasta la stessa.Sì, sì, continui a ripensare ai gol di Pulici per avere sicurezza, ma quanto è ironicamente diverso e rassicurante quel mondo con le immagini in bianco e nero da questa Metropolis ossessiva e grigiastra che hai di fronte al parabrezza e della quale fai parte.

 

Giri il capo verso chi si è seduto di fianco a te.Non ti aspettavo le dici.Non ti aspettavo oggi.

 

Ce la faremo mai?Arriveremo da qualche parte?Sarà valsa a qualcosa tutta questa rabbia, gli anni di lotta, le serate a torcersi le budella…?Ti sembra di sentirti addosso lo sguardo muto di tanti amici.Delle persone che abbiamo perso lungo il cammino, lasciando un’opera incompiuta, una sofferenza non detta tra i loro ultimi respiri.Loro, no, non finiranno sulle cronache delle partite.E noi? Faremo come loro? Manterremo solo il ricordo di quello che è stato o riusciremo ad arrivare alla terra promessa del nostro tifo e della nostra vita?Gli anni scorrono veloci come i minuti della canzone.Soltanto ieri la stavi ascoltando per la prima volta, soltanto ieri avevi tutta la vita di fronte a te, con i tuoi amici di sempre. Di fronte a te.Dio mio, dove sono andati? Dove sono spariti tutti?Chissà cosa fanno ora?Se anche loro sono saliti sulle barricate per un po’.Per poi perdersi oltre il parabrezza.Nell’universo di Metropolis, che fino a poco tempo fa era soltanto un vecchio film, non una realtà.

 

How I wish… how I wish you were here

 

A cosa è servita la lotta di questi anni?Riusciremo ancora ad adattare la nostra felicità in questi tempi cambiati, in questa città sempre più spesso ostile ed estranea?Non ci hanno mai lasciato stare e mai lo faranno e se ci illudiamo del contrario è solo perché lo speriamo, non perché lo sia. O perché non si può dire.Del resto non va più di moda neanche pensarlo.Dovremmo essere uniti e operare tutti nella stessa direzione.E invece no! Tizio odia Caio, Caio ce l’ha con Tizio.Sempronio è incazzato perché non è stato acquistato Mister X, che fino a cinque giorni prima non sapeva neanche chi fosse.Gente che sbraita, che pretende a pugni chiusi, anche con prepotenza, che si insulta.Ma che cavoli, è ancora Toro tutto questo?E poi soprattutto i soliti giochi sporchi sotterranei, riconosci gli intrighi di sempre sotto mille scuse differenti, le solite trame negative, la solita cancrena.Tutto identico al passato.E rischiamo di perderci nuovamente.Sai bene che qualcuno non ne vede l’ora.Mi chiedo con frequenza se siamo davvero ancora all’altezza.Se siamo realmente ancora diversi e speciali.O se parte di noi stessi non sia andata ormai persa.

 

How I wish… how I wish you were hereWe’re just two lost souls swimming in a fish bowl, year after year…

 

A testa china nell’abitacolo ti chiedi se fosse già stato programmato che la somma delle tue esperienze passasse, forse poco gloriosamente, per quel ciglio della strada, prima di quella curva, da dove si intravedono le montagne…Sei un universo nel quale dentro di te la rabbia cola come sangue, ma all’esterno viene proiettato un brutto film, di gente che non ha neanche più i soldi per potersi permettere una vacanza, o peggio, che non dorme la notte perché non sa come pagare i debiti. Brava gente che non fa più progetti.E che continua a correre come se niente fosse, quasi ignara di quanto ci sia stato portato via.Ci hanno fregato lungo tutti questi lunghi anni, questa è la verità, e molti di noi sono ancora lì a fare clap clap con ossequio a chi ha contribuito a farlo.Forse non meritavamo di meglio.

 

E quando, dopo il vagare verso le sicurezze che è durato il tempo di una canzone, torni al punto di partenza, ti accorgi che non hai più un posto sicuro che non siano quei quattro minuti rubati al niente quotidiano.Ci hanno portato via la casa, la città.Ci hanno portato via il posto sicuro.Quando scendi dalle barricate ti accorgi che tutto è cambiato e che ti rimangono solo le barricate da difendere, che ormai quello è il tuo posto.

 

How I wish… how I wish you were hereWe’re just two lost souls, swimming in a fish bowl… year after yearRunning over the same old ground… what have we found?The same old fears…Wish you were here

 

La canzone sta terminando, il giro di giostra volge al termine.Devi correre, il tempo non aspetta neanche te.E il ritardo non è ammissibile in questo carosello dove corri per poterti indebitare.

 

Chi sei? Cosa sei? Chiedi alla figura sul sedile. Un amore? Un amico? Un ricordo?Chini di nuovo il capo. So benissimo chi sei.Lo so bene.Tremo sempre quando ti incontro, come fosse la prima volta.Sei sempre dolce, ma fai tanto male, Malinconia.Non ti aspettavo oggi, qui, poco prima di questa curva.Quando guardi nuovamente sul sedile accanto, ti accorgi che non c’è più nessuno.

 

Ti chiedi a quanti ogni tanto capiti questo incontro struggente con la nostalgia.Sei solo? Qualcun altro sta facendo lo stesso in qualche altra curva, in uno dei rari spazi di vita che Metropolis non ha ancora conquistato?Ci rifletti, poi alzi lo sguardo.E’ stato un attimo, nulla più.Solo un attimo, i quattro minuti di una canzone.Sospiri e giri la chiave.Il motore romba stanco.La canzone finisce con il rumore del vento.Ed è con quel vento che sfuma, che riparti e voli via.Verso casa, sulle barricate. Mauro Saglietti

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