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mondo granata
Calma.Nessuno si allarmi.Nessuna mail di protesta alla Redazione.Trattasi di citazione, anche se non ha il virgolettato.All’epoca non compresi.Ora purtroppo sì.E’ tutto un gioco di percezione.Non solo essere in grado di vedere quanto hai sotto gli occhi, ma anche di comprenderlo.Perché questa è una storia di cose non comprese, o meglio, afferrate troppo tardi.
Spesso le nostre storie cominciano con un flash-forward, un attimo o una situazione di quello che verrà, rispetto alla narrazione.Questa volta invece la frase in oggetto venne pronunciata pochi giorni prima dell’inizio di quello strano campionato.Per sapere, qualora non lo ricordaste, chi fu a pronunciarla, occorre pazientare ancora un po’ ed andare indietro fino al gennaio 1994, data di inizio della nostra storia.
Il piatto della bilanciaLo sappiamo.La storia del Toro non è fatta soltanto di risultati sportivi, bensì di storie di uomini, di malaffare e corruzione.Se siamo qui, se siamo in queste condizioni ancora oggi, la ragione principale, alla quale se ne sono poi accumulate molte altre, va ricercata in quei giorni.Esiste una strana e fastidiosa opera di revisionismo , attorno alla nostra storia, spesso fuorviante, più spesso ipocrita, che smussa gli angoli sotto il punto di vista di un buonismo qualunquista.Così “Borsano ci ha fatto godere”, “Cimminelli un fondo ha tirato fuori tanti soldi” e così via, fino addirittura alla revisione morale e moralistica di alcuni vecchi striscioni.La gestione Borsano, vorrei scolpirlo nel granito, fu una sciagura, ed è umiliante doverlo ripetere ancora e combattere contro questo maledetto revisionismo.Il piatto della bilancia sul quale sono poste la finale di Amsterdam e la Coppa Italia del 1993, è scagliato verso l’alto con inaudita violenza dai macigni posti sull’altro piatto.Perché il destino del Toro si è deciso lì, in quei giorni, non mi vengano a raccontare balle.La storia del Toro è stata politica è d è stata la storia di un affossamento, checché se ne dica in giro, non mene frega niente se non è politically correct (meglio un ragionamento “adagiato” sulle verità che non fanno male a nessuno, vero?) o se non lo troverete mai scritto da altre parti.Il discorso meriterebbe una istantanea a parte, e probabilmente presto lo avrà.Dettagliata e documentata.
Nel gennaio 1994 il Toro è sull’orlo del baratro e del fallimento.Sai che novità, ma allora non c’eravamo abituati.Le voragini lasciate da Borsano non reggono sotto la presidenza Goveani.Il tutto si concluderà con il fermo di quest’ultimo, con l’accusa di bancarotta fraudolenta ed abuso d’ufficio.La nave è completamente allo sbando, Moggi se ne è andato da tempo ma, dopo una brevissima sosta in riva al Tevere, sta per tornare a specchiarsi nelle acque del Po, dove lavorerà sotto traccia, anche perché la grana delle interpreti–hostess non è ancora finita.Resta il solo Mondonico a governare la nave, resta la solida struttura che ha permesso per decenni a questa Società di essere un punto di riferimento, grazie alle tante persone che vi hanno lavorato senza tanti clamori.Mondonico nel ’93-’94 fa veramente i miracoli (sosterrà di farli dal 1990, ma non sono mai stato d’accordo con questa sua affermazione). Il Toro, o quello che ne resta, gestisce al meglio l’emergenza in campionato, si fa largo in Coppa delle Coppe e sembra avere la strada spianata verso la finale della Coppa Italia.Non sarà così. In un inspiegabile finale, che lascia con la bocca storta ancora oggi, e non fatemi scrivere altro, proprio quando i problemi societari si delineano nella loro crudezza, la squadra si spegne.Fuori dalla Uefa, fuori dalla Coppa delle Coppe in una strano quarto di finale contro l’Arsenal, dove non si tira mai in porta, fuori dalla Coppa Italia ad opera dell’Ancona, in un altrettanto strana semifinale nella quale non si tira mai in porta.Nel gennaio 1994 da tempo si parla dell’interessamento di Gian Marco Calleri, abile nel risanare le società disastrate, come ha fatto con la Lazio fino al 1992.Ma non è quella la notizia che fa infiammare i tifosi granata, che hanno soltanto le pagine di giornale sulle quali sognare.All’orizzonte infatti, si profila l’interessamento del miliardario Giribaldi.
Sotto i nostri occhi ciechiLuigi Giribaldi è un miliardario di origine cuneese che risiede a Montecarlo, che opera nell’alta finanza.Si dice sia sinceramente appassionato di Toro, ed è tutt’altro che sprovveduto.Si è domandato a lungo se comprare il Toro oppure no, poi si è deciso. E con se ha la consulenza di, pensate un po’, Sergio Rossi, che l’ambiente conosce fin troppo bene.Un colpo di mannaia alla sorte, un pugno diretto che sa di piemontesità.Giribaldi è uomo spiccio, non vuole perdere tempo.Fa sognare i tifosi con la frase - Insomma, si fa quello che si deve fare, si stacca un bell’assegno (riferendosi ai debiti del Toro n.d.a.) e poi ci si mette al lavoro.
Nello stesso periodo, in casa juventina si combatte una battaglia interna.L’ingresso di Bettega e Giraudo, scalzerebbe per forza di cose Boniperti, già estromesso nel 1990 per far spazio a Luca di Montezemolo, poi riportato al suo posto.La nuova dirigenza, che si dice avere l’appoggio di Umberto Agnelli, ha idee chiare e molta fretta.Progetti a breve e medio termine.E poi c’è la grana dello stadio, che già è stato costruito da estranei, e che ora richiede un affitto oneroso, mentre potrebbe rivelarsi, con l’area annessa, un afflusso di introiti futuri.Sì, è vero, c’è anche il Toro che gioca in quello stadio.
Avete visto due articoli di giornale, qui sopra.Ebbene.. La cosa curiosa è che sono tratti dalla stessa pagina!Era tutta lì, la chiave per cercare di interpretare quello che stava capitando.Manlio Collino, lo ripeterò fino alla nausea, è l’unico che in quegli anni, si prende la briga di spiegare nel dettaglio, su Fegato granata, quello che sta accadendo.Ma se è misera la sorte di chi non vuol vedere, ancora più meschina è quella di colui che, nel giusto, rimane inascoltato.Amen.
Che sia la volta buona? I tifosi invitano Goveani (con cortesia) ad andarsene e attendono.Ma la trattativa, se c’è, ristagna.Dapprima si ipotizza che Giribaldi possa operare insieme allo stesso Calleri.Poi improvvisamente Giribaldi rinuncia, affida il tutto ad un comunicato stampa che viene divulgato il giorno stesso di Toro-Arsenal, ed il suo nome non verrà più accostato al Toro.Finita.
Come mai Giribaldi rinuncia?Cosa è stato a fargli cambiare idea?Un Toro forte (perché con lui lo sarebbe stato davvero) avrebbe dato così fastidio?E’ piena la storia di ritornelli che si ripetono, come quello di Tanzi fermato su un taxi mentre si recava a firmare per l’acquisto del Toro, o di altra gente dissuasa a farlo.Come andarono le cose realmente?
La Rivoluzione.Rimane solo Calleri in corsa in quel 1994.Lo “Sceriffo” di Busalla salva il Toro dal fallimento con dieci miliardi, poi però ha mano libera.Conosciamo la storia.Taglie e chiude, chiude e taglia.Il Fila per prima cosa.Poi i collaboratori storici, una vita di conoscenza ed esperienze.Puff, via, non servi più.Affida quella che sarà la squadra ad un allenatore fatto in casa, Serino Rampanti.Poi vende tutta la squadra che era sopravvissuta al disfacimento di Borsano, tenendo soltanto Silenzi e Falcone.Lo scambio Vieri-Petrachi rimarrà il simbolo di quella incredibile estate, nella quale arrivano sotto la Mole Abedì Pelè, Rizzitelli, Angloma, Marcao, Ivano Bonetti, Torrisi, Caricola, Cristallini e tanti altri,mentre in porta si punta sul giovane Pastine.E’ a quel punto, pochi giorni prima dell’inizio del campionato, che una persona molto nota rilascia la famosa dichiarazione.- C’è molta juve in questo Toro…Cosa avrà voluto dire?Si riferisce ad uno spirito combattivo, a qualche qualità manageriale oppure… ad altro?E chi è?
Ultimi, anzi no.Il 1994-1995 è’ il campionato dei tre punti a partita.Le cose cambieranno drasticamente, si dice.Si giocherà per la vittoria e non più per il pareggio.Per noi si mette subito male.In una atmosfera strana, il 4 settembre si gioca Torino-Inter.Una sensazione che può essere lontanamente paragonata a quanto avvenne con Torino-Albinoleffe di 11 anni più tardi, quando ci trovammo di fronte ad una squadra completamente nuova.Se però nel primo giorno agonistico dell’era Cairo l’atmosfera sarebbe stata quasi incoscientemente sfrontata ed esaltante, nel 1994 la sensazione è ovattata, una curiosità triste e malinconica.Una parte di noi cerca flebili autorassicurazioni nel fatto che quella sia soltanto una tappa verso la rinascita.Ma si è (già allora) stanchi, la delusione vibrante per la rinuncia di Giribaldi e per aver, a due anni da Amsterdam, sfiorato per un attimo qualcosa che si era allontanato prima del ricordo stesso.L’Inter, accompagnata da una buona squadriglia di tifosi, vince 2-0 con reti di Sosa e Bergkamp nel finale, continuando una serie ininterrotta di vittorie sul nostro campo che prosegue ancora oggi.Così riusciamo a regalare gloria, siamo sempre stati fenomeni in questo, a chi, come Pellegrini, ha l’acqua alla gola per gli scarsi risultati degli ultimi anni di gestione.
Il 7 settembre invece, si comincia in Coppa Italia, gara di andata, e si inizia male, nonostante il risultato finale.La gara è Monza-Torino, trasmessa in diretta dalla RAI.Il Toro gioca una partita scialba e l’audio riporta gli inesorabili cori di vaffa reciproci tra le due tifoserie. In particolare quella locale sembra particolarmente agguerrita.Il ricordo va a quanto successo il 3 giugno di 4 anni prima, quando l’invasione di campo granata, al termine della gara, aveva lasciato ben pochi striscioni ai padroni di casa, che per l’intero incontro avevano sventolato bandiere bianconere (del resto avete mai conosciuto una persona per cui il Monza fosse la prima squadra? Non fatemi ridere).Il Toro vince per 1-0 con rete del “Toro di Sora”, Pasquale Luiso, che farà bene da altre parti, ma non convince contro una squadra della cadetteria.Caso vuole, ma col senno di poi neanche troppo, che in tribuna assista alla gara Nedo Sonetti, intervistato durante il secondo tempo.- Il Torino probabilmente ha preso sotto gamba la gara… - dice Nedo, scatenando poi le ire di Rampanti, che vedrà in questa dichiarazione una sorta di pugnalata alle spalle.Più probabile è che i contatti tra Calleri, forse mai convinto in partenza della scelta Rampanti, e Sonetti, fossero già avviati.
L’11settembre la Lazio ci massacra all’Olimpico, 3-0 nel giro di soli 45 minuti.La difesa collassa in maniera imbarazzante e Angloma, che bolliamo immediatamente come ciofeca, gioca una partita disastrosa.Rampanti in settimana spiegherà di aver provato a giocare con un modulo voluto dai giocatori, per far capire loro quanto questo non fosse praticabile.Calleri non ci pensa su due volte e fa capire che il destino di Rampanti è segnato.Non subito però, passeranno un po’ di giorni prima dell’esonero di Serino, forse per mettere a punto dettagli economici, forse per… vai a sapere cosa.Cosa grottesca, nel frattempo Rampanti vincerà due partite.Per intanto, però, siamo ultimi.Vecchi scenari si intersecano ai nuovi.Facciamo finta di non vedere, con quello che sta per capitare.
Il 13 settembre 1994 i Pink Floyd suonano al Delle Alpi, per il loro tour che fa seguito alla pubblicazione di “The division bell”, avvenuta qualche mese prima.L’evento è come al solito attesissimo, nessuno metta i bastoni tra le ruote.Dopo Torino 1988 e Monza 1989, decido di godermi un concerto senza l’ansia del correre sotto le prime file.Quella mattina apro la finestra e naturalmente piove. Tutto fila secondo logica anche se la giornata diventerà splendida.All’apertura dei cancelli (settore distinti) una massa di ragazzini, che non conosce il Delle Alpi, corre dritta e si infila al primo anello. Tornerà indietro, ma troppo tardi.L’occasione si fa ghiotta. Una corsa nel varco lasciato libero, e via a vedere i Floyd a distanza ravvicinata, come mai è capitato.Comfortably numb si estende per sette minuti, orgasmo musicale che coincide con la distorsione finale della Telecaster di Gilmour, mentre tutte le luci dell’impianto vengono puntate sull’enorme sfera stroboscopica piazzata di fronte al mixer, che dipinge i 70000 del Delle Alpi di lumini bianchi.L’unica nota di disappunto è il fatto che suonino sotto la curva Scirea, e noi si sia costretti ad avere sullo sfondo per contrasto quella struttura, solitamente ricettacolo di scarsa cultura.Siamo ultimi, ma sì, chi se ne frega.
Il 15 settembre muore Moana Pozzi, che diventerà una sorta di icona e figura di culto negli anni a venire, la sua morte a Lione avvenuta in un’atmosfera misteriosa, che farà fiorire leggende.Il 18 settembre i tifosi del Padova, le dedicano un CIAO MOANA nel settore ospiti.Uno striscione furbo, magari fatto dai papà degli ululatori di oggi.Quel giorno comunque la luce non salta, anche perché è ancora settembre ed il Toro di Calleri ottiene la sua prima vittoria grazie a una doppietta di Scienza.
Rampanti però ha giorni contati.Durerà fino al ritorno giocato contro il Monza , prima del quale Calleri dichiara di non avere ancora le idee chiare, balla colossale.Il Toro va in vantaggio con Rizzitelli, ma si impanica e va sotto 1-2.Per 10 minuti è fuori dalla Coppa (ricordo che l’avevamo vinta soltanto 15 mesi prima), e la cosa ci fa rabbrividire (non avevamo ancora la mentalità mezzo remissiva di oggi, per la quale una eliminazione è quasi cosa scontata).Ci pensano nell’ordine Angloma (che proprio ciofeca non è, anzi) Pessotto e Tosto 86' a riportarci sulla strada della tranquillità.A fine gara Rampanti rilascia le sue ultime serene dichiarazioni da allenatore del Toro - Non sono uno che sputa nel piatto dove mangia, non ho intenzione di fare polemiche qualsiasi cosa capiti. Ringrazio Calleri per avermi dato l’opportunità di allenare in serie A… -L’esonero segue di poco queste parole.Uomo della provvidenza è Nedo Sonetti.E’ il 21 settembre di un periodo strano.Non ci sono più grandi canzoni a legarne i ricordi e questo viaggia a filo doppio col disfacimento che stavamo vivendo.Il solo Yossou ‘N’Dour si fa ricordare per la sua 7 seconds, duettata con Neneh Cherry, in una classifica dove (orrore!) compare addirittura Naomi Campbell.
Il SacripanteCosì il 25 settembre il Toro va a giocare a Foggia, ma non ci va con Sonetti, ci va con Lido Vieri.La squadra sorprendentemente vince, imponendosi per 2-0 nella ripresa.A segnare i due gol in contropiede, di ottima fattura, è Ruggiero Rizzitelli, che si rivelerà l’acquisto più azzeccato con Pelè.Nelle interviste del post partita il cantante folk Tony Santagata, definisce bonariamente il bomber “sacripante”, a causa del tradimento delle sue origini pugliesi.A fare notizia è comunque o striscione esposto dai tifosi granata convenuti allo “Zaccheria”.NEDO, UN CONSIGLIO, NON VINCERE MAI, polemico riferimento all’esonero di Rampanti dopo le vittorie con Padova e Monza, e soprattutto prima punta di acredine verso una dirigenza che non riuscirà a farsi amare mai, neanche per un attimo e neanche col candeggio.
Noi tutti accettiamo Sonetti con una punta di scetticismo.Ha sempre allenato squadre di caratura medio bassa e noi in quegli anni, che diamine, siamo il Toro e non siamo certo pronti per considerarci meno di quanto siamo sempre stati.La squadra è comunque messa bene in campo e a Parma, la domenica successiva disputa un gran primo tempo, sfiorando il gol con un diagonale di Angloma, mettendo in difficoltà quella che fino a pochi anni prima era la cenerentola del calcio italiano.Come erano cambiate in fretta le cose in quegli anni.E come si erano invertite.
Ricordo una gran giornata di tifo a Parma, quel pomeriggio.Perdiamo 2-0 perché venne fuori la miglior caratura dei locali.Zola segna, l’1-0, poi incespica in area per il 2-0 finale di Branca su rigore sul quale lo stesso Zola ammetterà di aver fatto scena.Dopo.A sette minuti dalla fine dell’incontro, il Parma sostituisce Luca Bucci con Giovanni Galli.Destino strano.Bucci avrebbe militato a lungo con noi, Galli lo aveva fatto l’anno precedente.L’obbiettivo del portiere toscano è quello di raggiungere le 500 presenze in serie A. Nevio Scala lo fa entrare non appena il risultato è al sicuro.Non ce la farà, e sarà un peccato.Quel giorno il settore ospiti del Toro gli tributa un grande e forse per lui inaspettato applauso.Cosa che non avviene per Dino Baggio.A fine gara il Parma ha l’abitudine di restare sul campo per vari esercizi defatiganti.La Maratona itinerante non perdona i due anni trascorsi dal giocatore nelle file gobbe e potete immaginare che cosa succede ad ogni suo passaggio sotto il settore ospiti.Dio mi perdoni, c’ero anch’io.
La banda Sonetti, diventa agguerrita e, benché un po’ scalcagnata, acquista personalità.Non prima di essersi fatta eliminare sul serio dalla Coppa Italia.Si torna a giocare a Foggia il 16/10, dove avevamo vinto qualche giorno prima e questa volta ne prendiamo tre. Nel ritorno, giocato due settimane più tardi, riusciamo a portarci sul 2-0 con Caricola (in una delle sue ultime apparizioni prima del ritorno a Genova) e Silenzi, poi il Foggia fa 2-1 e buonanotte.Per l’occasione schieriamo il secondo portiere, quel Simoni che col Pisa ci ha sempre fatto vedere i sorci verdi.
Nel frattempo abbiamo fermato la Roma sul nostro campo dopo un esaltante 2-2.Vanno in vantaggio i giallorossi con Balbo , pareggia Rizzitelli, che si sta rivelando solido e puntuale, poi Fonseca su rigore (Toh! Un rigore alla Roma! Oh stupore!) fa 1-2, infine è il roccioso Cristallini a chiudere le danze.La domenica seguente si gioca di nuovo in casa.Due partite di fila in casa…Mica possibile vincerle tutte e due.Anche in quegli anni.
ABC Pelé.Dunque il 23/10 si gioca Torino-Brescia.Ricordo quella partita, per un segnale strano, forse inquietante.La prima volta nella quale mi accorgo di una cosa.La Maratona non era più piena.Lo sapete, ho sempre detestato profondamente il Delle Alpi, oggi poi lo detesto ancora di più.Quel giorno ci sono spazi vuoti nel terzo anello e, per quanto mi illuda che vengano occupati da ritardatari, mi inganno.Oggi non ci facciamo più caso, con i cambi di regolamento e con il minor numero di biglietti ci sono ampi spazi ovunque.La Maratona non piena, per i nostri tempi, era una bestemmia.Il tempo si ferma, il momento si ammanta di malinconia.In balconata facce nuove, diverse, forse distanti.Qualcosa era cambiato già allora, forse un cambio generazionale.Forse molte persone avevano lasciato già allora, bruciate da Borsano, bruciate dalla troppa passione, o forse presagivano tristemente quello che sarebbe successo.Eravamo già tristi 18 anni fa… oggi cosa siamo?
Il Toro vince quella gara per 2-0, con una doppietta del funambolico Pelé.Quanti anni ha il ghanese? Non è dato saperlo, benché le voci ufficiali parlino di 30 anni, come minimo deve averne 3 di più, sempre che non ne abbia 250.La qual cosa mi ricorda la storia di Roger Milla, che praticamente a 90 anni, continuava a segnare.Pelé è forte, fortissimo, uno dei giocatori più in gamba che mi ricordo di aver visto.Corre come un pazzo, sembra sempre accartocciarsi su se stesso, ma è capace di giocate eccezionaliGran parte di quello che il Toro farà quell’anno è merito suo.Dopo la gara col Brescia viaggiamo in acque sicure, arriva però la terza sconfitta stagionale (0-1 a Cagliari), a farci riflettere.E poi?E poi c’è il derby.Anzi, non c’è.
Le pay tv hanno cominciato da un anno ad impestare le abitudini calcistiche italiane.Nessuno di noi immagina che in 20 anni detteranno legge totale, economica e di opinione (vedi il “mani” in juve-Siena). Potessero metterebbero le partite alle quattro di mattina.All’epoca dettano legge soltanto sui posticipi della domenica sera, che si giocano soltanto da un paio d’anni.La sera del 5 novembre 1994 mi trovo ad Alessandria, pensa un po’ che fortuna.Frequento una ragazza che abita a Tortona, ci siamo spostati ad Alessandria per andare al cinema.Quando usciamo c’è il diluvio universale, abbondo per difetto.Riusciamo a tornare a Tortona, mancando per un soffio la chiusura delle strade e l’ondata di piena del Tanaro.Resto bloccato nell’alessandrino per un giorno. Quando l’autostrada viene riaperta, lo spettacolo che si spalanca a lato delle ruote sembra post atomico. Quello che 48 ore prima era stato un viadotto, ora è niente più che una strada di poco sopraelevata sopra una melma che sembra non finire mai. Scene difficili da dimenticare.Che tragedia, descrivibile soltanto dal silenzio, quando anche le parole sono state usurate.
Il derby viene rinviato. Non ha senso giocarlo il giorno seguente.Le pay tv comunque decidono data e ora.Sarà il 25 gennaio.
Il tempo mancanteIn Italia si affaccia qualche bella canzone e Yossou ‘N Dour viene affiancato da Always di bon Jovi e da una cantilena ritmata targata Whigfield, che con la sua Saturday Night è stata il tormentone di tutto il litorale spagnolo durante l’estate trascorsa da pochi mesi.Il 18 novembre pareggiamo contro la Sampdoria a Marassi.Il redivivo Osio, entrato da 4 minuti replica al gol del futuro gobbo Jugovic, ma questa per il sottoscritto è una partita facente parte del tempo mancante.
Curioso come la memoria col Toro funzioni al contrario. Si conservano alla perfezione ricordi di 36 anni fa, ma ci si perde quando si tratta di ricordare le annate recenti o quasi. Questa, come altre, è una gara della quale non ci sono appigli se non gli annali, o i ritagli di giornale.Gare prive anche del supporto delle immagini, o del ricordo di vicende personali che le definiscano.Partite che entrano in questo limbo dimenticato, nell’attesa che qualcuno le illumini..
Rinviata anche la gara col Milan causa finale Coppa Intercontinentale a Tokio, andiamo ad affrontare un Napoli che avrebbe seguito nel corso degli anni la nostra stessa china calante.Andiamo in vantaggio nel primo tempo con Angloma, poi una punizione di Benito Carbone, da ampia distanza, permette al Napoli di pareggiare.Carbone, come promesso, non esulta e per questo viene criticato da qualche opinionista da fotoromanzo, che forse vede nel gesto di rispetto verso il Torino, un qualcosa di sprecato, da riservare soltanto alle grandi.Dopo la gara di Napoli arriva la vittoria casalinga contro il Bari, propiziata da Abedì Pelé e Silenzi,Quindi si affronta la relativamente tranquilla trasferta di Cremona.Relativamente.Quando il Toro ha a che fare con qualcosa di tranquillo, storicamente ne esce con le ossa rotte.
A Cremona il Toro incappa in due peculiarità.La prima è tipica dell’annata che stiamo raccontando, ovvero l’alternanza di risultati.La seconda invece è più generale, ed è trasversale agli anni.Trattasi della cosiddetta Ciaramitarite, dal tristemente noto Ciaramitaro, ed è la capacità di far risorgere i morti, quella gustosissima abilità nel far risorgere dalla polvere giocatori in crisi perenne, o dimenticati.E’ il caso di Enrico Chiesa, non ancora famoso, che nella Cremonese sta attraversando un periodo buio, tant’è che l’allenatore Simoni vorrebbe mandarlo in panchina per punizione.Ovviamente Chiesa sarà il migliore in campo.Per farla breve, becchiamo 3 reti soltanto nel primo tempo, come all’Olimpico contro la Lazio.Quindi a casa.Bello vero? Soprattutto per la gente che si sobbarca la trasferta.
Recuperiamo la gara col Milan il 21/12 e pareggiamo 0-0, con palo rossonero clamoroso, quindi ospitiamo la Fiorentina.Due partite di fila in casa, di nuovo.Sei punti manco a pensarci, ma almeno battiamo la Fiorentina con gol di Pessotto, che si sta rivelando, ahinoi, un elemento che molti stanno tenendo d’occhio.Quindi, le buone abitudini non si perdono mai, andiamo a far visita alla Reggiana ultima in classifica.Vuoi non fare un regalo e dimostrarti buono e compassionevole?Vuoi non perdere?E infatti perdiamo, con gol di Simutenkov.Ancora un pareggio in casa contro il Genoa per 0-0, e poi un’altra gara casalinga.Come fa la regola? Due partite di fila in casa, mai sei punti.Dunque, col Genoa ne facciamo uno…Occorre farne almeno tre nella gara successiva.Il recupero coi gobbi.
Pastine santo subitoQuando affrontiamo i gobbi, con la nostra armata Brancaleone, non nutriamo molte speranze sull’esito finale del confronto.La gobba, guidata dal nuovo e simpaticissimo allenatore Marcello Lippi, lotta per il titolo.Noi siamo intampati a metà classifica, teoricamente non ci sarebbe storia.Pronti via e, invece di prendere gol, lo facciamo noi.
Lancio lungo a tagliare il campo verso l’aria e delizioso movimento di Torricelli che si accartoccia su se stesso, franando al suolo.Rizzitelli solo davanti a Peruzzi.Diagonale secco.Gol, la Maratona esplode.Quanto vorrei che molti di voi, che non l’hanno mai provata, sapessero quanto è grande la gioia nel far gol alla juve.Perché sono due aspetti della stessa medaglia, come Testa e Croce che escono allo stesso momento.Sono aspetti che si avvinghiano e si avvolgono liberando energia positiva.Già fa sempre piacere quanto la juve prende un gol, figuriamoci se a farglielo è il Toro.Gioisci perché il Toro ha segnato e gioisci perché la gobba ne ha preso uno.Ma doppiamente, perché è stato il Toro a far provare loro quel dispiacere.Delizie mentali, fini sottigliezze.Ad ogni modo, goduria o no, dopo due minuti Vialli ha già pareggiato, lasciato libero di colpire davanti a Pastine.In quel momento avvertiamo davvero la possibilità che la gobba ci faccia a pezzi, ma così non è, perché il nostro 2-1 coglie di sorpresa Noi e soprattutto loro.Ancora un lancio, testa di Silenzi, testa di Rizzitelli.Gol, alla destra di Peruzzi.C’è chi perde la voce, chi l’ha già persa prima, chi si arrampica sopra l’amico.E chi smadonna perché nel frattempo Vialli, scartando anche Pastine, ha pareggiato di nuovo.
Sembra finita, invece Rizzitelli, un Dio dorato quel giorno, smarca di tacco Angloma di fronte a Peruzzi.Tiro.Parata.La palla resta lì è rimbalza.Solo.Angloma.La palla.La porta vuota.
Siamo stati un po’ tutti Angloma quel giorno.O avremmo voluto esserlo.Sì, perché segnare alla gobba con una puntonata a porta vuota, per giunta ghignando, vale quasi un Super Enalotto.3-2, intervallo.
Esistono molte forme di ossequio.Quello di cui l’arbitro Amendolia omaggia Vialli al ‘70, è quanto di più esecrabile io abbia mai visto.Lo stesso Vialli si stupisce del rigore.I soliti ladri.Lo pensiamo tutti, ma si sente anche nel commento di una signora in tribuna, per chi possiede la registrazione della gara.Non dovevano perdere.E invece perdono.Tira Ravanelli e Pastine para anche l’ingiustizia.Rimane la sua parata più famosa.Mi rendo conto che è stato l’ultimo derby che ho visto vincere.Mio Dio, quanto è passato?
Come non detto.
Il titolo la dice lunga, no?Pastine al ‘90 va a commettere un inutile fallo su Bergkamp verso la linea di fondo campo, quando il risultato è fissato sull’1-1.Aveva segnato per primo Jonk, quello di Toro-Ajax, nel suo unico gol italiano (…) poi aveva pareggiato Silenzi.Non è quella sconfitta a fare notizia quel 30 gennaio, ma la morte di Vincenzo Spagnolo, tifoso genoano accoltellato in via Bobbio a Genova da un milanista.Le squadre non scendono in campo, Fabio Fazio sospende Quelli che… il Calcio e gli immancabili pontificatori propongono, sull’onda dell’emotività, ma anche di una conoscenza nulla dell’universo dei tifosi, di proibire le trasferte.
Il toro continua la sua altalena, di lì in avanti, che lo porterà a ridosso della zona UEFA.Batte la Lazio clamorosamente con la coppia Pelé ed Angloma.Poi però ne prende 4 dal Padova (4-2), riuscendo nell’ardita impresa di far segnare anche l’americano cantante Lalas (!).Quindi Rizzitelli e Angloma, rifilano un 2-0 al solito Foggia, ma la domenica seguente (due partite di fila in casa) il forte Parma spugna il Delle Alpi con un 2-0 molto generoso.Ricordo con una punta di soddisfazione quella data, che coincise con una sconfitta, in quanto un mio pezzo-parodia venne pubblicato su Fegato Granata.Potete pensare che sia stata una banalità, ma l’emozione di vedere i propri pezzi pubblicati, è qualcosa di difficilmente spiegabile.
UEFA?Un’altra gara finita nel limbo del tempo mancante è quella che pareggiamo 1-1 a Roma con i giallorossi.Le cronache riportano il nostro vantaggio con Rizzitelli, quindi Fonseca ci raggiunge, sempre nel corso del primo tempo.Di lì in avanti infiliamo tre vittorie di fila, una più bella dell’altra.4-1 al Brescia fuori casa con gol di Pelé, Rizzitelli, Silenzi e ancora Silenzi su rigore, gara nella quale Pastine para anche un rigore nel finale, quindi esaltante 3-2 al Cagliari in casa.Sotto due volte grazie ai gol di quella vecchia volpe di Muzzi, Rizzitelli riporta in parità le sorti dell’incontro una prima volta, Pelé una seconda.E’ lo stesso Pelé, due minuti dopo, a regalarci la vittoria.Abbiamo detto tre vittorie…Dunque, Brescia Cagliari e…Oddio, non mi ricordo la terza.Ah, sì!I gobbi.
Non mi reco a vedere il derby di ritorno. Non chiedetemi come mai.Forse, vinto il derby di andata, ho scarsa fiducia, forse non lo so.Forse faccio male e basta.Ricordo soltanto di essere a Forno Alpi Graie, con la ricezione della autoradio pessime.- Uno a zero! Stiamo vincendo uno a zero!!! - grido facendo rimbombare il vallone di Sea con le mie urla, mentre la mia ragazza inorridisce.Quando riattacco la radio, si è già sul 2-1, guido verso casa in uno stato mistico, nell’attesa che il Supremo voglia concederci questa grazia.Mi ritrovo a suonare il clacson urlando come un ossesso, quando la partita ha termine, per le vie di Borgo Vittoria.Tra gli sguardi sdegnati della mia ragazza.Come si può spiegare a chi capire non può?
Il Toro sale a ridosso della zona calda e si comincia a sognare l’Europa.Di lì in avanti è un disastro.
NO Mancano 8 partite alla fine.Riusciamo a vincerne una, a pareggiarne tre e a perderne 4.Forse la Sonetti band si sente appagata, forse ha dato tutto oltre i propri limiti, sapendo di essere stata data per spacciata già in partenza.Pareggiamo in casa a reti inviolate con la Doria, altra gara che mettiamo nel limbo, quindi andiamo a Bologna a giocare col Milan, essendo San Siro squalificato.Ne prendiamo 5, per gli altri segna anche Lentini, seppur in modo fortunoso.I ricordi si fanno nebulosi. Le cronache riportano di un 1-1 interno contro il Napoli, con gol di Buso pareggiato allo scadere da Rizzitelli, quindi di una gagliarda sconfitta a Bari per 3-1, nonostante il solito Rizzitelli., infine un altro pareggino interno per 1-1 contro la Cremonese (Chiesa e Rizzitelli su rigore).E’ triste, sapete?Fino a qual momento so esattamente localizzare dove mi trovassi in quasi tutte le partite del Toro.In quel finale di campionato, invece, tutto è confuso.Quando la storia del Toro diventa labile, forse siamo noi stessi a risentirne e a diventarlo.
“Noi ci applaudiamo da soli”Il 17 maggio 1995 si svolge la gara di ritorno della finale di Coppa UEFA e a disputarsela sono proprio i gobbi ed il Parma.La gara di andata si è disputata il 3 maggio ed ha visto gli emiliani prevalere per 1-0, grazie al gol di Dino Baggio.Il ritorno però non si gioca a Torino.Bensì a San Siro.
Per tutta la stagione la gobba ha minacciato di andarsene da Torino.Noi, ovviamente affrontiamo questa situazione spavaldi.- Magari - diciamo - si togliessero dalle scatole una buona volta. In fondo hanno tifosi in tutta Italia, perché il germe del male deve aver attecchito proprio qua?Ma ancora una volta siamo ciechi, ciechi, incapaci di interpretare quello che abbiamo di fronte, e anche chi vuol darci una mano viene lasciato da solo.La Juventus non ha la minima intenzione di andarsene da Torino.Le sue lamentele nascono dai costi di gestione del Delle Alpi, come detto, e la finale a Milano è un modo per mettere pressione al Comune di Torino, affinché si arrivi ad una transazione “conveniente” verso la gestione in primis, la proprietà in secundis dello stramaledetto stadio della Continassa.Porca miseria di una porca miseria, la genesi delle condizioni che hanno portato allo juventus stadium si ha in quei giorni!Certo che una Società indipendente, che avesse reclamato, come poi in effetti non è stato, le garanzie di equità anche al Toro, che in quello stadio giocava eccome, avrebbe certo dato fastidio.Credetemi, sono esausto.Ma non perché l’abbia detto molte o troppe volte.Perché spesso mi imbatto ancora in revisionisti o semplicizzatori qualunquisti della realtà, ai quali fa mentalmente credere verità di comodo, quelle morbide morbide, che non fanno male a nessuno.Ognuno segua un po’ il suo pastore, se le cose stanno come stanno, ci sarà anche un motivo.
Per farla breve, il Parma nella gara di ritorno a San Siro becca uno (strepitoso) gol di Vialli. Poi però Dino Baggio, di nuovo lui, sigla il pari e porta via la coppa dalle mire bianconere.La gobba è quasi campione d’Italia, gli basterà vincere la gara della domenica seguente a Torino, guarda caso proprio contro il Parma, secondo in classifica.Si vocifera che a fine gara, Giovanni Galli si sia avvicinato ad un dirigente bianconero, freddo e gelido come un iceberg, incazzato come un Toro… pardon, come un vitello, e gli abbia detto: - Su, non faccia così, domenica saremo noi a battervi le mani.La laconica risposta che ebbe fu - Noi ci applaudiamo da soli.C’è tutta la juventinità in quella risposta.Ciò che è motivo (inspiegabile) di orgoglio per alcuni, e motivo di disprezzo profondo per altri.
Posto dannato, dimenticato da Dio.Il 20 maggio 1995, un sabato mattina, il postino mi consegna una dannata cartolina azzurra.Sui crediti verso di te, lo Stato si abulia sovente.Sui debiti mai.Per chi non lo sapesse, generazioni che non conoscono la fortuna che hanno avuto, quella è la cartolina precetto di chiamata alle armi, alla veneranda età di 27 anni.Le armi un corno.Per il sottoscritto, che si era opposto con tutte le forze a qualsiasi forma di coralità e obbligo di uniformarsi a qualche sciocchezza (credo che l’unica uniformità che abbia causato in me piacere sia stata essere parte della tifoseria granata), è un dramma.Non ero stato assegnato all’ assistenza disabili, come da mia richiesta precedente ma mi sarebbe toccato affrontare la Torino-Savona per andare a guidare ambulanze in un paese dimenticato da Dio, che ancora sogno nei miei incubi peggiori.Se qualcuno per caso avesse ancora delle illusioni sull’utilità sociale del Servizio Civile di quegli anni… bé, avrei tante storie da raccontare, non fatemi dire altro.Pagherò a mie spese la mia ignoranza ancora una volta. Ma bisogna passarci.Ricordo quel sabato pomeriggio, la gita svogliata a una delle prime Fiere del libro, la mente che, assalita dai pensieri, non sarebbe riuscita a concentrarsi su qualcosa neanche per finta.Avrei lasciato a Torino situazioni ormai consolidate per ritrovarle poi spente o affievolite, chi poteva saperlo.Spesso i ricordi calcistici fanno da sottofondo ai fatti personali, definendoli.E in questo caso non c’è nessun barile delle cose dimenticate, nessun limbo, dove forse avevo nascosto me stesso, sperando che quel momento non giungesse mai.
Già, meno male che c’è il Toro, che in questi casi non sbaglia mai e ti risolleva.Il giorno seguente infatti il Toro rifila ben tre gol in trasferta alla Fiorentina!Che colpo eh?Pereperepé.Già, meno male che c’è il Toro.Peccato che in compenso ne prendiamo sei.Sì, 6-3Non solo. I gobbi vincono pure lo scudetto.
La calata degli UnniSe si chiamano gobbi ci sarà un motivo.Se la gente pronuncia quell’appellativo con sommo disprezzo, ce ne sarà un altro, sempre ammesso che non ce ne siano mille.Sorvolo sulla gestione gobba che ebbe inizio quell’anno. Sono stati spesi fiumi di inchiostro su muscoli e non muscoli, creatine e non creatine, arbitri e non arbitri.Questa è una storia che ha il suo giusto finale in ciò che esplose il 4 maggio 2006 ed il mio unico rammarico è che le intercettazioni non siano state disponibili per le annate precedenti.Quello che invece vi voglio raccontare è quanto capitò dopo lo juventus-Parma di quel giorno.La “gente” invase il campo.Devastarono il Delle Alpi, portarono via le reti, le panchine, buona parte del terreno di gioco.Attila, fosse stato ancora vivo si sarebbe suicidato, non essendo in grado di far di meglio.La cosa venne stigmatizzata addirittura da chi solitamente era prono nei loro confronti
Dicevo, riuscimmo nella non comune impresa di prendere sei gol in una partita, anni dopo avremmo fatto il bis, senza tuttavia riuscire a segnarne neanche uno.La domenica dopo, 28 maggio, quando ormai la mia partenza era prossima, il Toro ospitò la derelitta Reggiana, già retrocessa. In maratona campeggiava lo striscione A.A.A. SQUADRA CON GLI ATTRIBUTI CERCASI.Gli attributi vennero tirati fuori, 4 reti, tutte nel primo tempo, Rizzitelli, Bernardini e due volte Pelé.
Come dolce finale a quel campionato, affrontammo la trasferta di Genova in casa dei rossoblu, che annaspavano alla ricerca di una vittoria, per poter sperare di andare allo spareggio col Padova.Ci lasciammo battere da un gol di Skuhravy ad inizio ripresa, facemmo esordire il portiere Piazza, quindi le squadre presero la via degli spogliatoi nel silenzio di ghiaccio della retrocessione, essendo Inter e Padova ferme sull’1-1.Il Padova però prese gol nei minuti di recupero e lo stadio esplose.I giocatori del Genoa tornarono sul terreno di gioco per festeggiare con i tifosi, e chi era a Genova quel giorno racconta di quanto i tifosi del Toro si fossero uniti nei festeggiamenti ai rossoblu.Come cambiano le cose.Per la cronaca, dopo pochi giorni il Genoa perdette lo spareggio col Padova per 2-1 e fu retrocesso in B.
Il tempo perdutoC’è tempo mancante e tempo perduto.Quello che non è stato.Quello sciupato, quello che avrebbe dovuto essere diverso.La squadra che così bene aveva fatto, e che aveva basi solide su cui lavorare, venne disfatta in buona parte ancora una volta.A Calleri questa volta andò male.Hakan Sukur, Dionigi, Biato, Caniato, Doardo, Milanese e compagnia cantante, furono un asso di picche rovesciato, che ci portò alla più devastante, secondo il sottoscritto, delle retrocessioni, l’anno seguente.
Qualche anno dopo il direttore di Tuttosport Dardanello, confermò il suo stupore per quella campagna acquisti così astrusa, perché “lo Sceriffo ci capiva”.Ipotizzò che a distrarlo dall’occupazione di Presidente fosse stato un suo tallone d’Achille: una bella donna con la quale spesso si accompagnava.Si dissero molte cose.Si disse che i bianconeri avessero mal digerito il fatto di perdere i due derby.Si disse che Calleri stesse facendo i capricci su qualche accordo non detto.Certo, tutto probabile, ma nulla di scritto.E di lì comincia un’altra storia.E’ questo il dramma dei nostri anni.Avere immagazzinato qualcosa che avrebbe potuto essere altro.Credo si abbia la percezione di avere sciupato il nostro tempo.Gli anni però rendono saggi e si scende a patti anche con questo.
Non resta che svelare il mistero conclusivo.Chi fu a pronunciare quella frase, che ci sembra così oltraggiosa, all’inizio della stagione, e che invece di aprirci gli occhi, ce li appannò?E’ tutto un gioco di percezione.Non solo essere in grado di vedere quanto hai sotto gli occhi, ma anche di comprenderlo.Fu Emiliano Mondonico.Devo dire la verità, sarei ipocrita a fare il buonista, ho sempre stimato Mondonico più come uomo che come allenatore (del Toro).Questione di gusti e non tutti sono alla menta.Quella volta però sono convinto che lui avesse voluto metterci in guardia, per quanto potesse.Una frase che può voler dire tutto e che suona come una parola sgradevole e indisponente, quale infiltrazione.Le loro mani su di noi.E se fosse andata proprio così?Già, c’è da chiederselo. Mauro Saglietti
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