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mondo granata
Ciao a tutti, ben ritrovati su questi schermi, per la sesta stagione consecutiva.Anche durante questa avventura, cercheremo di barcamenarci tra ricordi, sensazioni, musica, storie e racconti, il tutto naturalmente senza parlare di Toro.Scherzo naturalmente.
Dunque, dove eravamo rimasti prima delle ferie?Un istante, fatemi ricordare…Ah, sì! Ad una orrenda partita in casa, quella col Padova, nella quale avevamo preso gol su una uscita a vuoto del portiere, una gara nella quale non avevamo fatto neanche un tiro in porta e avevamo giocato un calcio orrendo, una partita nella quale c’erano stati fischi tra tifosi e alla fine si era andati a casa con le pive nel sacco, convinti di avere buttato via il nostro tempo.Quanto tempo è passato, amici. Quanto sono lontani quei tempi, per fortuna!Tempi in cui al Comunale (Olimpico) le squadre avversarie, per poco titolate che fossero, venivano ad imporre il loro gioco, tempi nei quali non vincevamo una partita in casa a pagarla oro.Tempi in cui il nostro portiere era una sciagura, nei quali il centrocampo a due (!!!) veniva puntualmente pressato, saltato e attaccato.Giorni in cui ci affidavamo ai lanci lunghi per sperare nella Bontà Divina. Grazie a Dio quei tempi ora sono lontani, mi vengono i brividi solo a pensarci.Meno male che adesso, come annunciato d’estate dai convincenti successi ottenuti in ritiro, c’è aria nuova, ed è proprio cambiato tutto…!Pensate se fossimo ancora a quei tempi…! Saremmo sicuramente al Pian dij Babi… (1)
E’ stata un’estate un po’ particolare, stralunata, eterea, confusa, rapida e ansiosa, fatta dei nostri mille volti che si sono sovrapposti, del nostro pensiero stufo di spazzare nel passato, ma troppo impaurito per pensare ad un futuro.
E’ stata un’estate che per molti versi, almeno in alcuni suoi tratti, sembrava emergere dagli anni ’80.Voglia di stare bene, tranquilli, ma di essere coscienti di ciò, non intontiti stile anni’90 a seguire.Su molti locali c’è stata una curiosa riscoperta della musica e dei fenomeni di quegli anni, in particolare dei primissimi anni ’80, con strane riscoperte.Ballavamo, almeno chi aveva l’età per farlo, su Funkytown dei Lipps, Inc, su Enola Gay degli OMD, su Don’t you want me degli Human League, oppure dondolando le nostre estati con Sunshine Reggae dei Laid Back.Ci pensate?Come sarebbe adesso un’estate con la semplicità di Sunshine Reggae, ritmo caraibico scritto da due danesi (!!!), senza sederi dondolanti in faccia al video, misero e triste condimento di qualsiasi intrattenimento contemporaneo?Ogni tanto si spera che quei tempi possano tornare, ma è un passatempo rassegnato e disperato.Ho conosciuto tante persone che si sono abbandonate alla speranza e…E insomma.
E’ stata l’estate dove questa piccola ventata di colore (gli anni Ottanta avevano colori forti, quasi pacchiani) si sovrapponeva con il layer del presente causando confusione.Persino il proprio respiro veniva appesantito da un retrogusto di nostalgia, stritolato dalle notizie dei giornali, che quasi ti facevano sentire in colpa per essere in un luogo sereno, a gustarti una birra.E’ stata l’estate durante la quale qualche giornale ha timidamente ammesso che FORSE (ma dico FORSE) la guerra in Libia sia stata motivata dal desiderio delle potenze occidentali, Francia in testa, di mettere le mani sul petrolio…No!Oh stupore.A bocca aperta.Ma davvero?Non ci posso credere.Pensavo che fosse stata motivata dalla nostra filantropia e dal voler rendere libere le popolazioni soggiogate dalla tirannia.Pensavo che volessimo esportare la democrazia anche lì, sganciando una bella vagonata di bombe sulla testa di quella povera gente.Mah, che strano, ancora sono stupito.Democrazia.Che ne sappiamo noi di Democrazia, in fondo?Noi che non sappiamo di essere schiavi liberi e che speriamo sempre che l’estate seguente non ci veda così precari.Così come abbiamo sperato quella prima.
L’estate di chi apriva il giornale, e leggeva di sacrifici, di tagli, di tasse, di sporchi giochi dell’Alta Finanza.Già.Perché fino ad ora cosa abbiamo avuto? Vacche grasse?Credo giunga un momento, nella vita di un uomo, in cui tutto si illumina di gelo.Qualche anno fa, una persona mi disse, facendomi rabbrividire, che per questo paese non ci sarebbe stata speranza. Era un militare e credo non avesse torto.Così, con pensieri foschi, posi il pensiero su un futuro che sarà già traballante tra venti minuti.Chi sarà ancora in grado di far vacanze, per esempio?Scherzi? La Vacanza è ormai un simbolo di colpa.Ogni angolo di cielo e di strada sembra diventare l’ultimo. Che ne sai se potrai ancora tornarci? Chi può avventurarsi in progetti, anche semplici?Ed il layer trasparente, a maglie strette del presente, ogni tanto lascia intravedere quello del passato, quello della gente anni Sessanta che diventava adolescente con in testa una speranza.Quella di incatenarsi alla propria identità, di condividere, di innamorarsi.Trent’anni sono passati da quando Baglioni cantava Fotografie, nel nostro prevenuto disprezzo.Il Karaoke di un campeggio la trasmetteva nella notte.Ci sono voluti trent’anni per capire quanto erano presenti quelle parole, quanto di vero ci fosse tra le righe.
in quest'altra stiamo insieme come ridi di gusto e fino a soffocarti io stringevo agosto e te vedendoti con gli occhi miei per non scordarti
Ho visto altre persone con l’espressione come la mia, probabilmente soffocate dai miei stessi layer.E’ di quelle persone che ho nostalgia. Una generazione allargata, che forse va dal 1960 ai primissimi anni ’70, ma potrei sbagliarmi.Di tutti quelli che ci hanno creduto veramente, che 30 anni fa erano qui, oggi come allora e credevano di avere tempo, di averne per sempre.Crediamo sempre di avere tempo, dice Stephen King al termine di uno dei suoi ultimi romanzi, quel Duma Key bello da metà in avanti, come se la prima parte non fosse neanche stata scritta da lui.Ed è vero, crediamo o credevamo sempre di averne.E noi del Toro avevamo speranze particolari.
E’ stata l’estate del Toro messo in un angolo.Del telefono lasciato in un cassetto per riuscire a staccare dalle persone che ti chiedono secondo te di Bianchi ed Ogbonna.- Li vendono, il Torino non ne ha bisogno – mi telefonava mio padre.- Dove l’hai letto?- Sul giornale…- Ah… dormi tranquillo allora papà. Se c’è scritto così è perché non li vendono…
E’ stata la voglia di staccare, come si faceva davvero trent’anni fa.Il campionato finiva e non avevi ossessioni anche per luglio o agosto, che si limitavano al giornale mattutino, non ad infinite ed isteriche tiritere.Lì sì che ti veniva davvero voglia di Toro, dopo un mese e mezzo senza calcio.Ricordo le prime amichevoli, il Torino contro il Torretta S. Caterina, uno striminzito 1-0 con gol in apertura di Graziani. Il primo vero impegno, prima che la Coppa Italia a gironi (altro che dentro-fuori) si facesse largo nelle ultime sere di agosto.Invece adesso c’è gente che non stacca mai, che, favorita anche dall’abbondanza di offerta, vede come una bestemmia il non interessarsi cronicamente di una cosa che non c’è.Quando anche il Toro (inteso per quello che è adesso) diventa un obbligo, o un’ossessione, allora non ci siamo.
Tuttavia le notizie mi arrivavano eccome durante le ferie.E mi sentivo veramente a disagio, sapete? La terra mi mancava da sotto i piedi, tutto era inquietante.Sì, perché sentivo parlare di una squadra con un gioco, che imponeva la propria pressione sugli avversari, organizzata tra i reparti, costante nell’applicare schemi e cattiva al momento giusto.Ero veramente inquieto, lo sareste stati anche voi se vi avessero tolto le certezze radicate in tanti anni.Ecco però che, dopo le prime uscite ufficiali, ho ritrovato le certezze mi sono sentito a casa.Passaggi sbagliati, manovra macchinosa, difficoltà epocale a fare un gol, vincere in casa non ne parliamo, portiere gelatina, lanci lunghi a superare il centrocampo, pubblico che smadonna e si insulta e così via.Ah, casa dolce casa, certezza consolidata.
Eh sì, è veramente cambiato tutto, e perdonatemi se sono sarcastico.La partita ombrosa col Lumezzane, compresi i due pali dei lombardi, era stata un campanello d’allarme.Poi, puntuale come la pioggia nei week-end, è arrivata la gloriosa eliminazione della Coppa Italia.La cosa che mi ha più infastidito è stato il fatto che sia stata data quasi per scontata “tanto noi avremmo dominato il campionato”, ed è stata salutata con ottimismo.Ora, probabilmente il fatto di essere abituati a perdere dà alla testa. Continuo e continuerò a chiedermi come si faccia ad essere ottimisti e contenti dopo una sconfitta, a meno che essa non rappresenti una certezza talmente irrinunciabile da metterci appunto in condizione di crisi senza di essa.Possibile che il Toro, inteso anche come società e tifosi non abbia un minimo di ambizione?La Coppa Italia sarebbe dovuta essere un impegno fondamentale per ricostruire quella mentalità frantumata, per dare un segno, una coesione.Una società ambiziosa, si sarebbe incazzata come una iena, per la sconfitta.Ma tanto noi siamo troppo importanti per questi traguardi, dall’alto dei trionfi recenti, ma sì, tanto vale dar gloria ad altri, abbasso le distrazioni.
Poi è venuto il campionato e l’orrore di mercoledì.Perdonatemi, non sono un rompiscatole, ma stavolta voglio esserlo, perché dell’ottimismo fatto di chiacchiere e di sostanza zero me ne faccio un baffo e questa volta ne ho veramente le scatole piene di chiacchiere.Ho visto troppi inizi di campionato tra applausi di incoraggiamento al termine di una partita terribile, per non ricordare che spesso i difetti iniziali spesso rimangono, quindi tanto vale suonare il campanello d’allarme in tempo, sperando (…) che sia un falso rintocco.
Quante partite sono state necessarie, per definire il Toro di Lerda? 2? 3? Già contro il Varese le avvisaglie e le costanti catastrofiche erano palesi.Abbiamo atteso un’intera stagione che le cose cambiassero.Abbiamo sperato per tutto il campionato che la partita dopo fosse quella della svolta, che si fosse lavorato per rimediare a lacune gravissime.E invece no, abbiamo sperato, sperato e sperato, e trovate voi la rima.Tra Varese ad inizio campionato e Padova come ultima partita c’è stato un oceano di nulla.
Ricordate cosa si diceva dopo Torino-Cosenza di Coppa Italia, lo scorso anno ad agosto?- Ah, finalmente questa è una squadra che gioca palla a terra, Lerda non ne vuole sapere dei lanci lunghi…E quest’anno cosa si è detto? Le stesse cose.Ci pensavo mentre vedevo i mirabolanti lanci di Coppola scavalcare il centrocampo nostro, loro, suo.E da questo nasce la mia preoccupazione.Da quel poco che si è visto, questa squadra sembra troppo simile a quella dell’anno passato, per non far scattare mal di pancia che è meglio curare in tempo.Associati a situazioni che sembrano endemiche e radicate nell’ambiente.
Un esempio? Il centrocampo a due.In una società dove da almeno dieci anni non si ha un centrocampo decente, che domini il gioco, è lo stesso azzardo dell’anno passato.E’ bastato un Cittadella appena organizzato e pimpante, che ha pressato per 90 minuti, per annientarlo.Poi lo credo che tutti i registi sembrano lenti, se non hai portatori d’acqua vicini.Reparti scollegati, esterni lasciati al loro destino.In compenso però abbiamo nuovamente due giocatori a battere i corner.L’utilità di tutto ciò va forse associata al terzo segreto di Fatima.Le difese avversarie ringraziano.Davvero c’è aria nuova?Davvero è cambiato tutto?Scusatemi, non me ne sono accorto.Sì, sì, pazientiamo. E soprattutto speriamo. Come sempre.
Una domanda, semplice semplice, spero che tormenti anche qualcun altro, oltre a me.Ma il Toro… quando vince?Domani? Dopodomani? Tra una settimana, tra un mese? Tra un fantastiliardo di anni? Mai?Perché non dircelo, porre una scadenza, sempre che questo rientri nelle priorità.Così almeno per quel giorno non ci prendiamo impegni.Perché una volta ce n’è una, e l’altra volta ce n’è un’altra.Due anni fa è successo il finimondo, l’anno passato i giocatori non erano nel loro ruolo, quest’anno lo sono, ma bisogna aspettare. La prossima volta ci sarà l’epidemia di morbillo e quella seguente l’invasione delle cavallette.I fischi a fine partita, dopo l’1-1 sono un segnale da non sottovalutare.Perché se è vero che ho trovato fastidiosi e oltremodo isterici quelli durante la gara, è altrettanto vero che quali al termine, sono sacrosanti.Perché la gara è finita, perché hai incitato quello che potevi.Sono fischi figli di una delusione ed un’amarezza esasperata, e non importa che siamo ad inizio stagione. A questa gente non si può più menare il torrone con la storia della prossima partita che sarà quella della svolta. Sono anni che va avanti così e per questo inizio ci si aspettava tutt’altro.Ed era anche facile prevedere che le aspettative deluse alla fine facciano perdere la pazienza.Possiamo girare la frittata finché si vuole, ma questo è un ambiente che ha bisogno di VITTORIE, e anche una bella dose, non di aria fritta.Ebbene sì, mi sono stufato di aspettare pure io.Speriamo e nel frattempo pareggiamo.Siamo ottimisti e nel frattempo perdiamo, magari illudendoci di aver visto, nella sconfitta, barlumi di gioco.Così, mentre noi aspettiamo, gli altri fanno punti.E guarda caso a fine anno ce ne manca sempre qualcuno che si rivela decisivo.Sembra invece che questi punti di inizio campionato valgano di meno, cullati dall’insostenibile e ormai insopportabile, luogo comune dei campionati che si decidono in primavera (quando, come sappiamo, la vittoria vale 11 punti).
Come mirabilmente intuito e scritto dall’amico Stefano Brugnoli nella sua rubrica “Appunti”,Il tanto vituperato Cittadella (non perdiamo mai l’arrogante abitudine di dire , eh, ma contro il Cittadella…, eh, ma contro il Crotone…, eh, ma contro l’Albinoleffe…, eh, ma contro il Gubbio…) ogni anno viene qui ad insegnarci a giocare al pallone.Abbiamo affrontato questa allegra squadretta, che ci fa tanto sorridere, per 7 volte nel corso della nostra cadetteria. Ebbene, in trasferta abbiamo sempre, e dico sempre, preso legnate. In casa abbiamo giocato 4 volte, vincendo per ben una volta (Belingheri) e pareggiando le altre tre.Sarebbe ora di rendersi conto, in primis i giocatori, che il chiamarsi Torino, come detto troppe volte, o il fatto che tutti sorridano e sghignazzino riferendosi alla compagine sottotitolata, non va minimamente a influire sul risultato finale. Ma questo non è da ieri che capita. E’ un’altra di quelle piaghe endemiche delle quali non riusciamo a liberare l’ambiente.Occorrerebbe una mano forte, che avesse sotto controllo la storia recente, con tutti i suoi difetti, per mettere sul chi va là PRIMA, dei possibili rischi legati alla faciloneria.
E, tra i mali endemici, c’è la solita tendenza a farsela addosso, perdonate il latinismo, una volta passati in vantaggio.Se per assurdo avessimo potuto piazzare, al posto degli 11 granata, dopo il gol di Sgrigna, il Pinerolo, la Dinamo Barriera di Nizza, o l’Atletico Artigianelli, o l’Unione Farmacisti, con tutto il rispetto per loro, sono convinto che avrebbero impiegato ben più a prendere gol.Lo avrebbero preso, ma non in novanta secondi, non afflosciandosi sotto il peso del traguardo che si pensava erroneamente e beatamente raggiunto con ben un gol di scarto, sotto il peso di una ladrata che, una volta, e dico una volta nella vita, avrebbe anche potuto starci.E invece, puntuale come la grandine con la macchina nuova, è arrivato Il terrore da vittoria.- Oddio, stiamo vincendo…!- Ossignore…!- No!- Omiodio!- Omamma…- Ben 1-0, ti rendi conto?- Che paura!- Chepaurache paurachepaura!- E adesso? Come facciamo?- Paurapaurapaurapaura!- Oh, c’è la palla, la prendi tu?- No, prendila tu…Gol degli altri.Fine della paura.
Naturalmente non siamo riusciti a scampare un’altra nostra cronicità, quella del non saper approfittare con l’en plein del doppio turno casalingo. Tempo fa avevo fatto un conteggio simile.In trent’anni si è vinta la doppia partita casalinga il 7% delle volte. Non male. Ci sarà qualcosa nell’aria, non so che pensare.Così come endemica è la tendenza a “tentare” di imporsi di misura sull’avversario. L’anno passato è stato il leit-motiv della sciagurata stagione. Io non capisco, Ci sono squadre che vincono 2-0, -1, 4-1… è talmente endemica l’impossibilità a far gol che ci si è rassegnati, o è una forma di atteggiamento presuntuoso?
La partita di mercoledì sera è stata una bella mazzata alle velleità settembrine della campagna abbonamenti. Proprio una bella mazzata.Perdonate il sarcasmo, ma una valida alternativa sarebbe, per l’anno venturo (maschile) poter fare l’abbonamento soltanto per le amichevoli del ritiro estivo, in modo da garantirsi una buona quantità di vittorie.O mal che vada, abbonarsi al settore ospiti, in modo da poter avere sotto la curva qualcuno che esulta, a fine partita.
Temo che Coppola sia un portiere che ci darà dei problemi.Non tanto per i rinvii, non è colpa sua se i difensori pressati alti non sanno a chi dare il pallone, quanto per il rendimento tra i pali.La sua carriera è costellata di grandi parate alternate a topiche da paura.All’inizio della carriera Striscia la notizia gli consegnò un tapiro per una vaccata commessa quando indossava la maglia del Napoli. Ha conquistato alcune promozioni (e ben vengano), ma non è stato confermato nella massima serie.Un portiere di categoria, dunque, dal rendimento altalenante, che spero davvero non ci faccia vedere i sorci verdi.Su Bianchi ho già detto.Sono felice che sia rimasto, anche se per lui, personalmente, sarei stato più contento se fosse stato ceduto ad una squadra dove potersi ritrovare.Perché qui dovrà affrontare uno stadio con buona molte persone che si recano alla partita per fischiarlo, in trepida attesa del suo errore. Durante la partita, una signora dietro di me se l’è presa con lui per il gol subito (!!!).Un altro diceva “Ecco perché non ti abbiamo venduto, perché nessuno ti voleva, perché sei brocco”.Siamo sempre fenomeni a fare i Re Mida al contrario.Perché qui è così.Guai se prima non ti fanno il contratto per trattenerti, poi però se c’è una cosa che la gente non ti perdona, è il fatto di guadagnare.La strada è segnata, la storia è già stata scritta con Ferrante e Rosina.C’è soltanto da chiedersi chi sarà il prossimo.Ogbonna potrebbe essere un buon candidato, se le cose dovessero andare male.
Infine... è meglio essere sinceri, mi conoscete…Ho smesso di “sperare” su un argomento che mi stava molto a cuore.Non voglio e non posso più essere fautore dell’unione tra tifosi.Spesso è come se tifassimo per due squadre diverse, o anche di più.Parlo di noi tifosi, siamo troppo diversi, ormai.Generazioni distanti come continenti ci dividono. Montagne di ricordi, pensieri, aspettative ed esperienze diverse.Inoltre siamo sotterrati da anni di insulti sul web o da un avatar che ci fa tifare più per noi stessi, che per altro, facendoci perdere di vista l’obbiettivo comune.Ci ha unito il passato, dubito possa ancora unirci il futuro.Prenderne atto è la cosa più onesta che possiamo fare.E’ inutile continuare a raccontarsi questa favoletta, che forse poteva andare bene fino a qualche anno fa, del pubblico granata come del dodicesimo uomo in campo. Sono cambiate le leggi, è cambiato il mondo, siamo cambiati noi.Non si può prendere il mondo a testate, non si può fermare un treno con le mani.Ognuno faccia un po’ quello che vuole.
Potremmo altresì dividere lo stadio in vari settori, a seconda del nostro odio, elemento ormai principe, in modo tale da poterci insultare beatamente.Chi va allo stadio per insultare Cairo, va da una parte, chi è contrario alla contestazione, dall’altra.Poi un bel settore per chi va allo stadio per fischiare Bianchi, un altro per chi invece lo sostiene.Uno per chi dice che il complotto non esiste, l’altro per i complottisti, uno per chi non sopporta Sgrigna, uno per chi detesta il gelato al cocco, uno per chi non riesce a vedere Telecupole e così via.Non sarebbe più comodo?
Lasciatemi chiudere questa mestizia, osservando che se abbiamo un milionesimo di speranza, non tanto di arrivare in serie A, quanto di ritrovare noi stessi, è soltanto attraverso i risultati.Non uno, due o tre. Tanti.A tale proposito, ricordo che domenica arriverà quel Varese i cui tifosi, per ben due volte, lo scorso campionato, ci hanno intonato il grazioso motivetto “Tutti a casa alè”.Nessuno si prenderà la briga di farlo, ma mi piacerebbe che anche queste cose arrivassero nello spogliatoio, sempre che ci siano orecchie in grado di udirle e, soprattutto comprenderle.Perché avrei una dannata voglia di canticchiarlo anche io, domenica…
Ora vi saluto.Vado a sperare un po’.
(1) Essere al Pian dij Babi, in piemontese significa essere in alto mare, non avere risolto nulla. Mauro Saglietti
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