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mondo granata
Il tutto per una questione di contemporaneità. Questo è quello che la Lega fa sapere, questo è quello che obbligherà il Torino a rinunciare, come da tradizione, alla commemorazione degli Invincibili. Una decisione che lascia tanti dubbi e una sola certezza: Kamil Glik il 4 maggio non potrà leggere i nomi di quegli uomini che hanno scritto pagine gloriose dello sport nazionale e non solo. Una scelta, quella di non spostare la data di Chievo-Torino, che stride se si prende in considerazione lo spezzatino quotidiano al quale questo calcio moderno ci ha abituato.
Il popolo granata, vari esponenti illustri del panorama politico cittadino e persino il Sindaco in persona Piero Fassino chiedevano solamente una cosa: non giocare domenica, non quella domenica. Una richiesta che però è stata rimandata al mittente. Preservare la contemporaneità per non avantaggiare nessuno. Questo è più importante della memoria, del ricordo, del ringraziamento, del giusto tributo.
Quel 4 maggio che, per assurdo, sembra più celebrato e ricordato dal resto del mondo (vedi i tifosi del Benfica che oltre gli striscioni esposti giovedì scorso, fra due giorni accompagneranno la propria squadra alla Basilica) rispetto a coloro che comandano il calcio nostrano. Le provocazioni dei tifosi granata: 4 maggio 1949 tutto il mondo li ricorda con ammirazione...tranne la nostra Federazione non sembrano aver fatto breccia nei cuori e nelle menti di chi poteva cambiare tutto ed invece ha preferito la via del rigore, che però stona se confrontata con tanti altri cambiamenti dell'ultimo minuto.
Ancora di più se si considera che per la Fifa, il 4 maggio è la giornata mondiale del calcio. Senza dimenticarsi che una Lega italiana, per dirsi tale, dovrebbe imporre ogni anno su tutti i campi da calcio un minuto di silenzio. E per tutti si intende dalla Serie A alla Terza Categoria, passando per quelli giovanili. In un paese che funzioni non dovrebbe essere la società a richiederlo, bensì dovrebbe essere la Lega stessa ad imporlo.
Ma la contemporaneità è più importante di tutto. Ne siamo davvero sicuri?
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