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mondo granata
Sono giorni in cui la forma conta più della sostanza. Vale per la Giustizia sportiva, che crea un precedente unico e pericoloso per lo sport come la sentenza per il black-out di Padova; vale per quella ordinaria, e in mezzo c'é sempre il Toro.Il Toro che fu, il Torino Calcio defunto nel 2005, ucciso da Franco Cimminelli e Tilli Romero. Proprio per quel delitto, patron e presidente furono indagati (per il fallimento) insieme al contabile Carlo Paiuzza. E, anche stavolta, i colpevoli ne sono usciti vincitori, anche se moralmente condannati.
Il primo procedimento si concluse con una condanna a 30 mesi per Romero e a 32 per gli altri due, questo nel 2008. Ma la Procura, dopo l'arrivo delle cartelle di Equitalia sul tavolo del fu Torino Calcio, indagò a fondo e scoprì una serie di "magheggi" contabili mica da ridere, fra plusvalenze surreali, contabilità cosiddetta "creativa" e quant'altro; indagini dispendiose, e in totale ai tre imputati vennero chiesti 370mila euro.
Soldi spesi da noi, noi tutti, noi cittadini. Soldi che non riavremo.E pensare che il trio aveva anche proposto un patteggiamento: "Facciamo 150mila subito?", e "Ok" aveva risposto l'avvocatura, salvo ricevere poi un diniego dal MInistero. Ma ecco l'errore formale: la cartella esattoriale era infatti stata ricevuta dal defunto Cimminelli e dai suoi compari "senza preavviso", nonché mancante della "notificazione dell'invito di pagamento" (in parole poverissime: c'era scritto "Ci dovete questi soldi", ma non c'era scritto "Dateceli altrimenti sono guai").Così, la Giustizia (cioé noi) ci rimette qualche centinaio di migliaia di euro, e la triade fu granata é salva.
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