mondo granata

Controcalcio. Delitto di replica

Redazione Toro News
di Marco Peroni

Se la tivù generalista avesse ancora qualche punto di contatto con il mondo reale, bisognerebbe pensare che il gioco più amato dagli Italiani sia l'arbitraggio, e il calcio quella noiosa trama di passaggi e spintoni che si consuma in attesa che Lui, il Vero Campione, l’Uomo per cui tutta l’Italia si ferma, fischi o non fischi. Invece, pare proprio che i milioni di persone che si interessano ancora alle partite lo facciano per la solita infinità di altri motivi: i colori della propria squadra, le giocate di quel nuovo arrivato, il calore della curva e, più semplicemente, il risultato. Qualcuno tifa persino per stare un po’ fuori di casa: tutto, insomma, tranne che per godere dell’arbitraggio.

Eppure, ogni domenica sera, Rai e Mediaset cavalcano a braccetto in quella che si potrebbe tranquillamente definire una Moviola a reti unificate. Con tutto il rispetto, quella del direttore di gara è di sicuro la figura meno interessante fra le ventitré che fanno la partita; mentre sui prati, nei campetti di provincia, nei cortili delle scuole siamo cresciuti tutti immaginandoci registi o centravanti e nessuno, credo, arbitro, guardialinee o quarto uomo... Allora, si può sapere perchè in televisione non si parla d’altro? E' un po’ come se in una trasmissione dedicata al Circo, mentre i trapezisti rischiano l’osso del collo regalando capriole in mezzo al cielo, si sprecassero le ore a discutere dell’ingegnere che ha disegnato il tendone. Chi se ne frega?E pensare che metter su una buona trasmissione è facile, non raccontiamoci cazzate: basta proporre un’infinità di immagini e non un’immagine infinite volte; dedicare un po’ di spazio alle curve, alle coreografie con gli effetti sonori dal campo; avere in studio un tecnico che analizzi il gioco, senza dividere il suo tempo con un’ex modella, un ex famoso o un ex se stesso; trovare un conduttore intelligente, che sappia improvvisare interviste originali e divertenti; eliminare qualsiasi forma di sondaggio d’opinione fra i telespettatori (scusate se mi ripeto: chi se ne frega?); capire, soprattutto, che il pubblico italiano non è fatto da tifosi di tre squadre (se non ci arrivano col buon senso, perché non provano con una di quelle loro indagini di mercato? Magari si accorgono che stanno massacrando il target).

Affinché il mondo funzioni un po’ meglio, insomma, sembra non esserci alternativa: bisogna che ognuno faccia bene il suo mestiere. Diversamente anche i controcampi, le domeniche sportive e i festival di Sanremo possono creare qualche danno: a furia di privilegi, avanzi di varietà, interminabili moviole e musica del cavolo, quella che va a farsi fottere è la Cultura Popolare. Quel prezioso minestrone che dovrebbe consolare, riscaldare e soddisfare tutti i palati di un Paese. E tenerli assieme, quelli fini e quelli meno, con pari dignità.

Un abbraccio a tutti, Marco

P.S. A proposito: qualcuno ha visto l’edizione pomeridiana di Controcampo? Non ho capito contro chi ha giocato il Milan.