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Quante cose sono cambiate, tra il 68° anniversario della tragedia di Superga che è stato e il 69° che verrà. È proprio vero, come sostiene il noto detto riguardo al Toro, che monotonia non fa rima con granata. Neanche per quanto riguarda una commemorazione che - pur raccontando al presente un passato ormai cristallizzato - si evolve di anno in anno, lascia intatta la forma mutando però profondamente il significato.
Venerdì, a Superga, il popolo granata vivrà il primo Quattro Maggio con un nuovo Filadelfia: era prossimo all'inaugurazione l'anno scorso (avrebbe aperto le porte il 25 dello stesso mese), è ormai la casa del Torino e delle sue giovanili oggi, . Ma sarà anche il primo Quattro Maggio senza Sauro Tomà, l'ultimo sopravvissuto alla tragedia di Superga, ed onorato allo stesso modo di quella grande squadra, . Lui su quell'aereo non c'era, a causa di un infortunio che gli rese salva la vita ma che lo lasciò per sempre sospeso a metà, tra una nuova vita e i compagni scomparsi di quella passata.
Il Grande Torino, oggi, è così più vicino e più lontano. Il Filadelfia ne concretizza il ricordo, i monconi di curva sono tornati a veder rotolare il pallone e l'emozione di chi ha l'occasione di entrare nel Tempio è palpabile . La triste scomparsa di Sauro Tomà, però, concorrenzialmente riporta quella squadra in un universo lontano ed intangibile, succube del tempo che allontana inesorabilmente quel giorno di nebbia e da storia lo plasma silenziosamente in mito. Quanto successo nell'ultimo anno anima ancora una volta questa lotta tra dimensione terrena (la storia) e superiore (il mito) del Grande Torino - e con esso del Quattro Maggio, che si presenterà a tutti i granata ancora una volta trasformato, diverso e nuovo.
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