mondo granata

Cronache da Spalato: cibo, calcio e una famiglia davvero speciale

Federico Lanza

Granata in viaggio / Dopo aver salutato l'Istria, scendiamo in Dalmazia. Eccoci a Spalato, ospiti di Rozario, tifoso del Torino, e della sua meravigliosa famiglia

"Un pomeriggio di dieci giorni fa, mentre eravamo a Venezia in attesa che la nuvoletta di Fantozzi portasse il suo carico di pioggia e fulmini un po' più in là, decido di dare uno sguardo alla posta in arrivo della nostra pagina Facebook. Un messaggio subito cattura la mia attenzione, il mittente non è italiano anche se il nome potrebbe trarre in inganno: Rozario. In un inglese macchinoso, ci chiede dove può trovare una maglietta del Torino in quel di Split, o Spalato, per chiamarla come facevano i naviganti della Repubblica di Venezia nel 1400. Un tifoso accanito dell'Hajduk Spalato che vuole una maglietta granata? Questa connessione mi incuriosisce, voglio saperne di più, voglio scavare nella memoria del calcio del secolo scorso e scoprire come, un omaccione di mezz'età, tifi Torino, in un paese, la Croazia, dove la Dinamo Zagabria e l'Hajduk, appunto, sono entità totalitarie e totalizzanti (da leggere senza riferimenti storici, non è questo il posto adatto per discussione storico-politiche).

"La mia sfacciataggine – che si rivelerà nei giorni seguenti essere, alla fine, una virtù piuttosto che un difetto – mi porta a scrivergli, usando un misto di italiano, inglese e qualche parole di croato imparata prima di partire. “Ciao Rozario, sono Federico, scrivo per ToroNews e ho letto il tuo messaggio. Sto viaggiando in bicicletta verso Istanbul e passerò da Spalato. Ci possiamo vedere per una foto e uno scambio di sciarpe?”. L'epistolario continua per diversi giorni; nel frattempo raggiungiamo Trieste dove, secondo Paolo Rumiz - un giornalista e viaggiatore lento che per me è stata e resta una grandissima fonte di ispirazione - iniziano i Balcani; attraversiamo la Slovenia, un dolce saliscendi che, curva dopo curva e tornante dopo tornate, ci conduce alla frontiera con la Republika Hrvatska. Una delle ultime frontiere - intesa proprie come struttura dove giovani poliziotti controllano blandamente il passaporto e ti chiedono dove sei diretto - presenti in questo angolo di Europa, un puzzle di etnie, lingue, religioni, popoli e storie di cui, chilometro dopo chilometro, stiamo cercando di mettere a posto ogni singolo tassello. Siamo in Croazia, e più o meno velocemente, sotto le nostre ruote passano Fiume, Senj, il monte Velebit che scaliamo in tre giorni, e l'isola di Pag, da cui prendiamo un autobus che in quattro ore ci porta a Spalato.

"Rozario mi da appuntamento domenica al caffè Bobis, un popolare bar di Spalato sulla Riva, il lungomare pedonale che corre lungo il porto fino al monte Marjan. Canotta bianca per sfuggire all'afa estiva, calzoncini e ciabatte. Già mi piace. Confesso che mi sentivo un po' a disagio; con uno sconosciuto in una città sconosciuta. Non era paura, piuttosto curiosità per quello che sarebbe successo nei giorni seguenti. Alla fine è la curiosità che muove i viaggiatori di tutto il mondo... Ci porta a pranzare a casa sua. Abita all'ultimo piano di una palazzina nel centro città, sesto piano senza ascensore. Dal tetto c'è una vista drammaticamente bella su tutta la città, l'occhio spazia da sinistra a destra senza soluzione di continuità. Dobrodošli, ci dice la moglie Silvana. Benvenuti. Pranziamo sulla terrazza all'ombra. Dopo qualche frase di circostanza sul tempo, la città e il nostro viaggio, parliamo di cose serie: calcio. "Come mai sei tifoso del Torino?", gli chiedo incuriosito. Inizia a snocciolare numeri e giocatori: “Stagione 1985/1986, Coppa UEFA. 6 novembre, stadio Poljud di Spalato. L'Hajduk batte il Torino 3-1. In quella partita, i tifosi del Toro mi regalano una bandiera ma la polizia…” Mi fa segno con la mano che gliel'hanno sequestrata. E continua: “Nel Torino mi ricordo Ezio Rossi, Ferri, Comi, Zaccarelli, Junior, Dossena. Era una squadra forte ma noi vincemmo 3-1.” Ci regala due sciarpe; una a me, una a Renato. Come vuole la cucina balcanica, dopo pranzo beviamo il caffè turco accompagnato da qualche bicchierino (di troppo) di orahovica, un grappino al gusto di nocciola fatto in casa.

"E' tutto? No! Dopo aver conosciuto la zia, che in pratica ci disegna l'albero genealogico della famiglia e ci racconta qualche storia di guerra, Rozario (Rozi per gli amici) ci porta allo stadio. Ci regala due biglietti per Hajduk Split-Istra, prima giornata del campionato croato. L'Istra è la squadra di Pula, i colori sociali sono il giallo e il verde. Quelli dell'Hajduk il rosso e il blu, i colori della bandiera croata ripresi, a loro volta, da quella della Iugoslavia. Conosco la Torcida, il gruppo ultras fondato nel 1950, il più antico d'Europa; sono calorosi e “pazzi”, come mi confermerà una delle due figlie, Blanka, presente ad ogni partita con la sua sciarpa e l'abbonamento annuale. In città l'Hajduk è una fede; ad ogni angolo della strada c'è un murales, le ringhiere dei balconi delle palazzine titine sono colorate con il rosso e il blu. Addirittura i succhi di frutta e la birra (Hajducko) che acquistano al supermercato supportano la squadra: una kuna (la valuta locale) del prezzo totale va nelle casse della società, e credetemi, da questi parti di birra se ne beve davvero tanta. Lo stadio è un piccolo gioiello di architettura: costruito per i Giochi del Mediterraneo del 1979, alla cui cerimonia di inaugurazione partecipò Josip Broz, o Tito che dir si voglia. La partita è divertente, viene negato un rigore all'Hajduk e partono i cori all'indirizzo dell'arbitro. Tutto il mondo è paese. Al novantesimo è 1-1. C'è un po' di tristezza nell'aria ma l'obiettivo di quest'anno, per gli spalatini, è ancora quello di interrompere l'egemonia di Zagabria che dura dal 2005. “Non sarà facile” ci dicono i tifosi. “In Croazia l'Hajduk non è influente, la Dinamo è forte e il presidente Mirko Bariši? è molto potente.” La Torino granata è con voi.

"Il nostro soggiorno a Spalato è durato altri due giorni, passati in compagnia di Rozario e della sua splendida famiglia conosciuta su Internet. E' proprio vero quello che si dice: less is more. Ve lo possiamo garantire. Questi incontri ti fanno fermare, ti fanno sedere e pensare: “Eh no, aspetta un attimo: questo è il mondo che mi hanno insegnato che esiste.” Il resto della storia preferisco tenerlo per me; sarò un geloso custode di questi gesti di bontà e spontaneità, amante segreto di queste persone che ci hanno fatto credere che, alla fine, questo mondo ha ancora qualche speranza di salvarsi. Anche le cose belle hanno una fine, e arriva il momento dei saluti. Grazie Rozario. Grazie Silvana. Grazie Blanka. Grazie Tea. Grazie Leo. Dal profondo del nostro cuore, grazie. Lasciamo Split con il cuore in gola, Istanbul is calling. E io, alla sua chiamata, non riesco davvero a resistere.