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Decameron granata – Il gol più bello: “Quando Fusi segnò al Real…”

Marco De Rito

L’iniziativa / La quarantunesima puntata della nostra raccolta di novelle tra i lettori

"Cosa narra il Decameron? Narra di un gruppo di giovani che per dieci giorni si trattengono fuori da Firenze per sfuggire alla peste nera che in quel periodo imperversava nella città, e che a turno si raccontano delle novelle di varie tematiche. Sull’idea di Giovanni Boccaccio vorremmo strutturare qualcosa di simile insieme a voi. Il Decreto #iorestoacasa ci costringerà giustamente a rimanere nelle nostre abitazioni fino al 3 aprile. E allora perché non sforzarci con la memoria e provare a ricostruire alcuni nostri frammenti di vita rigorosamente granata. Momenti che giacciono nella nostra testa, ma potrebbero tenere compagnia e regalare emozioni ad altri “colleghi di fede”. Come Toro News, vorremmo creare un casolare virtuale granata, sull’esempio di Boccaccio, così come le storie che vorremmo che voi condivideste con noi e con tutti gli altri “fratelli” del Torino. Un modo per tenerci impegnati e per liberarci per qualche momento dei cattivi pensieri. Continuiamo dunque con la quarantunesima giornata di novelle.

"MANDA LA TUA NOVELLA GRANATA A redazione@toronews. net

"Il cuscino

"L'ho ritrovato da poco in mezzo a tanta polvere in garage. Un po' ammuffito ma sempre impregnato di tutta la sua storia da raccontare. Ve li ricordate anche voi? Parlo di quei cuscini rettangolari richiudibili a libro, con tanto di elastichino da tenere insieme le due metà. Ho vissuto infanzia e adolescenza, anni interi di Toro al seguito di mio papà e Luigi che, pur non essendo francesi, si recavano puntualmente verso lo stadio con il cuscino sotto il braccio, modello baguette. C'era qualcosa di magico, qualcosa di rituale, qualcosa che andava oltre la tradizione ed entrava nella sfera della fede in quelle domeniche: la Santa Messa al mattino, gli slalom di Tomba prima del pranzo, il pranzetto di mamma e poi si scendeva per aspettare Cecio e Luigi. Granata d'adozione, rubato alla sua origine friulana per motivi di lavoro, Luigi passava, ogni sacrosanta domenica, puntuale come un orologio svizzero con la sua Opel Vectra grigia. Destinazione Delle Alpi, in tempo per entrare e vedere sul maxischermo la partenza del GP! Mio papà e Luigi: io e Cecio “gagni” ruspanti e rompi balle, loro uomini semplici, veri, con valori.

"Casa, lavoro,famiglia, messa la domenica mattina e Toro, con cuscino-salva pantaloni sotto braccio! Ora che tutto non ha più punti fermi, ora che i valori viaggiano da destra a sinistra, da nord a sud senza meta e destinazione, mi coccolo quel cuscino e mi aggrappo a lui. Il vocione di Luigi al gol di Fusi, tra i quei 60 mila del Delle Alpi. Il cuscino di mio papà lanciato verso il cielo, lo stesso cielo che qualche giorno dopo accoglierà la sedia del Mondo. E chissene frega se non andrà come tutti avremmo voluto.

"C'erano i valori, e con loro un Toro che si permetteva di comprare un giocatore dal Real Madrid. C'era un Toro che si presentava al Bernabeu preso a sassate che si permetteva di entrare in campo a testa alta col coraggio di rispondere col dito medio di Pasquale Bruno. C'era un Toro capace di ribaltarlo quel grande Real con il due a zero targato Luca Fusi! E c'era gente vera, semplice e fedele che andava allo stadio col cuscino. Da signore, ma non da snob. Non serviva a tenere le chiappe al comodo, ma a non sporcare i pantaloni per non dare troppo lavoro e fastidio alla propria consorte. Quello stesso cielo che si è sentito minacciato dal cuscino prima e dalla sedia del Mondo poi, si è forse vendicato!

"Si è già preso il Mondo, e pochi giorni fa ci ha tenuto a fregarci anche Luigi. Ma non ci ha tolto nulla: si è tinto ancor più di granata! E ci ha lasciato, oltre al cuscino in garage, la certezza che le persone semplici e vere, regalano un gusto che nessuno ci toglierà. Come quel gol di Fusi, da Grande Toro. Real!

"Il 4 maggio 1949 c'era un bambino che, a scuola, stava facendo i compiti, nel pomeriggio pieno di nuvole, uggioso, triste.

Quel bambino, di 10 anni, era già tifosissimo, tanto che aveva chiesto alla mamma di cucirgli uno scudetto tricolore sulla maglia di lana. Non è neppure il caso di dire che quella maglia era di uno stupendo colore granata.

Alla sei di sera, terminato il doposcuola, venne a prenderlo il suo papà. Quel bambino usciva tutto contento perchè l'impegno scolastico era finito e sarebbe potuto tornare a casa, come tutti i giorni, mano nella mano del papà.

Ma quella sera non ci fu il solito sorriso ad accoglierlo.

Il papà, con voce accorata, disse solo poche parole, in piemontese: "It sas, a l'è mort tut 'l Turin".

Quel bambino non capì immediatamente il significato di quello che aveva sentito e chiese spegazioni.

Il papà, con voce rotta dai singhiozzi gli parlò di un aereo caduto a Superga, di tanti giovani campioni che erano volati in cielo, di uno squadrone che non avrebbe mai più deliziato i suoi tifosi con quelle giocate da favola, con quei mitici quarti d'ora dettati da capitan Valentino che si rimboccava le maniche.

Il bambino capì. Il Toro, il suo amatissimo Toro, non c'era più.

Ascoltò, con il suo papà, le notizie che venivano dalla radio. Vide , il giorno dopo, i giornali, le foto della immane tragedia. Pianse per tre giorni di fila.

Non dimenticò mai più quelle poche parole in piemontese: "It sas, a l'è mort tut 'l Turin".

Quel bambino, che adesso ha 80 anni, ero io.

"Edoardo Maina

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