Domenica 29 marzo 2009. Caro Diario, ti ho trascurato in questi giorni. Prima la febbre di Davide, poi il ritorno in ufficio con annesso annaspare negli arretrati di tre giorni di assenza... praticamente ho trovato un terzo della Foresta Amazzonica sulla scrivania (coscienza ecologica: chi sarai mai?) per tacere della quantità di e-mail ricevute che, beffarde, urlavano in grassetto il loro diritto di apertura... anzi no: non taccio.Erano 425. Quattrocentoventicinque. Quanta fuffa ha da vomitare la gente, quanta...E poi... e poi c'era un vulcano sul punto di eruttare, una pentola quasi in ebollizione, una castagna messa sul fuoco e non si sapeva se sulla buccia era stato fatto il provvidenziale taglietto che le avrebbe impedito di scagliarsi incontrollata come proiettile impazzito, un maremoto che stava per scatenare uno tsunami...
mondo granata
Di Toro e d’azzurro
Io sono una Trekker, lo sai... in senso StarTrekkiano del termine... e sai anche che “Circolo chiuso” (il titolo originale è “Cause and effect”) è uno degli episodi che più ho visto, rivisto, analizzato, incorporato nei meandri della mia sostanza.L'equipaggio dell'Enterprise (la gloriosa Enterprise... cambia il modello dell'astronave, cambia l'equipaggio, non cambia mai l'IDEA... un po' come il Toro, proprio come il Toro!) si ritrova in un loop temporale che inizia da una normale giornata di viaggio intergalattico e termina con la sua distruzione.E poi riparte tutto da capo. Ma man mano che i giorni si ripetono senza succedersi, apparentemente sempre uguali a se stessi, rimangono tracce di quanto già vissuto e successo.Piccoli déjà vu che permettono all'equipaggio di acquisire, passo dopo passo, giorno ripetuto dopo giorno ripetuto, la conoscenza necessaria per lanciare una sorta di “messaggio in bottiglia” nella successiva iterazione.Procedendo per tentativi riescono ad uscire (sic) dal loop evitando di rimanere impantanati nella stessa fetta di tempo e così si sottraggono alla distruzione, alla morte, al nulla.La consapevolezza offerta all'equipaggio dai déjà vu è la chiave della riuscita dell'impresa.L'Enterprise riemerge nel giusto flusso temporale, il circolo chiuso viene spezzato: il viaggio può procedere
Anche NOI in settimana abbiamo avuto un déjà vu (un altro!): bentornato, Camola, bentornato.Un ragazzo del Fila, con tanto azzurro nello sguardo, tanta umiltà in saccoccia, tanta voglia di fare.
Il primo pensiero è stato che si può ripartire. Forse per scendere, forse per salire. Ma si può ripartire. E' un'opportunità che non viene offerta a tutti.
Il secondo pensiero mi è esploso dentro urlando che esistono tanti modi per guardare avanti.Per esempio guardare indietro. Non poco: di più.Un po' come scegliere un tempo verbale, un po' come scegliere fra imperfetto e passato remoto.Imperfetto come passato ancora (troppo) agganciato nel presente, passato remoto come qualcosa di categorico.Mi si potrebbe obiettare che il passato remoto esprime qualcosa di compiuto, concluso, definitivamente terminato.Io dico di no. Io. Chi sono io? Nessuno.Ma parlo, parlo lo stesso. Lo faccio in virtù del mio “ruolo” di sognatrice ed i sognatori, si sa, sono quelli che smistano la palla a centrocampo e spargono semi che spesso danno frutti.
Bene.Pagato il dovuto contributo alla mia autoreferenzialità ed alla mia presunzione... procediamo.
Guardando indietro che cosa vedo? Vedo un ragazzo del Fila.Sì, sì... so anche qual è la prossima obiezione: anche quello che c'era prima era un ragazzo del Fila.Non è bastato. Non tutti sono ragazzi del Fila solo per il fatto di essere cresciuti lì, non è obbligatorio e/o automatico.Quindi: ciao e grazie (?) a quello che c'era prima.Bentornato, Camola, bentornato.L'ho già scritto? Ah sì? E allora lo scrivo di nuovo: bentornato, Camola, bentornato!Possiamo ripartire.
Per come sono fatta io, per come la penso io, è fondamentale avere la certezza di poter ripartire.E' molto più importante del risultato finale.Anche perché scendere non è morire.Scendere fa parte del procedere, né più né meno.Anche salire. Salire è una delle possibilità che ci si parano davanti.Stare lì, senza identità, senza sapore, senza espressione... questo è NON procedere, è immobilismo, è impantanamento, è NON evolvere, è NON.NON. Punto e basta.
Ho l'animo più sereno. Ho l'animo più di Toro e d'azzurro. Comunque vada.
Intanto è anche arrivata l'ora legale. Che stordimento.Non so bene a che ora mi sono svegliata, però so che cosa ho fatto quasi subito dopo.Caffé, auto, Filadelfia.Che pace, che silenzio, che beata solitudine.Ho tolto un po' di sterpaglia, un piccolo metro quadro di sterpaglia in meno, sono rimasta immobile a respirare l'aria della pioggia, ho fatto un po' di foto. C'è sempre qualcosa di nuovo da fotografare al Fila.Ci sono anche cose vecchie da fotografare. Magari sono rimaste celate per un po'. Ultimamente mani volonterose stanno provvedendo a restituirle alla luce. Siano benedette quelle mani.Già.Più benedette delle tante parole che si fanno intorno al Fila. Sono tante, eh? Le parole intorno al Fila, intendo dire... tante tante tante.Bisogna mantenere la mente salda e non dare troppa retta a chi si proclama salvatore (o salvatrice) della patria.
L'amore non è fatto di gesti eclatanti. Si può perfino essere più efficaci e produrre risultati agendo in silenzio e, perché no?, nell'ombra. Senza mirare al riconoscimento da parte del popolo bue, senza alcun obiettivo se non quello di rimettere a posto le cose.Così: di Toro e d'azzurro.
Semplicità. La semplicità è una delle chiavi per il successo.Semplicità ed attenzione.Non ci vuole molto.Anche se la pazienza è finita o sta per finire.Ah, sì: sarebbe opportuno anche remare tutti nella stessa direzione. Se si vuole remare. Se non si vuole giocare agli autoscontri (esistono ancora?). Se non si vuole fare il tutti contro tutti. Se la direzione è realmente la stessa.Sto divagando... come direbbe la mia piccola Giulia: “Vorrei proprio sapere di che cosa sto parlando.”Vabbe', ha quattro anni e poco più: ha il diritto di non sapere di che cosa sta parlando ed anche il diritto di esprimere stupore in merito.Intorno sento tante persone che hanno più di quattro anni, tanti di più, e che parlano parlano parlano... anzi: blaterano. Banderuoleggiano. Tutti avanti, tutti indietro, tutti a destra, tutti a sinistra.E nel loro banderuoleggiare perdono di vista: 1) la loro vita, 2) la comune direzione che – incidentalmente – si chiama Toro.Ma sì... vorrei proprio sapere di che cosa sto parlando, via.
Questa domenica senza campionato è stata dolce e docile: che la prossima non pieghi in giù gli angoli delle nostre bocche. Quanto agli angoli dell’anima… oh be’, quelli son sempre saldi.
Poi ti devo raccontare del ragazzino gobbo che gioca nei pulcini del Toro e forse sta per diventare ex gobbo ma non adesso, non adesso...
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