mondo granata
Dignità
di Giacomo Serafinelli
Buongiorno Toro...è dura scrivere quando quella fastidiosa sensazione non se ne va ancora.
Che sensazione? Direi un misto tra impotenza, frustrazione e delusione.
La squadra è sempre più titubante ed impaurita, e i tifosi non possono credere ai loro occhi:
“E' davvero il Toro questo?”
E pensare che alla vigilia della partita col Livorno, la fiamma della speranza era tornata ad ardere con l'arrivo di Papadopulo. Molti di noi avevano sentito il cuore scaldarsi, fiduciosi che qualcosa (non so bene nemmeno io cosa) sarebbe successo: una reazione, un moto d'orgoglio, uno scatto di dignità, una presa di coscienza....
Invece, il canovaccio di questa sgangherata compagnia di giro si è ripetuto, e stavolta il ruolo del beneficiario di tanta magnanimità nel concedere gol e punti è stato interpretato dal Livorno, squadra senza lode né infamia, che ha ottenuto il voto più alto svolgendo il compitino più stringato.
E i nostri beniamini? Mi viene da pensare che giochino con la tremarella, o che, tra i loro piedi, il pallone si trasfiguri in una sfera di marmo. Già tempo fa ebbi a scrivere che i ragazzi non sorridono e quando segnano (a proposito: quando segnano?) non liberano una normale gioia, ma sfogano rabbia e tensione accumulate nel tempo.
Lo so che la società ha fatto errori in sede di mercato e che ci sono state varie vicissitudini relative a interpreti, ruoli e moduli, ma a questo punto della stagione appare chiaro che il problema che attanaglia le gambe dei giocatori è principalmente mentale.
Sarà un buono psicologo Papadopulo? E soprattutto: siamo ancora in tempo per rimediare o il cambio di mister è stato tardivo?
Per ora un buon ritiro vecchio stampo è quello che ci vuole per riordinare le idee.
Finché c'è campionato c'è speranza, è vero, ma da esseri pensanti quali siamo, sappiamo che la logica non è dalla nostra parte. Vedremo.
Intanto, quello che non vorrei più vedere è un secondo tempo come quello di sabato, ovvero tutto il contrario di ciò che i tifosi desideravano, quando chiedevano dignità.
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