Si dice che il Toro non abbia santi in Paradiso, ma in terra ha uomini di grande fede e volontà. Che pregano e tifano, perché il granata va oltre alla semplice passione sportiva. Il nostro personaggio è un prete di 65 anni, della provincia di Varese, convive con rispetto in mezzo ai tanti milanisti della zona, perché la sua chiesa, di San Alessandro, si trova a pochi passi da Milanello, esattamente a Montonate, dieci chilometri da Varese. La nostra non è stata una classica intervista, sarebbe stata troppo fredda ed informale, ma una chiacchierata tra un fratello ed una sorella, perché quando dico a Don Marco Galfrascoli “Vorremmo parlare con lei di Toro” gli si schiarisce la voce “Il Toro è sempre una sofferenza, guarda cos’è successo a Bari, non si buttano via così le vittorie. Ma è un piacere poterne parlare visto che qui sono solo. Anzi qualcuno di granata c’è, ma sono proprio pochi”. Perché il Don parla ancora di sofferenza (e lui sa cosa vuol dire visto che ha subito tre infarti e altrettante operazioni per diversi problemi)? “Perché vivo con l’angoscia che non si possa salire in A e noi dobbiamo farlo, costi quel che costi, qui serve solo vincere, in qualsiasi modo”.
mondo granata
Don Marco Galfrascoli, un prete granata in trincea
Don Marco, in qualsiasi modo come gli juventini? “Purtroppo il calcio è anche questo e pur parlando di bel gioco, passione, ecc. alla fine conta solo vincere”. Gli hanno dato pochi mesi di vita, ma proprio in questi giorni ha saputo che la malattia è regredita e potrà ancora sorridere al tempo che scorre per poter festeggiare un Toro vincente. Don Marco ha vissuto tanta storia passata “Ho conosciuto molta gente, Ferrini, sua moglie Mariuccia la sento spesso, così Rosato, Salvadori, ho sposato Serino Rampanti e suo fratello Salvatore, ho dato la cresima a Sorrentino e ho sempre affiancato Don Aldo Rabino, mio carissimo amico, nella messa di Superga in onore del Grande Torino il 4 maggio”. Don Marco un paio di volte l’anno viene su a Torino a trovare proprio Don Rabino e il suo gruppo di Oasi, quest’anno non è ancora passato da Torino, nemmeno allo stadio “Ho fatto l’abbonamento e ancora non l’ho ritirato, ma per me il sabato è dura venire alle partite, ho due messe nel pomeriggio”. Già, tasto dolente giocare di sabato pomeriggio! Don Marco è il cappellano del Varese Calcio, che è ancora in serie D dopo il fallimento “C’è un pezzo di Toro al Varese, il fratello di Maroso, Peo, è il presidente ed ero anche amico dei due fratelli di Ossola”.
Don Marco ha sempre avuto il calcio nel sangue e fino a pochi anni fa è stato il capitano della squadra dei preti “Ero amico di Ussello ed Ellena, due grandi scopritori di giocatori. Un giorno proprio Ellena mi disse che avevo talento e che avrei dovuto fare il calciatore”. A Varese è passato un giovane che oggi è considerato un traditore, è il Don a fare il suo nome “Ma perché Balzaretti è andato alla Juve? Lo conoscevo, 'era' un bravo ragazzo, ma che ha combinato, non mi aspettavo questo epilogo da parte sua. Conoscevo anche Pessotto, mi salutava sempre quando ci vedevamo, ma poi è passato alla Juve e non ci siamo più sentiti”. Il suo cuore fa le bizze, ma è grande e generoso così racconta “Ho comprato una casa mia a Kampala in Uganda e l’ho regalata ai missionari. L’anno scorso quando l’ho detto alla cena di Oasi mi hanno chiesto di portare su un po’ di giocatori africani. Chissà un giorno...”.
Don Marco è stato presidente del Toro Club Varese, nato nel ’71, ma che al momento è latente per mancanza di persone ed organizzazione. Attualmente è vice presidente del Toro Club Angera. A due passi dalla sua chiesa c’è il Santuario del Cicloturista o dello Sportivo “Una parte è allestita per gli appassionati di ciclismo, l’altra l’ho dedicata al Toro, c’è una targa che ricorda Giorgio Ferrini, un quadro immenso del Grande Torino. Nella parte del ciclismo c’è parecchio spazio destinato a Fausto Coppi, lo ricordi alla gente che lui era un tifoso del Torino ed era anche molto amico di Valentino Mazzola, stessa leva, entrambi del ‘19”.
Suonano alla porta, entra un amico, guarda caso uno dei pochi granata della zona, un segno dal cielo “Meno male che ha tre figli speriamo che diventino granata. Bisogna aiutare i giovani a non diventare della Juve!”. Giusto un prete deve sempre fare sermoni che entrino nel cuore delle persone. “Che fatica faccio a dire messa quando gioca il Toro, i miei parrocchiani sanno se abbiamo vinto o meno da come mi comporto”, ci racconta ancora. C’è un aneddoto che vale sempre la pena ricordare “Successe nell’89 quando siamo retrocessi in B dopo aver perso contro il Lecce. Uno dei miei parrocchiani entrò in chiesa e mi fece segno che era finita, in quel momento dovevo cantare l’Alleluja, ma non ne avevo assolutamente voglia, il mio stato d’animo era più adatto per un Requiem!”. Il Don parla anche di mercato “Mi permetto di dare un consiglio a Cairo… prenda Dino Fava. L’ho conosciuto quand’era qui a Varese, un bravo ragazzo davvero ed è forte”.
Queste sono le belle storie che si raccontano con una punta di ironia ed una di commozione, questo è il calcio che vorremmo, senza litigi per i diritti tv, per un rigore non dato, dove non si sparano lacrimogeni. A volte l'amore per una squadra può prolungare la vita. Il miracolo della passione.
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