Arrivano da ogni parte e, da giorni e per giorni, conquistano la montagna con macchine, tende e camper. Sono tanti, tantissimi. Ci sono quelli che vengono da poco distante e che sono qui perché sì, il Giro passa da queste parti e bisognava esserci. Ci sono quelli che vengono da lontano e non perderebbero una corsa neanche a pagarli, che hanno preso le ferie per tempo, che si sono organizzati da mesi pur di essere presenti. Ci sono quelli che riconoscerebbero qualsiasi corridore soltanto osservandone le gambe glabre o persino il fondoschiena quando ondeggia sul sellino. Ci sono quelli che non sanno distinguere un passista da uno scalatore, una cronometro da una tappa in linea, ma sono ugualmente qui perché il Giro è bello, il ciclismo è bello, perché è una festa in cui tutti sono amici, altro che il calcio dove ci si arrabbia e ci si mena per niente. Poi c'è quello che accende il fuoco per la carne alla brace, c’è quella che prepara la pasta per tutto il villaggio di camper che si è creato nel prato a destra della strada, uno dei tanti villaggi spontanei che nascono, vivono, scompaiono in un solo giorno o poco più. C’è anche quello che tira fuori la bottiglia, quella buona, quella conservata apposta per portarla qui, e te la offre come se ti offrisse una pietra preziosa rara. Quindi ci sono quelli che sono ubriachi fradici anche se è mattina, e figuriamoci la sera. E quelli che si sono portati tutto l'”ambaradan” per il Karaoke. E cantano Guccini, impugnando nella mano destra a mo di spada un bicchiere di rosso. E cantano “Io Vagabondo” dei Nomadi e cantano “Uomini soli” dei Pooh. Tifano per Nibali, Scarponi, l’enfant du pays Malacarne, o addirittura vengono dalla Spagna per tifare Contador o dalla Repubblica Ceca per sostenere Kreuziger. Ognuno tifa per il proprio beniamino e non insulta gli altri, anzi li applaude quando li vede spargere sudore sulla strada. Mangiano, bevono, cantano. La corsa? Quasi un dettaglio. In un certo senso chi se ne frega, tanto si fa festa lo stesso. Anche perché comunque si sa benissimo come andrà a finire. Lo sanno tutti, pure quelli che ancora si illudono, o vogliono illuderci, facendo finta di non sapere. Va come sempre, e cioè che vince Alberto Contador . Da quando questo Giro è iniziato, possono cambiare le sfumature, ma il risultato è sempre lo stesso: Contador domina, Contador spadroneggia, Contador detta legge in lungo e in largo come e quando vuole. E’ il padrone assoluto anche quando decide di concedere le vittorie parziali agli altri, come è accaduto sul Grossglockner o allo Zoncolan. Spadroneggia nelle tappe in linea. Spadroneggia a cronometro. Come oggi, sui 12 chilometri contro il tempo che portavano i corridori da Belluno a Nevegal, una stazione turistica con alcuni alberghi, tanti impianti da sci e poco altro. Contador ha preceduto Nibali di 33” e Scarponi di 38”. Insomma poco di nuovo anche qui. Hanno cercato di opporsi alla dittatura di Re Alberto e dei suoi due principali avversari (parola grossa, lo so bene) il minuscolo scalatore venezuelano José Rujano e il vecchio leone Stefano Garzelli, che magari prima o poi riuscirà ad aggiungere una tappa alla prestigiosa maglia verde di miglior scalatore che sta indossando con grande merito.Dunque Contador, per la prima volta vincitore col simbolo del primato sulle spalle (oh…ecco una novità!), sale sul palco per indossare l’ennesima maglia rosa in questo Giro, punta il dito verso il cielo, dai suoi occhi esce una lacrima: la dedica è per il connazionale Xavier Tondo Volpini, morto ieri a trentadue anni in un incidente assurdo quanto agghiacciante mentre usciva per allenarsi a Sierra Nevada . E così Alberto dimostra anche di avere un cuore. Lo stesso cuore che tira fuori quando ringrazia per l’ennesima volta i tifosi Italiani per l’accoglienza che gli stanno offrendo sulle strade. Evidentemente, i fischi della tappa del Crostis sono definitivamente archiviati. Tutto sommato meglio così. Non erano scene da pubblico del ciclismo, quelle. Domani tappa lunga che porterà i corridori da Feltre a Tirano: 230 chilometri complessivi con il Passo Tonale e il Passo Aprica a chiamare in causa possibili avventurieri di giornata. La discesa dell’Aprica è lunga e tortuosa e potrebbe scatenare un attacco dello specialista Nibali diretto non certo a Contador, ma al secondo gradino del podio attualmente occupato da Scarponi con un vantaggio di 57” sul Siciliano. Tanti? Pochi? Lo diranno le prossime tappe e, soprattutto, la cronometro dell’ultimo giorno a Milano. L’unica cosa certa è che qui da tempo si lotta solo per il secondo posto, salvo che un fulmine o un meteorite non colpiscano in testa Contador. Il Giro, pur fra qualche sbadiglio, va avanti lo stesso e la gente può continuare a mangiare, bere, e festeggiare. Magari parlando solo un dialetto un po’ diverso da quello udito sulla salita di oggi. E così l’uomo del Karaoke potrà riprendere a cantare “Uomini Soli”. In effetti qui di uomo solo al comando ce n’è uno ed uno soltanto. E nessuno ha la forza di fargli compagnia nemmeno da lontano. ORDINE D’ARRIVO SEDICESIMA TAPPA DA BELLUNO A NEVEGAL:1. Alberto CONTADOR (Spagna) in 28’55”2. Vincenzo NIBALI (Italia) a 33”3. Michele SCARPONI (Italia) a 38”4. José RUJANO (Venezuela) a 39”5. Stefano GARZELLI (Italia) a 45”6. Roman KREUZIGER (Rep. Ceca) a 49”7. Denis MENCHOV (Russia) a 52”8. Marco PINOTTI (Italia) a 58”9. Branislau SAMOILAU (Bielorussia) a 59”10. Vladimir MIHOLIEVIC (Croazia) a 1’04”CLASSIFICA GENERALE GIRO D’ITALIA:1. Alberto CONTADOR (Spagna) 62h43’37”2. Michele SCARPONI (Italia) a 4’58”3. Vincenzo NIBALI (Italia) a 5’45”4. John GADRET (Francia) a 7’35”5. Josè RUJANO (Venezuela) a 9’18”6. Mikel NIEVE (Spagna) a 9’22”7. Denis MENCHOV (Russia) a 9’38”8. Roman KREUZIGER (Rep. Ceca) a 9’47”9. Joaquim RODRIGUEZ (Spagna) a 10’25”10. Igor ANTON (Spagna) a 10’58”
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El Matador
di Walter Panero
foto da "lequipe.fr"
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