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mondo granata
Egregio direttore, siamo al centenario e con questo evento mi pare opportuno ringraziare anche coloro che hanno dato il loro piccolo contributo alla storia granata, tutti quei personaggi che per motivi finanziari o di salute, pur avendone le doti tecniche e morali, non hanno potuto essere sotto i riflettori come i miti che ci accingiamo a celebrare. Quei personaggi che avrebbero molto da dire e da testimoniare su cosa e' il Toro, avendo respirato par tanti anni,dopo aver fatto tutte le trafile, l'aria del Filadelfia. La storia di mio padre a riguardo e' emblematica: Gazzera Felice nasce nel 1941, fa tutte le giovanili granata per approdare nel 1958 alla Primavera, all'epoca denominati i federati, alla cui guida tecnica trova prima Santos per poi passare ad Ellena. Assieme a lui in questa ascesa vi sono elementi come Rosato e Lido Vieri. Mio padre parlando di Rosato ne esalta la volonta' incredibile, la stessa che lo portera' con gli anni a diventare uno dei piu' forti difensori italiani, insomma aveva quello che noi definiamo cuore Toro.Sono anni bellissimi, dove Gazzera, estrosa mezzala sinistra, si toglie la soddisfazione di approdare alla rappresentativa piemontese, cui all'epoca faceva parte il sedicenne Gianni Rivera. Durante una delle tante partite che si usava fare tra Primavera e prima squadra, si mise in mostra e racconta di un fatto successo in partita, in cui mentre effettuava un cross, prese una zolla e il pallone non si mosse ma in una maniera tale che sembro' una finta fatta di proposito....il suo diretto avversario Arce si sbilancio cadendo per terra con l'ilarita' del pubblico presente, e lui lo salto' e gli ando' via.Successivamente, sotto la spinta della dirigenza, mio padre venne convocato con la prima squadra, per una trasferta di Brescia. Gioco' da subito titolare, ma in quella stessa partita fu boicottato dagli stessi suoi compagni, Arce in testa cui evidentemente non era andata giu' quella presunta finta e la figura che ne consegui'. Insomma non gli passarono un pallone, costringendolo sempre fuori zona e avulso dal gioco. Quando se ne rese conto, preso dalla rabbia, inizio' a strafare e venne sostituito.Questo sta a dimostrare le difficolta' che i giovani incontravano, raccontandomi di intimidazioni prima verbali nello spogliatoio,e poi fisiche in campo. All'epoca vigeva il nonnismo a tutti gli effetti. Incredibile un'affermazione che fa spiegando come si comportava in una delle tante partite contro la prima squadra "cercavo di stare distante dal mio marcatore e soprattutto da Bearzot, che appena poteva ti faceva assaggiare i tacchetti". Fu cosi' che ritorno' a fare il campionato riserve, allora chiamata De Martino, ma ben presto si rese conto che non poteva continuare a fare solo un allenamento a settimana, in quanto non essendo stipendiato dal Torino (erano solo quelli affermati ad essere pagati) era costretto a lavorare come fabbro. Chiese aiuto alla societa' chiedendo di avere quel piccolo stipendio che gli consentisse di dedicarsi interamente al gioco del calcio, ma la societa' gli riconosceva solo le ore che perdeva a lavoro. Ovviamente il suo datore di lavoro non gli avrebbe mai concesso piu' di 5 ore di permesso settimanali. Cosi', tra il Torino e portare il pane a casa, la scelta fu obbligata. Personaggi come lui, in un modo o nell'altro,penso che nella storia granata ne siano passati molti, e posso solo immaginare come ci si puo' sentire dopo anni di sacrifici, dover abbandonare un sogno, non per causa tua, ma perche' lo ha deciso il fato. Il loro contributo ad un pezzettino di storia l'hanno dato e mi sembra giusto ricordarlo, anche se non avranno i riflettori puntati contro.Grazie di cuore a tutti e buon centenario.
E. Gazzera
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