mondo granata

Fuga di Pasqua

Redazione Toro News
di Walter Panero Oggi ripropongo un vecchio racconto che risale all'aprile del 2009. Giocavamo ancora in serie A. Speravamo ancora che, alla penultima giornata, i nostri vecchi "amici" genoani ci avrebbero dato una mano. Invece, come tutti...

di Walter Panero

 

Oggi ripropongo un vecchio racconto che risale all'aprile del 2009. Giocavamo ancora in serie A. Speravamo ancora che, alla penultima giornata, i nostri vecchi "amici" genoani ci avrebbero dato una mano. Invece, come tutti sappiamo, andò diversamente. Buona lettura!

 

L’invito era arrivato improvviso ed inatteso qualche giorno prima: “Mauro, giovedì iniziano le vacanze di Pasqua ed ho pensato di ospitare alcuni compagni e amici nella nuova casa che i miei hanno comprato in Sardegna. Staremo lì fino a martedì. Che ne dici? Ti va di unirti a noi?” A parlare era stata Alessandra, la più carina di tutte, la ragazza cui tutti facevano il filo e di cui lui era innamorato da più di un anno, quando, all’inizio della quarta se l’era ritrovata in classe come ripetente. Occhi e viso meravigliosi, fisico che la faceva ben più grande della sua età , sorriso aperto e malizioso. Mauro aveva tentato qualche volta di farle capire che gli piaceva, ma in maniera talmente timida e goffa che, anche se lei avesse colto, avrebbe girato la schiena e sarebbe fuggita lontano da uno come lui. D’altra parte, lei era una stella corteggiata da tutti e lui un povero sfigato che sfogava nei libri, nel calcio e nella musica le proprie frustrazioni. Cosa poteva importare ad una ragazza dei nostri giorni che lui avesse letto decine di libri e non di quelli che leggono tutti, ma di quelli che piacevano solo a lui? Che lui ascoltasse la musica dei tempi dei suoi genitori e non quella alla moda? Che lui fosse tifoso di una piccola e povera squadra come il Toro e non di una squadra a strisce? Che lui adorasse sport veri come il ciclismo e il rugby e non, come tutti, l’automobilismo e le moto?Eppure lei era lì. Di fronte a lui. Ed ora lo stava invitando ad andare al mare con lei ed altri amici che lui conosceva di vista. Non li distingueva l’uno dall’altro. Tutti vestiti uguali. Tutti con in bocca gli stessi discorsi e le stesse frasi fatte pronunciate dalla Tv. Ragazze….macchine veloci…locali alla moda.. Libri? Roba da sfigati! Sport? Bello andare in palestra e a sciare nei posti più esclusivi. Bello il calcio, ma ha senso solo la Champions League che prima o poi diventerà un vero e proprio campionato europeo tagliando fuori gli altri piccoli e insignificanti club. Perché Alessandra stesse invitando proprio lui, Mauro lo ignorava: forse le era simpatico, forse le mancava uno con cui dividere le spese della vacanza, o forse lei e il suo gruppo avevano bisogno di uno come lui per prenderlo in giro divertendosi alle sue spalle e per rendere più piacevole la breve vacanza.Ma Mauro non era nella condizione di porsi troppe domande. Doveva correre il rischio per stare con lei e trovare finalmente il modo per dimostrarle quello che provava. Quando venne invitato arrossì come un bambino. Rispose a voce così bassa che la ragazza capì solo dal sorriso che lui avrebbe accettato. Avrebbe accettato anche se, subito dopo gli passò un pensiero per la testa come un fulmine: “O cavolo! Sabato gioca il Toro! E’ una partita fondamentale per la nostra permanenza in serie A! Abbiamo cambiato allenatore ed ora c’è qualche speranza in più di farcela! E poi ho detto agli amici che sarei andato con loro…”. Ma fu solo un attimo. “Ma che c…o dici? Ma sei scemo? La ragazza che ami ti invita a casa sua al mare e tu pensi al Toro che tanto è già praticamente retrocesso? Gli amici capiranno, per una volta….”

“Mi raccomando….comportati bene….” Disse la mamma di Mauro salutandolo sulla porta. Aveva ormai compiuto da un pezzo diciottanni, ma non andava spesso via di casa per tanto tempo, gite scolastiche a parte. “Sì, mà. Tranquilla! Tu, piuttosto, comportati bene allo stadio, visto che sabato andrai alla partita col mio abbonamento!” Prese il 52 ed arrivò prima di tutti gli altri a Porta Nuova sul binario da cui sarebbe partito il treno per Genova. Da qui, il gruppo si sarebbe imbarcato alla volta di Olbia. Erano otto. Tre ragazzi e tre ragazze, oltre ad Alessandra ed a lui. Giunsero a casa di lei il mattino dopo, venerdì. Una villa meravigliosa con piscina e a due passi dal mare. “A che cosa servirà mai la piscina, se sei vicino al mare?” si chiedeva lui. Non ebbe il coraggio di porre pubblicamente questa domanda.Era una bellissima giornata di primavera e la trascorsero quasi interamente in riva al mare. Alessandra era molto gentile con tutti ed anche carina con lui. Pensava che alla prima occasione ci avrebbe provato. Magari la sera, dopo la cena in una delle pizzerie più alla moda del luogo. Magari avrebbero fatto due passi sul lungo mare, magari ci sarebbe stata l’occasione di rimanere soli. Magari avrebbe avuto la possibilità di dichiararle il suo amore. Magari sarebbe finalmente riuscito a sfiorarla e ad abbracciarla. Magari…

A cena i soliti discorsi che lui riteneva sciocchi e nei quali cercava di entrare il meno possibile. Anzi, cercava proprio di evitare di ascoltarli. Parlavano, tanto per cambiare, di vacanze.“Pensa che c’è uno sfigato che lavora nell’azienda di mio padre….” diceva uno “che in questi giorni, mentre siamo qui a spassarcela, è rimasto a casa perché domani gioca quella squadra di scappati da casa di cui non pronuncio neppure il nome….ma come si fa? Pazienza fosse la grande Juve….” “Brutta malattia, il calcio” intervenne una ragazza bionda, con gli occhi chiari e la erre moscia “io non potrei mai stare con uno che perde il suo tempo a guardare undici scemi in mutande che corrono dietro a un pallone” “Sì” intervenne di nuovo l’individuo di prima “…ma quello è proprio un caso limite….pensa che la sua massima aspirazione nel tempo libero è andare in bicicletta…in bicicletta, capisci? Che sport da sfigati!” “Ci sono persone che proprio nascono con la sfiga addosso…” intervenne un altro “Mio padre mi raccontava di uno che per tutta la vita ha fatto l’operaio e che passava le sue vacanze in un piccolo e sperduto paesino di montagna senza neanche un negozio. Senza un posto dove andare la sera. Non riesco a capire come ‘sta gente riesca a stare al mondo. Che cosa ci faccia nel mondo. Ci rubano l’aria!”Mauro ascoltava senza dire una parola. Ascoltava e pensava. A suo nonno che si era spezzato per tutta la vita la schiena nei campi e che morì avendo visto il mare una volta sola, in guerra sul fronte greco. Pensava a suo padre che, proprio in quel periodo, stava trascorrendo qualche giorno in un piccolo paesino di montagna per riprendersi da settimane di duro lavoro in fabbrica. Un paesino che lui stesso adorava proprio per quel niente che aveva da offrire. Pensava a se stesso, alla sua passione per la bici. Al suo Toro che amava e di cui non perdeva una partita da anni. Si alzò dal tavolo urlando: “Bastaaaa! I veri sfigati siete voi! Siete vuoti: vuoti come questa bottiglia vuota!” Aprì il portafoglio, tirò fuori venti euro, li scaraventò sul tavolo e scappò via. Fuori. Lontano dal locale. Alessandra rimase stupita della sua reazione. Cercò di fermarlo, mentre gli altri ridevano continuando a dargli dello sfigato. Invano.Mauro era già in strada. “Forse, sì forse ce la posso ancora fare”, pensava. “Spero che per una volta la fortuna mi assista”. Si mise a fare autostop. Si fermò un uomo mezzo ubriaco che per tutta la durata del viaggio non fece altro che parlargli di De André e del Cagliari degli anni gloriosi di Gigi Riva. “Sempre meglio che sentire quei tromboni”, pensava Mauro.Giunsero ad Olbia alle 22.45. L’uomo lo aveva preso in simpatia e lo accompagnò fino in porto. Il traghetto partiva alle 23 e lui riuscì a fare il biglietto e a salire sulla nave per ultimo poco prima che si discostasse da terra.

Genova vista dal mare è uno spettacolo che non ha eguali. Vedi la Lanterna che ti dà il benvenuto, visto che se sei passato di qui devi avere le tue buone ragioni. Vedi le case multicolori con le loro persiane verdi aperte che sorridono al sole. Vedi i monti subito lì con i loro forti e ti chiedi se in quelle case, in quelle strade che si arrampicano verso l’alto, la gente ci viva davvero. Mauro pensava che doveva essere una città splendida e che un giorno gli sarebbe piaciuto conoscerla meglio. Ma ora non aveva tempo. Doveva correre in stazione, anche se non aveva la minima idea di come si facesse ad arrivarci. Scese dal traghetto quando erano ormai le 10.30 del mattino. Chiese informazioni ad un paio di persone, ma evidentemente non erano del posto. Finalmente incontrò un signore con un cane che portava al collo una sciarpa dagli inconfondibili colori rossoblu. Questo è di qui, pensò. Questo dev’essere per forza di qui.  “Per andare in stazione?” chiese Mauro.“Belin giovanotto…che faccia….tu non me la racconti giusta….stanotte hai fatto festa invece di dormire….” Rispose l’uomo con l’inconfondibile cantilena “comunque per la stazione devi andare da quella parte” e indicò un punto verso Est.“Devo prendere qualche mezzo? Un taxi per arrivarci?”“Mi sembra che hai fretta e quindi col taxi faresti prima….ma i taxi, in questa città, hanno un difetto: costano cari. Sei giovane, hai le gambe buone, se cammini veloce in dieci minuti a piedi da quella parte ci arrivi….”“Grazie signore! Grazie mille! Sa…devo assolutamente prendere il treno per Torino….oggi c’è la partita e….”“Guarda….ho capito dall’accento che eri di quelle parti là…e ho visto dalla faccia che non potevi che essere del Toro! Altrimenti, se fossi stato di quell’altra squadra,  ti avrei detto di prendere il taxi e ti avrei fatto spendere un po’ di palanche. Mi raccomando, giovanotto, oggi vincete che noi vogliamo restiate in A. Poi, alla penultima, ci pensiamo noi a lasciarvi i tre punti che vi servono. D’altra parte noi stasera cercheremo di battere i vostri cuginastri!”“Oh amico….oh fratello….grazie! Grazie di tutto! Buona serata e buona Pasqua!”“Buona Pasqua a te, ragazzo!”

La statua di Colombo faceva buona guardia alla stazione Principe. Erano le 11.10. Mauro diede un’occhiata al tabellone che annunciava i treni. Ce n’era uno che partiva proprio a quell’ora. Corse verso il binario. Vide ancora il treno che si allontanava. In questo paese i treni sono sempre in ritardo, tranne quando serve che lo siano, imprecò il ragazzo.Bel casino! Il treno successivo partiva dopo le 13 e neanche un miracolo avrebbe consentito a Mauro di arrivare  a Torino in tempo per la partita. Cavolo! Che rabbia! Che delusione! Tutto ‘sto viaggio per niente! Poi Mauro cominciò a riflettere: inutile prendersela. A quel punto non c’erano molte alternative se non rassegnarsi e approfittarne per fare un giretto in città. Sempre meglio starsene qui da soli che tra quegli schifosi giù in Sardegna. Mauro, muovendosi un po’ a caso, percorse via Balbi passando di fronte al palazzo dell’Università. Si infilò in Via Cairoli da cui giunse nella monumentale Via Garibaldi, con i suoi palazzi cinquecenteschi di incredibile bellezza. Avrebbe voluto cercare Via del Campo, quella cantata da De Andrè. Chiese informazioni a un passante che lo indirizzò nel posto giusto. Diede un’occhiata al negozio un tempo gestito da Gianni Tassio, grande amico di Faber  ed ora scomparso. Si perse tra i vicoli del più grande centro storico d’Europa, vide da lontano il campanile del Duomo di San Lorenzo ed infine giunse ad una piazza con in centro una grande fontana. Lui non lo sapeva, ma quella era Piazza De Ferrari e quel grande palazzo che si affacciava su essa era Palazzo Ducale, quello in cui si svolse il famigerato G8 del luglio 2001.Fu lì che, mentre si guardava attorno, l’attenzione di Mauro venne rapita da una persona. Un uomo alto, corpulento, con la barba, di circa quarant’anni. A colpire Mauro, tuttavia, non furono le caratteristiche fisiche dell’individuo, bensì il suo abbigliamento. Quell’uomo aveva una felpa granata con una scritta inequivocabile! Quell’uomo aveva al collo una sciarpa altrettanto inequivocabile! “Quell’uomo è uno di noi! Un fratello granata! Quell’uomo, forse, è la mia salvezza!” pensò Mauro. Il giovane vinse la sua atavica timidezza. Si avvicinò all’uomo. Si schiarì la voce.“Scusi….ehm….signore….” disse Mauro.“Dimmi, ragazzo!” rispose l’uomo sorridendo“Lei, per caso, è tifoso del Toro?”“Beh: direi che si vede” rispose l’altro accompagnando la risposta con una risata“Eh….scusi…per caso, dico, per caso, lei sta andando su a Torino per la partita?”“Non è mia abitudine andare in giro vestito così in questa città….quindi sì….sto andando a recuperare la mia macchina e vado su adesso….”“E…senta….visto che volevo andarci anche io, ma ho perso l’ultimo treno….potrebbe mica….”“Hai bisogno di un passaggio? Certo! A patto che tu la smetta di darmi del lei. Mica sono così vecchio.”I due salirono in macchina. Durante il viaggio Mauro raccontò all’uomo la sua storia con dovizia di particolari. L’uomo gli disse di essere torinese, ma di vivere a Genova da qualche anno con la moglie che era di lì. Malgrado questo, continuava a salire a Torino ogni qualvolta la sua squadra giocava in casa. Un matto, ma non  l’unico, pensò Mauro.In un paio d’ore, i due giunsero a Torino. Parcheggiarono la macchina. Alle 2 e 15 erano nei pressi dello stadio. Un amico di Mauro lo stava aspettando fuori con l’abbonamento che aveva lasciato alla mamma. Abbracciò il suo nuovo amico e gli diede appuntamento ad una prossima occasione, visto che lui, a differenza sua,  non andava in Maratona. Ora Mauro era in curva. Le squadre erano già in campo per il riscaldamento. Poca gente. D’altronde era il sabato di Pasqua e molte persone erano via per il week end lungo. Meglio pochi ma buoni, pensava Mauro. Meglio pochi, ma caldi e uniti a sostenere i ragazzi.Mauro guardò la Maratona dipinta del colore più bello. Guardò gli altri tifosi. Sentì qualcuno che ancora parlava piemontese. E provò un moto di grande gioia. Pensò ad Alessandra ed ai suoi amici che si credevano felici là in Sardegna, pieni del loro vuoto e dei loro discorsi inutili. Si chiedeva se un giorno avrebbe trovato una ragazza che lo avrebbe accettato ed apprezzato per com’era veramente. Si rispose di sì, che quel giorno sarebbe venuto: che l’avrebbe trovata. Magari era lì a due passi. Magari era a Genova o da tutt’altra parte. Ma sentiva  che l’avrebbe trovata di sicuro.Mauro sentiva di non essere mai stato così felice in vita sua. E pensava che in quel momento non avrebbe voluto essere in nessun altra parte del mondo che non fosse la Maratona.