Oggi ci scrive Marcello Pasquero* per raccontarci della piacevole giornata in compagnia di alcune vecchie glorie granata, in occasione dell’intitolazione degli impianti sportivi comunali alla memoria dell’indimenticato Mario Sperone.
mondo granata
Giornata a forti tinte granata a Priocca
Doveva essere una domenica di festa, lontano dalle miserie del Torino Fc, lontano dall’Olimpico e dalla passeggiata del Frosinone, l’ennesima, sui cuori granata. E così è stato, a Priocca, in occasione dell’intitolazione degli impianti sportivi comunali alla memoria dell’indimenticato Mario Sperone, nato nel paese cuneese nel 1905. A celebrarlo, una vera e propria “truppa” di vecchie glorie granata, da Claudio Sala a Renato Zaccarelli, da Giorgio Puia a Roberto Salvadori passando per Natalino Fossati ed Angelo Cereser per concludere con Rosario Rampanti e Giuseppe Pallavicini, per un giorno tutti insieme, come non era mai accaduto prima, in terra roerina. A fare da collante tra questi grandi campioni di un tempo, il ricordo del maestro Sperone, a cui si deve, oltre alla scoperta di un numero consistente di talenti granata, su tutti Virgilio Maroso e Mario Rigamonti, l’invenzione del motto “palla avanti e pedalare”, poi ripreso dagli allenatori e dalle testate di tutto il mondo. All’ex tecnico del “Grande Toro” è stata dedicata una targa,apposta all’ingresso del centro sportivo, benedetta dal parroco di Priocca don Antonio Marchisio e dal cappellano granata don Aldo Rabino. Quest’ultimo ha, durante la messa, celebrata nella palestra comunale, rispolverato il ricordo di uno “Sperun” inedito, profondamente cristiano, attaccato ai valori della famiglia e vicino all’ambiente dell’oratorio. Affettuoso e commovente il pensiero lasciato da Angelo Cereser che ha descritto il priocchese come un punto di riferimento importante in seno alla società con presidente Orfeo Pianelli, una guida per tutti quei giovani talenti da far crescere e maturare oltre che come un profondo conoscitore di calcio ed un segugio, infallibile nello scovare campioni in erba. Alla giornata, allietata dalla presenza della banda musicale di Racconigi e dal gruppo folkloristico “I fora d’tuva”, hanno partecipato i ragazzini delle giovanili del Roero Calcio, società nata a Priocca nel 1989 e i Toro Club di Alba (Albagranata e Giorgio Ferrini), di Santo Stefano Belbo (Stefano Marello) e di Nichelino (Giorgio Ferrini), con in testa il presidente Mario Cacciolatto. A fare gli onori di casa, il sindaco Marco Perosino. Numerosi gli amministratori intervenuti nel corso della manifestazione in rappresentanza dei sindaci del Roero, della Comunità Collinare, della Provincia di Cuneo e della Regione Piemonte, con in prima fila il neo assessore, con delega allo sport, Alberto Cirio, al quale i campioni di un tempo hanno chiesto, tra le altre cose, un intervento deciso per sbloccare la questione del Filadelfia. Filadelfia che fu per molti anni la casa di Mario, trasferitosi a Torino da Priocca in tenera età e tra i primi a calpestare la sacra erba di quel campo, fortemente voluto dal conte Enrico Marone di Cinzano ed inaugurato il 17 ottobre 1926. Erano passati due anni e mezzo dall’esordio da titolare in prima squadra avvenuto Il 10 febbraio 1924 in un Torino-Novese 5-0. Tra quel mediano arcigno, roccioso, a volte cattivo ed il pubblico granata fu amore a prima vista. Le cronache del tempo parlano di un coro recitante semplicemente: “Sperun” che come un tuono risvegliava dal torpore l’intera città e suonava la carica sotto la guida di quello che venne soprannominato ed universalmente conosciuto come “Il Mastino”. Con la maglia del Toro, il giovane “Sperun” vinse due scudetti (di cui uno ingiustamente revocato), disputò 137 partite da titolare togliendosi anche la soddisfazione di segnare un gol in Torino-Livorno 4-0 nella stagione 1930/31. Il 17 aprile 1927 esordì in Nazionale nella gara amichevole di Torino vinta per 3-1 contro il Portogallo. L'ultimo incontro che disputò fu Milan-Torino del 29 maggio 1932. Appese le scarpette al chiodo “Sperun” non abbandonò il Toro, fu dapprima osservatore e poi vice-allenatore (dal 1938 al 1942). Alla ripresa dell’attività agonistica, al termine della seconda guerra mondiale, fu chiamato alla guida dell’Alessandria che portò immediatamente alla promozione guadagnandosi la fiducia per tornare alla base e guidare il Grande Toro. Ereditò la panchina da Luigi Ferrero, non facendolo rimpiangere. Correva la stagione 1947-48, tutto il mondo guardava ammirato quella squadra di campioni ad un passo dal divenir leggenda, con al timone il priocchese. Fu subito record, quella squadra segnò 125 reti in 40 partite e si impose con 16 punti di vantaggio sulle seconde (Milan, Triestina e Juventus un trionfo, tenendo conto che la vittoria valeva “solo”due punti) . All’apice del successo lasciò, a malincuore, la panchina granata per accasarsi alla Lazio, inconscio che quella scelta gli avrebbe salvato la vita. C’era anche lui infatti, all’indomani della tragedia di Superga, del 4 maggio 1949, a riconoscere coloro che amava definire “i miei ragazzi” in quella che sarebbe diventata la pagina più nera della storia,non solo del tecnico, ma dell’intero sport italiano. Anche a Roma, in una squadra fino ad allora di seconda fascia, Sperone riuscì ad imporsi, guidò i bianco-celesti per tre stagioni conquistando per ben due volte la quarta piazza e trionfando nel prestigioso trofeo “Teresa Herrera”, una sorta di antesignana Europa League. Stimato ed osannato da tutti, l’ormai affermato tecnico, non seppe resistere ad una nuova chiamata del “suo”Torino che tornò a guidare nella stagione 1951/52 ottenendo una, per nulla scontata salvezza. Salvezza che gli valse la chiamata del Milan di Gren, Nordhal e Liedholm. La stampa meneghina lo ribattezzò “L’uomo di ferro” e vide, sin da subito, nel priocchese il possibile artefice di molti trionfi. Sperone veniva considerato, infatti, all’epoca, l’unico tecnico in grado di disciplinare lo straordinario talento del trio Gre-No-Li. Non tutto andò come doveva, il Milan arrivò terzo, a quattro punti dagli odiati cugini interisti e perse la finale della Coppa Latina contro il Reims. I risultati comunque lusinghieri non valsero a Sperone la riconferma . Per il priocchese iniziò così la fase di lento, ma costante declino con il ritorno alla Lazio (1953-54) ed il passaggio al Palermo in B (1954-55). Un’ultima grande soddisfazione arrivò due anni più tardi, quando il roerino riportò per la seconda volta il piccolo Alessandria in serie A. Nel 1957 lasciò da trionfatore la panchina ed il ruolo di allenatore, tornando a fare l’osservatore per il Torino con grandi frutti fino a metà degli anni Settanta. Nel 1975, la morte prematura di una delle due figlie, aggravò le condizioni di salute, già precarie, di “Sperun”. Qualche mese più tardi il suo Toro avrebbe rivinto lo scudetto. Per un riconoscimento ufficiale dal suo paese d’origine ci sono voluti, invece, 35 anni, ma ora Mario è tornato, da trionfatore, a Priocca, da dove poco più di novant’anni fa partì, con una valigia piena di speranze, alla conquista del mondo.*Marcello Pasquero, 28 anni, ha iniziato a collaborare con "Il Corriere delle Langhe e del Roero" nel lontano 1996. Ha collaborato dal 2007 al 2009 con "Sprint e Sport". Attualmente collabora con "Gazzetta d'Alba", "Tutto Calcio Piemonte", "Idea Sport".
© RIPRODUZIONE RISERVATA