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Giustizia è fatta

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di Marco Peroni
Redazione Toro News

Finalmente. L’Inter ha vinto lo scudetto, meritatamente e senza colpi di scena. Un uomo seduto su una petroliera è riuscito nella cosa più ordinaria che ci sia: fare vincere il campionato alla propria squadra di calcio, dilapidando un patrimonio che, semplicemente, gli altri non avevano. Cosa ci sia di così speciale in tutta questa storia, dio lo sa. Per tanti anni, ad investimenti smisurati, continui cambi di allenatore, formazioni da play station, non è seguito un benedetto tubo. Una serie infinita di estati promettenti, poi di nuvoloni all’orizzonte, e infine di promesse tradite. Senza contare i match ball falliti per colpa di se stessi e basta. Certo, erano tempi in cui il calcio era condizionato a sfavore: ma con una migliore organizzazione societaria, una dirigenza competente e un briciolo di tranquillità interiore, tutto questo capitale avrebbe dato ben altri frutti. Insomma, nel bene e nel male, l’Inter è stata arbitro del suo destino, e non c’è mai stato alcun risvolto mistico, epico, tragico, romantico nella sua storia recente: al massimo, si può parlare di un po’ di nevrosi. L’apparato esistenziale costruito in fretta e furia dai tifosi interisti per giustificare al mondo e a se stessi le proprie sconfitte, aveva francamente del ridicolo. E anche dell’usurpatorio, considerato che, per anni, sui tram, nella pause caffè in ufficio e alla televisione ci è toccato assistere a monologhi di gente nata con la camicia che ostentava “sofferenza” come il più retorico dei pensionati del Fila. Ce li siamo ritrovati in casa, questi ricchi sfondati che cantavano il blues. Certo, la differenza tra il pivello e il veterano, tra la telenovela e il romanzo, tra Anche i ricchi piangono e Belli e dannati è sempre stata sotto gli occhi di tutti. Ma loro hanno continuato annoiando l’Italia con i loro capricci per un sacco di tempo. Parlavano di grandi Emozioni senza che nessuno di loro avesse mai davvero sentito il sapore della fine; senza che nessuno di loro si fosse mai seduto per terra in una piazza, una notte d’agosto con una sciarpa di lana al collo, per sapere se la Storia avesse visto il domani; senza che nessuno di loro avesse mai avuto un Tempio in cui andare ad ascoltare un po' se stesso.Per questo sono stato felice (beh, non esageriamo) della vittoria interista.

Giustizia è fatta, e ognuno a casa sua.

Un abbraccio a tutti, Marco