mondo granata

Gobzilla

Gobzilla - immagine 1
di Mauro Saglietti
Redazione Toro News

Gobzilla, per molti solo un nome. Eppure fu lui sin dall’inizio.Da quando ci si accorse della sua presenza.Cosa capitò realmente?Si dice che il primo a vederlo, una lontana notte, fu un uomo terrorizzato che scappava per una via del centro gridando che “stava arrivando un mostro”, una bestia enorme che schiacciava tutto quanto trovasse. Nessuno ovviamente lo prese sul serio, tranne due passanti che tentarono invano di calmarlo. Fu ritrovato il giorno seguente vicino al fiume, spappolato, come se un’enorme forza lo avesse schiacciato contro il suolo.Fu così che cominciò.A ben pensarci però, la presenza di Gobzilla, aveva aleggiato da sempre, e solo quando fu forte abbastanza riuscì a manifestarsi anche fisicamente.Dopo quella sera in tanti cominciarono a vederlo o ad avvertirne la presenza.C’era chi diceva di aver intravisto un’ombra gigantesca, chi due occhi luminosi che trafiggevano il buio di luce fredda. Chi ancora un alito di vento gelido quasi fosse un respiro, chi una voce di ghiaccio, chi qualcosa che assomigliava tanto ad un mostro preistorico.Gobzilla.Nessuno ricorda con precisione da dove saltò fuori quel nome.Però fu lui sin dall’inizio.E poi, se possibile, fu peggio.Per tanti anni, forse per decenni.

 

LA SIGNORA EGADON- Ciao bella bambina… Come sei diventata grande! – disse la signora Egadon alla piccola Lisa – E’ proprio bella, sta crescendo… sana! Di principi sani! – la donna sorrise con falsa euforia alla nonna di Lisa, mentre l’ascensore esterno color argento si sollevava velocemente verso gli appartamenti del residence grigio.La nonna strinse la mano della piccola nipote di quattro anni. Cercò di fare il vuoto di pensieri di fronte a quella donna dallo sguardo fintamente cordiale ma dalle fessure degli occhi calcolatrici e di ghiaccio.Quali erano le risposte previste per una simile domanda?La nonna ne scelse una dalle cinque messe a disposizione del nuovo Codice.Prese coraggio e parlò facendo il vuoto di mente.Senza sorridere. Lei non sorrideva più da tanto tempo.- Certo signora. Il prossimo anno frequenterà il corso di Educazione Mentale presso i Centri Produzione Video. Siamo tutti molto soddisfatti di lei e speriamo diventi fonte di prosperità e orgoglio per il nostro Paese.La signora Egadon sorrise annuendo con la testa, con un malcelato fondo di crudeltà.La nonna di Lisa la odiava.Sapeva bene che tre anni prima era stata lei a far portare via sua figlia ed il marito, i genitori di Lisa, dai Rieducatori.La vecchia chiuse gli occhi cercando di scacciare il ricordo di quella notte, dei rumori improvvisi nell’appartamento di fianco al suo, del pianto di Lisa, di appena un anno.- Ho lasciato dei pensieri per Lisa alla baita! Trovali! Era stato il grido della madre di Lisa, prima che le porte dell’ascensore color argento si richiudessero.L’ultima volta che l’aveva vista.La signora Egadon doveva aver intuito qualcosa dagli sguardi dei due giovani coniugi, i loro pensieri d’amore, la loro voglia di vivere, il ricordo del passato, la loro voglia di libertà.Così aveva avvertito l’Ordine Nazionale.Ne era sicura.Non aveva potuto far nulla, se non vegliare da quel momento in avanti sulla piccola bambina.Pensò ad altro, affinché i satelliti e i traduttori di pensiero ostile non afferrassero quel concetto rabbioso che bramava vendetta. - Cosa abbiamo qui… oh! Un bel blocco da disegno! Ma allora tu devi essere un'artista, piccina… tua nonna ti ha spiegato chi erano gli artisti? – esclamò in modo perfido la signora Egadon - Che cosa disegni? Mi fai vedere le tue matite? Ooooh. Tutte grigie, brava…!- Ho fatto un fiore! – esclamò la piccola Lisa, dalle guance paffutelle, guardando dritto negli occhi la donna, con un piccolo broncio sul viso ingenuo.- Lisa ha una predilezione per i fiori belli e ordinati – disse la nonna, pregando che i piani scorressero nella velocità della tecnologia, e cercò di scostare Lisa dagli occhi dell’arpia. La Egadon però non mollò la presa.- Fammi vedere… quanti fiori! Che bello… - la donna sfogliò il blocco fino all’ultima pagina.E vide l’ultimo disegno.Solo in quel momento anche la nonna se ne accorse.L’ultimo fiore, quello che Lisa aveva disegnato nel tragitto verso casa, di ritorno dalla scuola dell’Applauso.Aveva sempre sperato e temuto allo stesso tempo che sua nipote fosse una bambina speciale. Lo aveva capito da come si stringeva a lei di notte, dicendo di aver visto un mostro fuori dalla finestra che camminava sulla città.Ma prima di vedere quel petalo, non si era resa veramente conto che Lisa fosse realmente speciale.L’anziana donna ormai non riusciva quasi più a vedere i colori, tanta era stato potente il processo di propaganda mentale dell’Ordine di Gobzilla.Ma capì, seppur dietro ad una pagina opaca, che quel petalo era colorato.Lisa era riuscita a farlo con le sue matite grigie.La signora Egadon fissò a lungo quel disegno che percepì come contrario all’ordine, non riconoscendolo nella scala di grigi ufficiale.- Bel petalo… - disse, accarezzando la bambina. Poi si sollevò e piantò in faccia alla nonna di Lisa le sue fessure fredde e calcolatrici e disse con voce gelida – A presto….

 

LA BAITALa nonna di Lisa serrò la porta grigia, sconvolta e strinse la nipote al petto.Dovevano partire, al più presto.Aveva sempre temuto un momento simile.Scaricò i pensieri su un lontano luogo di mare, dove un tempo andavano tutti insieme.Pensò soltanto a quello, per sviare satelliti e Volontari.Mentì a Lisa sulla destinazione del loro improvviso viaggio, attese con impazienza il buio e poi scese fino al suo vecchissimo veicolo, quello ancora senza localizzatore.Viaggiarono tutta la notte per confondere i pensieri, apparentemente senza destinazione, e solo verso mattina la nonna indirizzò il veicolo verso la montagna.- Nonna… perché tu non sorridi mai? – le chiese Lisa, intontita dal sonno mentre si avvolgeva nella coperta sul sedile posteriore.- Dormi Lisa… dormi, ti prego…

 

Le prime luci del mattino sapevano di antichi ricordi che era meglio lasciar dormire nel sonno della notte.Non tornava alla baita da almeno tre anni, da quando sua figlia e il marito erano stati portati via da pochi giorni.All’epoca aveva trovato la baita devastata. I Volontari erano arrivati anche lì.

L’avevano frugata da cima a fondo alla ricerca dei “pensieri per Lisa”. Chissà se li avevano trovati? Chissà che cos’erano veramente quei pensieri, che sua figlia, aveva detto di aver lasciato?Scacciò i ricordi che arrivavano ad ondate e cercò di respirare l’aria pura di quel luogo.

 

La baita era un posto particolare, da lì si poteva ancora scorgere il cielo, che non era stato ancora riempito dai messaggi pubblicitari, da immagini comportamentali montate vorticosamente, e i satelliti sembravano fare cilecca con le loro ricerche multiple.La donna camuffò ancora una volta di proposito i pensieri. A quell’ora i Volontari probabilmente erano già stati avvisati… e prima o poi sarebbero inevitabilmente arrivati lì.Nessuno sapeva che lei poteva nascondere, parzialmente i pensieri. Solo parzialmente. Non aveva mai avuto la fortuna di poterli nascondere totalmente. Ci fosse riuscita avrebbe potuto fare di più per combattere l’Ordine. Erano rimasti in pochi a poter nascondere i concetti nella mente. E quei pochi, probabilmente, neanche lo sapevano. I colori dei prati erano smorti e tendenti al grigio. La nonna di Lisa sapeva che era solo la suggestione indotta a farglielo credere.Così funzionava il mondo di Gobzilla. Ti convincevano che fosse normale che gli unici colori fossero i suoi, fino a quando ti dimenticavi di quelli veri e delle emozioni legate ad essi. Così eri condannata a non pensare più ai tuoi ricordi, altrimenti ti avrebbero scoperto. Come era già successo.

 

Spostò lo sguardo verso la vecchia costruzione di pietra.La vecchia baita… il portico e la panca di legno. Involontariamente le tornarono alla mente gli anni trascorsi col suo compagno e le serate trascorse a sentire il rumore della cascata lontana.L’immagine del Piccolo Sole che arpeggiava gli accordi di quella canzone, seduti su quella vecchia panca di legno, si affacciò impetuosa.

 

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Quanto tempo era trascorso dall’inizio degli anni settanta? 60 anni? Di più? Lui aveva i capelli lunghi e biondi. Era un ragazzo radioso come il sole, che credeva nella libertà.E lei lo chiamava “Il mio Piccolo Sole”, perché in fondo era sempre stato un bambino. Non avevano mai voluto sposarsi, non si può sposare un bambino. Un sorriso, un’ideale, una canzone, tanto bastava per loro due. Le tornò in mente il vestito bianco che lei indossava un giorno, quando lui aveva iniziato gli accordi della canzone che le cantava spesso, accompagandosi con la chitarra scordata. Lui aveva iniziato a muovere le labbra, per cantare, ma dalla sua bocca non era uscito alcun suono, come in uno strano playback.- Cosa fai? Ti sei dimenticato le parole? – gli aveva chiesto, passando una mano dietro le sue spalle.- Sto cantando per te, tesoro, non mi senti? …Tu credi in un mondo migliore? – le aveva chiesto improvvisamente.Lei aveva sorriso, sorrideva sempre un tempo. Aveva aspettato che lui terminasse la sua canzone fantasma e poi si erano baciati su quella panca, circondati dal verde incandescente dei prati.Il suo Piccolo Sole se ne era andato troppo giovane, con tante idee incompiute, lasciandole però la loro adorata figlia.Si maledì per essersi attaccata a un ricordo così forte.Se avessero avuto ancora qualche dubbio, ora avrebbero saputo dove dirigersi a colpo sicuro.L’anziana donna diede un’occhiata a Lisa, che stava inseguendo alcune farfalle.A Gobzilla non interessavano gli ibridi, quelli sarebbero stati sicuramente isolati dalla sua macchina per la propaganda cerebrale. Lui e i sui Volontari volevano i puri, quelli che avevano pensieri propri e che erano impermeabili alla sua influenza e alle idee preconfezionate.Volevano Lisa, prima che potesse diventare un pericolo.La donna sospirò affranta. Doveva darsi da fare e cercare qualcosa che probabilmente non esisteva neanche.Ho lasciato dei pensieri alla baita per Lisa! Trovali!Si incamminò verso l’uscio.Lisa le sorrise: - Guarda nonna, ho fatto un fiore! – disse la bambina, indicando il suo album da disegno.

 

- Il tempo qui dentro sembra essersi fermato… - disse la donna entrando, dando un’occhiata al locale polveroso. Gli oggetti familiari di sempre, il tavolo di legno, il divanetto, la chitarra del Piccolo Sole, ormai dimenticata in un angolo. Niente elettronica, onde elettromagnetiche, che parevano deviate dalla semplicità del luogo.Si sentiva stanca e provata. Che cosa cercare? Qual’era l’oggetto della sua ricerca?

 

 La bimba guardò la nonna con occhi muti e impauriti:– Nonna! Perché siamo qui? Perché hai paura? Hai paura… del mostro? Quello che vedo tutti i giorni? Ti difendo io… a me non fa paura! Non vuoi vedere il mio fiore?La nonna abbracciò la bimba senza dire nulla.Fece sedere Lisa sul vecchio divanetto con la stoffa a scacchi e le preparò una tazza di the caldo. Ce l’avrebbe fatta a raccontarle tutto?Se solo avesse potuto unire l’esperienza attuale con l’energia di tutta la sua vita, forse avrebbe saputo come confondere i propri pensieri in modo tale da riuscire a raccontare senza farsi individuare.Non aveva né scelta né tempo.Ci provò sperando che funzionasse. - Ascolta, Lisa, devo raccontarti una storia…- E’ una favola, nonna? - No, piccola mia. Non è una favola purtroppo. E’ una storia che comincia tanto tempo fa e voglio che tu la sappia perché non so se ci sarà una seconda occasione per potertela raccontare…Poi la donna cominciò a parlare.

 

GOBZILLA- Un tempo la città che abbiamo appena lasciato era felice, piacevole, elegante ma anche molto strana.Ci vivevano le persone del Bene, che sembravano vivere dell’energia invisibile che il posto regalava loro. Adoravano la loro terra, il fiume, la collina e vivevano sereni, si sentivano come in una famiglia. Un giorno trovarono il modo di unirsi e di incanalare quella grande energia che nasceva dal sottosuolo e che rischiava di disperdersi in superficie. Trovarono un simbolo… Un Colore nel quale riconoscersi. Era una cosa così bella… qualcosa che ti faceva sentire giovane, che ti faceva venire voglia di vivere… Era il piacere di stare insieme a tante brave persone. Divennero forti e furono uniti in anni terribili.Ma la città aveva sempre avuto una strana caratteristica: per ogni cosa positiva che nasceva se ne generava una opposta, quasi simmetrica.Forse in pochi posti al mondo c’è stata una lotta così intensa tra Bene e Male come in questo luogo. Alla gente del Colore, si contrapponevano gli “Altri”, quelli che non percepivano alcuna energia e che anzi, gradivano a stento la presenza della fazione opposta.- La bambina ascoltava con i gomiti appoggiati sulla tavola, di fronte alla tazza di the fumante.- Le forze in campo si contrastavano e il Colore era più bello, forte e vero. Sembrava quasi che per la città si profilasse un futuro sereno e di grande felicità… ma il destino tesseva la sua perfida tela.- Cosa capitò, nonna?- Capitò una tragedia che mise in ginocchio quella gente, già provata da guerre e patimenti. L’energia che attraversava la città però… quella no! Non cessò mai di scorrere e di dare forza e voglia di vivere alle persone che la sapevano percepire. E la gente del Colore si rimboccò le mani ancora una volta… era nel loro carattere.Così il Colore si riorganizzò ancora una volta e tornò ad impensierire gli “Altri”, che nel frattempo avevano a lungo creduto di avere vinto la battaglia per il possesso della terra.Fu una grande riscossa, gli anni della rivincita del Colore furono anni di festa popolare e di energia positiva, finalmente lasciata libera di fluire.

 

Le cose stavano cambiando anche nel mondo, non solo qui da noi.Erano anni di fervore culturale, la gente si informava, voleva cambiare il mondo, si andava incontro ad una grande apertura mentale. Si cantava, si ballava, si correva tutti insieme. La grande vittoria del Bene, nella nostra città, non poté che essere il culmine e la conseguenza diretta di quello spirito.La donna fece una pausa cercando di trattenere la commozione.- In quegli anni io e tuo nonno trascorrevamo le giornate estive qui, tra questi boschi. Non andava di moda, ma noi avevamo questa vecchia, vecchia casa. Non avevamo grandi pretese e per noi due andava bene. Poi, quando pensavamo che non sarebbe più arrivata, nacque tua madre. Non eravamo più giovanissimi e accogliemmo come un dono quella marmocchietta che correva su e giù per questa casa. Quando era piccola, tua madre si sedeva spesso a quella finestra – indicò una finestrella con un vecchio scrittoio, dalla quale si intravedeva la lontana coltre grigia della città, dalla quale spuntavano, perenni corpi estranei, i recenti grattacieli, uno più alto dell’altro.- Era bella la mia mamma, nonna? Io… non me la ricordo più…- Tua madre era bellissima... tesoro… era un fiore come te. Aveva tanto talento…D’estate sedeva lì su quella sedia e dipingeva i prati e le farfalle che vedeva oltre quella finestra… La donna spostò lo sguardo sulle quattro farfalle che si inseguivano e che sembravano voler entrare nella baita.Poi riprese il discorso

 

- Gli Altri – proseguì l’anziana donna - tenuto conto dell’impossibilità di primeggiare con la loro sola forza, pensarono di organizzarsi in maniera più subdola. Si trasformarono in qualcosa di peggio, nel Male.E visto che avevano contro quasi tutta la città, decisero di far cambiare la città stessa, stravolgendo il suo aspetto e la sua cultura, barando alle regole del gioco, facendosi forza del grande potere economico a disposizione.Il Colore ne soffrì, rischiò di scomparire, si ritrovò a contare i sopravvissuti.Sopravvisse a lungo indebolito, mentre il Male prendeva il sopravvento e cercava in ogni modo di eliminarlo.Poi un giorno purtroppo il Male fu sufficientemente potente da prendere forma fisica e si condensò.Comparve Gobzilla.

 

Noi, ingenui – proseguì l’anziana donna - credevamo che Gobzilla fosse solo qui in questa città, ma ben presto dovemmo ricrederci… Gobzilla non aveva terra… abitava ovunque esistesse spazio per lui. Era qualcosa di più vasto. Era oppressione, terrore e omologazione verso il basso.In fondo era sempre capitato così, i segnali premonitori di quello che sarebbe capitato c’erano tutti da tempo.Gobzilla era potere, Gobzilla distruggeva. Se tenevi in basso i tuoi pensieri, potevi resistere, ma se cercavi di elevarti eri destinato a soccombere.Potevi non vederlo per giorni, ma potevi stare sicura che prima o poi sarebbe tornato a distruggere.Si diceva che avesse zampe larghe ed enormi, con le quali schiacciasse sotto il suo peso cose e persone, affinché niente si elevasse.Ogni tipo di potere però ha bisogno di una corte - proseguì.- Quasi subito si formarono organizzazioni spontanee in onore del mostro, composte da persone volenterose di sottomettersi a quella forma di potenza, per paura o ruffianeria. Si formarono i Volontari, la milizia scelta di Gobzilla, personaggi che non venivano pagati, ma che potevano vantarsi, a dire oro, dell’alto onore di servire il loro padrone, che veneravano.Avevano però la loro bandierina con gli sponsor da sventolare e si sentivano contenti.Nacquero anche i Battimani, detti anche Clap-clap o Anti-silenzio.Erano spuntati come funghi negli ultimi anni, forse ben prima dell’arrivo di Gobzilla.Erano persone che si sentivano in dovere di battere le mani ad ogni costo, in qualsiasi situazione.Battevano le mani ai funerali… col loro clap clap continuo, battevano le mani anche nei minuti di silenzio, oppure in quella che chiamavamo televisione… trasmissioni intere con clap-clap continui ed incessanti, un autentico tappeto infinito di applausi che facevano rumore e coprivano il niente, entravano nelle orecchie e ti stordivano. Oppure battevano le mani a chiunque avesse potere e si sospettava fosse nelle grazie di Gobzilla.Ma Gobzilla non aveva amici. Non poteva averne.

C’erano poi le Ragazzine sculettanti, giovani donne disposte a sculettare vorticosamente pur di apparire per un istante con personaggi della corte di Gobzilla. Infine c’erano i Pappagalli.Li chiamavamo i “Ripetitori”, quando ancora potevamo farlo, quando si poteva parlare o pensare senza pericolo di… essere ascoltati.Erano quelli che ascoltavano un concetto alla televisione e poi il giorno dopo lo ripetevano come se fosse loro, e lo dicevano agli altri come verità. Si aggiravano per la città ripetendo la lezione, anche a se stessi. Anche se non la capivano. Non si sentivano forti dei concetti, ma del loro suono…La nonna di Lisa bevve una sorsata di the, prima di proseguire il suo racconto.

 

Nello stesso istante, chilometri più a sud, la signora Egadon aveva appena finito di comunicare con il Centro di Raccolta dati, da un posto pubblico.Strizzò lo sguardo verso il marito, che l’attendeva nel veicolo.- E’ fatta – disse - … sapevo che quella bambina nascondeva qualcosa. Assomiglia troppo a sua madre per essere normale Dici che questa volta ci verrà in tasca qualcosa? Non dico che mi aspettassi un riconoscimento pubblico dopo l’altra volta… almeno un piccolo premio… un’immagine proiettata su uno schermo… ehi guarda… Guarda!Un’ombra oscurò il cielo.- Guarda… è lui! E’… è Gobzilla! Forse starà già andando a prendere quelle due!La donna scattò fuori dal veicolo e, sventolando il suo distintivo di appartenenza ai Clap-clap, cominciò a battere le mani entusiasta mentre raggiungeva la folla ai lati della strada.Giganteschi video erano installati sui palazzi e le immagini di Gobzilla e della folla erano proiettate anche sul cielo. La processione del mostro era accompagnata dall’assordante frastuono di una musica elettronica che ripeteva incessantemente il suo TUM-TUM-TUM, al ritmo del quale la folla si dimenava, sotto i coriandoli che scendevano copiosi dalle case.C’erano tutti, i Volontari, i Pappagalli che ripetevano gli slogan, le Ragazzine sculettanti che si davano da fare sculettando. - Sculetta figlia mia, sculetta – dicevano le madri ansiose – che magari ti notano! Guarda, ti stanno inquadrando… sculetta, sculetta più veloce! – E loro sculettavano.Nessuno vedeva in Gobzilla un mostro. C’era chi credeva di vedere una bella donna, uno sportivo, un uomo potente e ricco al quale affidare il proprio destino.Per la signora Egadon, Gobzilla era un uomo bellissimo, l’uomo forte che non aveva mai incontrato in gioventù, era la guida astuta che l’avrebbe fatta diventare ricca e famosa…era…L’ombra creata dai passi del mostro si fece sempre più ampia e sempre più vicina, fino ad oscurarle la visuale mentre stava applaudendo.Un’istante prima che la gigantesca zampa calasse su di lei, la bestia si rivelò per quello che era e lei riuscì a vederne per un istante le scaglie squamose e viscide, sempre più vicine.L’istinto la fece ancora applaudire.Clap clap, fece stupita, prima che il collo le si spezzasse e gli occhi le esplodessero sotto l’enorme pressione.Il mostro, che si stava allontanando dalla città, schiacciando qualsiasi cosa trovasse, non si era neanche accorto di lei. La gente tutto intorno continuò ad applaudire entusiasta e a guardarsi sui video installati sui palazzi, facendo “ciao” con la manina, fingendo di non accorgersi delle persone schiacciate da Gobzilla, sacrifici necessari e inevitabili per l’Immenso.

 

- Le cose peggiorarono sempre di più e quasi tutti persero la capacità di pensare – riprese la nonna di Lisa – e affidarono così il proprio destino alla volontà di Gobzilla.Tuo padre e tua madre invece erano diversi.Subivano l’influsso incessante della propaganda mentale, erano impauriti dall’aspetto di Gobzilla, ma sapevano che il mondo era diverso. Era il loro amore a dirglielo. Sentivano che tu eri speciale… dicevano che tu eri il loro fiore e volevano portarti via… regalarti un mondo diverso… non hanno fatto in tempo… Chi non si adatta al pensiero grigio di Gobzilla viene portato via… la gente è meschina, piccola mia…- Che storia triste! –disse ingenuamente Lisa disegnando un altro fiore.La nonna sospirò guardandosi attorno.Se veramente c’era qualcosa di nascosto lì attorno, la loro unica speranza era trovarlo.Tanto valeva darsi da fare.

 

A metà pomeriggio il vento soffiava impetuoso dai monti.Lisa giocava sotto il portico, mentre la nonna cercava qualcosa senza fortuna nel vecchio orto.D’un tratto una nuvola più grande delle altre attraversò il cielo.Per un attimo la nonna credette di essere tornata in città, dove il grigio del cielo era spesso solcato da messaggi e da immagini che tramutavano il giorno in notte.Quella però non era una nuvola.Lo avvertì quasi subito e lo sentì insinuarsi nella propria mente e nei propri pensieri. Il respiro le diventò immediatamente affannoso ed il cuore prese a battere all’impazzata.Si voltò. Non poteva vederlo, ma lui era lì. Non aveva mandato i suoi sgherri.Era venuto di persona.Lunghe strisce di erba dei prati circostanti si piegavano come schiacciate dal peso di grandi e invisibili zampe che si avvicinavano. Credette che il cuore potesse fermarsi lì e che il mostro l’avrebbe schiacciata, invece sentì rimbombare una voce gelida e senza inflessione dentro di sé.

 

Dammi la bambina

 

Sentì la presenza che le frugava la mente cercando informazioni. Fu come sopraffatta, poi pensò a Lisa, che stava raccogliendo farfalle di fronte alla baita.

 

Chiamala. Dille di smettere la caccia alle farfalle. E’ inutile! Falla venire qua. Fallo o ti uccido!

 

La volontà dentro di sé continuava a insinuarsi e a comandarle i pensieri, così come aveva già fatto con tanti.

- Prendi me! Non mi importa se mi uccidi, ma lasciala stare! – pensò la donna con la parte di mente non ancora invasa dal mostro.

 

Chiama la bambina!

 

Perché non la prende… Perché dice che devo essere io a chiamarla…? Improvvisamente tutto le fu chiaro. Gobzilla non poteva manipolare la bambina. Lisa era forte e pensava da sola! Non sarebbe mai riuscito ad entrare nei suoi pensieri. Lisa non aveva bisogno e non voleva qualcuno che pensasse per lei.La donna cercò di buttare qualche immagine mentale qua e là per confondere il mostro, ma il cuore cominciò a batterle all’impazzata.

 

Basta con i tuoi giochetti, vecchia. Non puoi resistere a lungo. La porterò con me e nessuno le farà del male. Vedrai che starà bene dove andremo. – il tono della sua voce diventò crudele e imperioso, ma aveva la temperatura del ghiaccio – Chiamala ora! Oppure la faccio uccidere dalle tue mani!

 

La vecchia traballò, poi le gambe le cedettero e si ritrovò per terra, sopraffatta dall’entità che le stava facendo scoppiare il cuore.- Nonna!Sentì una voce più in là nella testa.Si voltò, sotto il peso del mostroLisa era sul ciglio della baita, che la guardava spaventata stringendo il suo blocco da disegno. Le farfalle svolazzavano intorno a lei, ma ora il suo sguardo era atterrito.Vede… Sta vedendo Gobzilla, pensò la donna, cercando di prendere fiato e nascondendo i suoi pensieri sempre più debolmente. 

 

- Nonna! Lisa vide la nonna a terra e le fauci dell’enorme mostro aperte poco di fianco a lei in un ghigno malefico.Non sapeva cosa fare, non aveva paura per se stessa, ma per la nonna.

 

Dille di venire qua, dille che deve venire con me. Convincila!  Fallo! O te la faccio uccidere! Non ci credi?

 

La vecchia donna vide la bambina che stringeva il blocco da disegno sotto il braccio mentre i lacrimoni le scendevano dalle guance e le farfalle continuavano a volarle intorno. E provò improvvisamente odio per lei. Un odio profondo che avrebbe potuto farla alzare e farle porre fine a quel pianto fastidioso, se solo avesse potuto metterle le mani attorno al collo…Il cuore quasi le si spezzò, quando una parte di lei si riscosse dall’incantesimo.Provò una lontana pena, rabbia e vergogna per se stessa, la mente ormai completamente preda dell’essere.

 

Hai visto? Vuoi ucciderla davvero? Chiamala e sarà salva. Mi serve viva. Ti assicuro che starà bene con me. La sua energia deve essere incanalata. Chiamala ora!!!

 

La povera donna cominciò a piangere e allungò, stesa a terra, la mano verso la piccola nipote. Non poté opporsi a quella volontà così forte che gli stava ottenebrando la mente.- Vieni Lisa. Lui non è… cattivo… ti porterà in un bel posto… non devi avere paura, non ti farà del male… Fidati di me…L’ultimo barlume di se stessa si odiò per essere stata costretta ad attirare in trappola la nipote. Si lasciò andare sul fianco, mentre la piccola cominciava lentamente a camminare verso lei e il mostro con lacrimoni sempre più copiosi. La sua coscienza venne meno e pensò a quanto fosse strano morire lì.Lì dove tutto era stato sereno, dove la madre di Lisa aveva dipinto i suoi paesaggi e le farfalle.Tutto era così strano ora… la baita, i prati le farfalle attorno alla bambina…. Un pensiero rimasto libero le disse che qualcosa le stava sfuggendo dalla mente.

 

Ho lasciato dei pensieri per Lisa.I quadri di farfalle che sua figlia dipingevaHo lasciato dei pensieri per Lisa.Le farfalle.

Il pensiero estremo e potentissimo della donna si liberò per un istante del mostro – Lisa! Le farfalle! Fai un fiore! Fallo colorato. Fallo subito!

 

Cosa fai? Cosa vuol dire? Stupida, stupida donna! Dille di smettere! Dille di smetterei!!!Gobzilla, colto dalla sua furia, strapazzò il cuore della povera donna, schiacciandolo con violenza.Ma Lisa aveva già cominciato.

 

Disegnò un cerchio con le matite e lo riempì velocemente, avvertendo la rabbia di Gobzilla che si tramutava in odio.- Ho fatto un fiore! – disse Lisa.Era un fiore giallo, solo lei poteva vederlo. Una delle quattro farfalle, quella di colore giallo, si posò sul fiore.Il mondo si riempì di gialloE poi di blu, quando Lisa ebbe disegnato il secondo fiore sul quale andò a posarsi la seconda farfalla. Il mondo giallo si mischiò con il colore blu che cominciò a colare come vita, generando il verde dimenticato di prati e alberi e restituendo respiro al cielo.Lisa disegnò un terzo fiore, rosso, e poi un quarto verde, sul quale andarono a posarsi le ultime due farfalle, scatenando una tempesta di colori.Lisa cominciò a ridere felice, mentre il mondo esterno diventava finalmente quello dei suoi pensieri e tutto acquistava profondità e sfumature che sapevano di fantasia , come aveva sempre desiderato.Sentì il grido di rabbia e di dolore di Gobzilla che scuoteva la testa rabbioso. Sulla sua pelle si erano aperte delle piaghe, quasi i colori lo ferissero. Lisa si mise a correre per aiutare la nonna…Proprio in quel momento però, il mondo si fermò.

 

Tutto era immobile e silenzioso.Gobzilla, la nonna, i prati. Persino il vento che scendeva dai monti si era placato.L’unico suono fu un fruscio dell’erba proveniente dal pendio alla sua destra.La piccola si voltò.Una figura femminile eterea e sorridente e dai tratti stava camminando verso di lei. Il sole, alle sue spalle proiettava un alone dorato tutto intorno al suo contorno indistinto. Tese le braccia verso la piccola.

 

- Sei tu la mia mamma?- Sì, amore mio, sono la tua mamma, anche se non sono reale, piccola mia.- Sei bellissima mamma… ti ho pensato tanto…guarda! Ho fatto dei fiori!- Sono bellissimi, tesoro, sono i fiori più belli che abbia mai visto. Vorrei poterti abbracciare come una volta ma … io sono solo un’immagine… purtroppo. – sebbene la mano della donna fosse incorporea, Lisa ne percepì il calore mentre prendeva la sua.- Dove mi porti, mamma? - A fare un viaggio, tesoro.- Un viaggio? Ma la nonna sta male. Il mostro la sta…La madre di Lisa guardò la figlia con tristezza tremante.- Vieni amore mio… devo insegnarti il colore più bello di tutti… poi potrai tornare quiLa mamma la portò con sé.Quando Lisa tornò, non era passato che un piccolissimo istante, che a lei però era parso lungo come una vita.Ora conosceva tutti i colori.

 

La bimba corse con rabbia verso il mostro, ferito, che continuava a poggiare la sua enorme zampa sulla nonna inerme. Si piazzò di fronte alle fauci spalancate del mostro e ne percepì la paura.Gobzilla aveva paura della bambina.Non farlo. Potrei distruggerti con un solo morso se volessi.- Io ho fatto un fiore! – disse cocciuta la bambina.Cominciò a pensare.Pensò a tutto quello che aveva imparato. E scagliò contro il mostro le immagini di una vita.

Dei giovani che si abbracciavano, una rete segnata all’ultimo minuto su calcio d’angolo, due mani che si stringono in un parco, la nascita di un bimbo, una marcia in migliaia di persone dietro ad un’ideale, l’assolo di una canzone che non finisce mai, una telefonata che arriva, la volta stellata ammirata a bocca aperta, l’urlo di un gol… e poi pensieri, pensieri e ancora pensieri, confusi con ricordi collettivi di libertà, che si tramutavano in fiori colorati e si abbattevano sul mostro.Uno dopo l’altro colpirono Gobzilla, che urlò di dolore e di rabbia infuocandogli la pelle e facendolo ululare di orgoglio ferito.- Io ho fatto un fiore! – continuò a dire la bambina sempre più forte. Gobzilla indietreggiò spostandosi dal corpo della nonna, ruzzolò, scosse la tesa.Poi scappò.Scappò verso la città con la poca forza rimastagli, saettando come un dardo di fuoco scagliato da un arco, lanciando verso il cielo ululati rabbiosi che rimbombarono sconfitti fino a spegnersi.Lisa però non vide tutto quello.Era adagiata sul corpo della nonna, con le lacrime che bagnavano quel mondo di colori.- Nonna… Nonna… rispondimi… perché non ritorni… guarda…! Io ho fatto un fiore! Nonna, ti prego… non lasciarmi…!

 

GREEN IS THE COLOURVenne svegliata da una musica.Aveva la veste bianca che indossava quel giorno.Ed era di nuovo giovane, poteva vedere la pelle fresca e non più raggrinzita delle sue mani.Il pendio verde accanto alla baita era invaso dal sole del pomeriggio ed il vento portava le note di una canzone lontana.Una voce melodiosa si levava poco lontano e portava con sé versi di un tempo andato.

 

Heavy hung the canopy of blueshade my eyes and I can see youwhite is the light that shines trough the dress that you wore

 

Guardò sotto il portico. Il suo Piccolo Sole la guardava e cantava sorridendo come quel giorno.Questa volta però ne udiva la voce, che non era più muta.Si incamminò verso di lui e gli si sedette accanto…- Piccolo Sole… cosa fai qui? Sei venuto a prendermi?- Sto cantando per te, tesoro, non mi senti? Io quel giorno suonavo per te… perché tu potessi sentirmi ora… - Sorrise. Aveva sempre sorriso.- Ma io sono…- Sono venuto a svegliarti, non a portarti via – disse il Piccolo Sole continuando a suonare, mentre la luce si faceva più calda. – Vedi quella pianta laggiù…? Devi aggrapparti a lei, con tutta la forza che hai…- Io… io non ce la faccio… perché?- Devi farcela, amore. E’ la pianta di Lisa, quella dei suoi fiori. Aggrappati e lei ti porterà da lei.- Ma…Il piccolo sole la baciò – Fallo per me… ti prego.Lacrime calde scorrevano sul viso della donna.- ...Ci rivedremo, Piccolo Sole?Il ragazzo le sorrise, mentre lei stringeva con forza la pianta lì vicino.Si dissero arrivederci con gli occhi.Poi la pianta si mosse e lei si aggrappò con la sua volontà.Tutto fu nero, colorato, poi di nuovo nero.Il tempo, lo spazio…Poi fu il suono della voce di Lisa.- Nonna, svegliati, ti prego… io ho fatto un fiore!Aprì gli occhi. Vide i colori sul volto di Lisa e pensò che tutto era così bello.

 

- Nonna, Gobzilla tornera?Erano trascorsi pochi giorni dalla battaglia col mostro.La bambina giocherellava con le farfalle, la nonna era seduta sulla panca di legno.In braccio aveva la vecchia chitarra scordata del Piccolo Sole.- Sì, tornerà un giorno, piccina. Ma noi accoglieremo chi verrà qui ad aiutarci.  Combatteremo ancora più forti, vedrai.La piccola tornò ai ricordi confusi di quel giorno.Ricordava di aver sognato la sua mamma, di aver fatto un viaggio con lei per conoscere il colore più bello. Di quello strano sogno, però, le restava soltanto una parola nei ricordi.- Nonna… ma che cos’è il Toro?La donna la strinse a sé.Cosa avrebbe potuto rispondere?Si immaginò di dirle, finalmente libera nei suoi pensieri:- Chiamalo come vuoi, ma vanne in cerca. Chiamalo amore, amicizia, colori, gioia, emozione di fronte alla natura. Chiamali colori. Chiamala felicità. E forse, piccola mia, quando l’avrai trovata, avrai trovato anche il Toro.Invece non disse nulla.- Lo scoprirai, piccola mia. Lo scoprirai

Lisa giocava con le farfalle, lei stringeva la chitarra del Piccolo Sole.Adesso sì, poteva ricordare e Gobzilla non l’avrebbe più impedito.Mosse le dita sulle orde scordate, pur non sapendo suonare.Le parve di udire un canto lontano.

 

Green is the colour of her kindquickness of the eye deceives the mindenvy is the bond between the hopeful and the damned

 

- Tu credi a un mondo migliore? – le aveva chiesto quel giorno.Gli aveva sorriso.Guardò Lisa che correva inseguiva le farfalle e poi improvvisamente si fermava per riempire il suo blocco da disegno.- Nonna! Ho fatto un fiore! – disse con orgoglio.Il fiore assomigliava a un grande girasole con occhi e bocca che sorridevano.Sorrise anche lei, dopo tanto, tanto tempo. Mauro Saglietti

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