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Vej Turin / Nel 1937-1938 il Toro arriva in Finale di Coppa Italia: ripercorriamo quell'avventura
"Parallelamente a un campionato (1937-38) partito con buoni presupposti e finito in malora, il Toro di coppa da il meglio di sé. È la coppa Italia, competizione che il Toro ha già conquistato nel 1936, a vedere i granata protagonisti, fino alla finale. Edizione particolare per la coppa nazionale: per la prima volta non più una finale sola, in campo neutro, ma due partite, andata e ritorno. Fu anche una competizione caratterizzata dalle rivelazioni di compagini provenienti da serie minori e capaci comunque di spingersi fino agli ultimi turni, sfidando squadre ben più blasonate.
"Il Toro iniziò la competizione nei sedicesimi di finale, il 5 dicembre 1937, a La Spezia. Domenica anomala, quella, con tutte le antenne dell'Italia calcistica drizzate su Parigi, Parco dei Principi, dove la nazionale era impegnata in amichevole contro la Francia. Una partita che rappresentava ben più di un'amichevole di prestigio, e non solo perché anticipava di qualche mese il mondiale transalpino. La Francia del 1937 era la Repubblica del Fronte Popolare, delle sinistre che mal digerivano ricambiate il regime fascista; era anche il paese dove molti esuli politici italiani avevano trovato rifugio, salvandosi dalle persecuzioni della dittatura. Inserito in questo scenario politico, l'importanza dell'amichevole trascese il mero dato calcistico, cariandosi di aspettative politiche e simboliche.
"Eclissata da un partita simile, alla Coppa Italia vennero dedicate poche righe sui giornali del giorno dopo. Un breve trafiletto riservato alla trasferta granata informò i tifosi che il Toro, a La Spezia, si era imposto per 4-2 sotto una bufera d'acqua e grandine. Muovendosi in un acquitrino melmoso, i granata erano riusciti a chiudere il discorso qualificazione già nel primo tempo, andando al riposo sul 3-1 (tra gli altri, gol del solito Buscaglia e di Rossetti) nonostante un infortunio di Allasio avesse costretto la squadra a giocare in dieci uomini. Toro agli ottavi, giocati il giorno di Santo Stefano.
"Il 26 dicembre, il Toro in trasferta sul Lago Maggiore, incontrò una delle squadre rivelazione del torneo: il S.I.A.I Sesto Calende. Paesino di barcaioli e commercianti attraversato da Garibaldi durante la seconda guerra di indipendenza, Sesto Calende si era dotato di un campo da calcio regolamentare una quindicina di anni prima e da allora la squadra locale si era destreggiata in campionati minori. Confine naturale tra Piemonte e Lombardia, Sesto si trova all'ombra del ponte che congiunge le due regioni e vede scorrere sotto di sé il Ticino, appena uscito dal lago e pronto a correre la campagna lombarda per gettarsi nel Po. Non appena il Toro vi giunse, i suoi calciatori capirono subito che non si sarebbe trattato di una gita: prima ancora del fischio d'inizio sono tremila persone un'esagerazione per un campo quale quello del comune verbano ad assieparsi per assistere alla gara. I granata scesero in campo con alcune riserve, scelta che determinò una gara combattuta con un primo tempo di marca granata, dove la difesa lombarda seppe comunque reggere andando all'intervallo con la porta inviolata, e un secondo tempo in cui il Toro dovette, a tratti,seriamente difendersi. Una partita difficile, decisa fortunosamente solo ai supplementari, con un gol di Rossetti va detto viziato da una posizione irregolare.
"Uscendo dal campo di Sesto, il Toro apprese che l'avversario dei quarti non sarebbe stato il Genoa, detentore del titolo e autore di un campionato di alta classifica, ma il sorprendente Brescia (allora in serie B) capace di eliminare il Grifone dopo essersi conquistato lo scalpo della Roma, ai sedicesimi.Il 6 gennaio, epifania, contro una leonessa in gran spolvero il Toro caricò a tutta forza. Ed ebbe ragione. Iniziata la gara tenendosi coperti, intenti a far sfuriare i bresciani, dal ventiseiesimo al trentaseiesimo i granata regalarono al pubblico quattro gol. Palla a terra e grande velocità, gli ingredienti principali del gioco di quel Torino, permisero ai granata di mandare ko l'ammazzagrandi della competizione. Il secondo tempo non aggiunse molto a quanto raggiunto nella prima metà della gara e il Toro, vincitore per 6-2 al novantesimo, avrebbe giocato una delle due semifinali prevista per la primavera.
"Le semifinali quell'anno videro in cartellone un doppio scontro Torino-Milano. La Juventus ospitò l'Ambrosiana mentre il Toro scese in campo a San Siro, dove giocò un incontro epico. Un pomeriggio ventoso accolse il Toro a Milano, con i rossoneri apparsi sottotono nelle prime battute. Il Toro non si fece pregare e al decimo minuto Baldi aprì le marcature; gioia durata poco, però: il pareggio del Milan non si fece attendere e l'equilibrio proseguì per tutto il secondo tempo.All'ottantacinquesimo Bo, dopo una sgroppata delle sue, vede la porta e calcia con tutta la forza rimasta. Gol, il Torino è in vantaggio. I rossoneri, colpiti al cuore guardano il cronometro ancora cinque minuti e si gettano a capofitto verso la porta di Maina. Cinque minuti di mischioni in area, dove il Toro capitola solo al secondo minuto di recupero: il Milan segna e si aprono i tempi supplementari, caratterizzati dalla stanchezza e dai crampi.
"Finita 2-2 a Milano la partita è da rigiocare a Torino: anche qui, una settimana dopo, al novantesimo le due squadre si trovano ancora inchiodate sul 2-2. Sarà Cadario, al cento diciannovesimo, a risolvere la gara calciando verso la porta rossonera un tiro che il portiere devia sul palo, e il palo in gol. 240 minuti per giungere in finale, dove il Toro non riuscì a bissare il titolo del 1936: trafitti dai gol di Gabetto i granata sedettero sul secondo gradino del podio, dopo una cavalcata di risultati eccezionale.
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