Il 10 settembre 2005, l’Albinoleffe battezza il nuovo Torino Football Club risorto dalle ceneri del Toino Calcio appena fallito. Allo stadio Delle Alpi si respira una strana atmosfera. Ci sono circa trentamila spettatori di tutte le età. Quel giorno, chiunque avesse avuto a cuore le sorti dei colori granata si sentiva in diritto di presentarsi allo stadio. Dopo un’estate di contestazioni di piazza, di sit-in di protesta, di accese discussioni in comune, era obbligatorio essere testimoni della prima uscita ufficiale di un gruppo di giocatori che aveva sposato la nostra causa. Ben presto si comprese che qualcosa di magico si stesse avverando. In un certo senso era già un miracolo la sopravvivenza del Torino, con il suo nuovo torello sul marchio e con i propri colori di sempre.La nostra squadra scese in campo con 11 calciatori che si conoscevano appena, non erano riusciti nemmeno a disputare un’amichevole insieme, a stento gli uni conoscevano i nomi degli altri. C'era pure chi riuscì a giocare gli ultimi 10 minuti della partita dopo essersi trasferito da Roma a Torino la sera prima della partita. Eppure giocò il Toro, non il Torino. Si era intravista da subito una squadra compatta, unita, grintosa, forse anche responsabilizzata da una straordinaria folla di gente presente sugli spalti in un iniziale silenzio surreale. I tifosi non avevano più la forza di urlare, stanchi di notti insonni, senza più voglia di raccontare cosa avesse rappresentato quell’estate del 2005. Non esistevano più orari, il giorno si confondeva con la notte. Mi ricordo che squillava il cellulare alle 4.00 del mattino e, senza scomporsi per il fatto che fosse notte fonda, si conversava per delle mezz’ore intere. Amici che chiamavano da tutte le parti del mondo o perché in vacanza oppure perché non residenti a Torino, che chiedevano informazioni su cosa stesse succedendo. A stento si riusciva a sorridere. La testa mai sgombra, eppure era estate, doveva significare vacanza, mare, sole, no stress.Poi, il 10 settembre, la resurrezione, il gol di Enrico Fantini, il palo colpito da Alessandro Rosina, la testa pelata di Oscar Brevi, la corsa di Muzzi verso la porta sotto la Maratona al suo primo pallone toccato. Le nostre bandiere che tornavano a sventolare e nel cuore di ognuno di noi un solo coro che non riuscivamo a proferire, ma sentivamo profondamente: grazie campioni!
mondo granata