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mondo granata
Non fatevi spaventare dal titolo. Non è quello che pensate.Spesso ci rimproverano di guardare solo al passato.Forse non ci rendiamo più conto che attimi di vita possano ancora transitare sui nostri binari.Però, poche storie, quando ti si apre un attimo di presente, devi esserci.E’ quello che è successo.
Sabato 11 aprile 2009, ore 12:00- Sai, sembra incredibile che tu abbia prenotato per un week-end al mare proprio oggi che gioca il Toro…La voce è quella di mia moglie.- …del resto, se giocano male e continuano a perdere... - rincara la dose, ma il suo sguardo è quello di chi non si fida.Il luogo è quello dell’Autostrada dei Fiori, che scorre sotto le ruote verso Ponente, alternata a gallerie e paesini.La canzone è “Sweet talking woman”, degli Electric Light Orchestra, qualcosa di allegro che esce dall’autoradio.- Guarda – commento impassibile – che se la vedano loro. Questa volta mi sono proprio rotto le scatole…
Me somaro.Al momento di prenotare il week-end al mare, non avevo tenuto conto che ci sarebbe stata la sosta per la Nazionale.Credevo che il Toro avrebbe giocato fuori casa, ma questo lei ovviamente non deve saperlo.Si scorre tranquilli sotto un cielo che sa di inquietudine, mentre ripeto – Sì sì… che se la vedano loro… - tamburellando sulle note degli ELO. Quanto tempo è passato da quando ho ascoltato questa canzone per la prima volta? Vent’anni? Così tanto tempo?Tra quanto inizierà la partita? Tre ore? Così poco tempo?Alla fine è solo un discorso di sguardo rivolto all’indietro verso qualcosa che ricordi, o in avanti verso ciò che potrebbe essere e probabilmente non sarà.Fortunato chi talvolta riesce a vedere con i propri occhi.
Strane cose combina la mente in vacanza.Sorpresa da una libertà che non conosce più, zampetta da un problema all’altro, cercando preoccupazioni che vadano a sostituire quelle che hai lasciato a casa.Le vetrine dei negozi sono come gli specchi distorti del Luna Park. Intravedi nei loro riflessi opachi un bambino che corre con la girandola, tenuto per mano da una nonna. Poi ti sfreghi gli occhi e ti sembra di vedere lo stesso mare in lontananza, un giovane e una ragazza per mano.Ti volti, ma dietro di te non c’è nessuno.Allora riguardi la vetrina, che ti restituisce finalmente impietosa il profilo degli anni che sono passati troppo in fretta.
La mente continua a saltellare anche quando guardi il mare dal porticciolo.Lui là, tu lì, un’iperbole i cui estremi non si toccano mai.Dietro quel promontorio deve esserci… Trenta km più a Ovest invece uscivamo tutti insieme in quell’estate…Non mi spiacerebbe fare un giro…E’ inutile.Tornare nei luoghi dove la vita è già passata, è soltanto un inutile tour nel cimitero delle ombre e nei fantasmi, mentre la vita si sta facendo vedere chissà dove.Dove mangiamo stasera? E domani che faremo?A forza di girare la testa avanti e indietro mi sta venendo il torcicollo.
Ho almeno quattro persone pronte a informarmi sulla partita.C’è il caro amico Lucio, che sta soffrendo in Maratona. So di potermi fidare, lui è alo stesso tempo appassionato ma lucido nelle sue analisi. Ci conosciamo da poco ma è come se fossimo amici dai tempi della scuola. Poi c’è il primo dei “Marchi”. Chiamiamolo Marco 1. E’ molto più giovane di me, passionale e istintivo, meriterebbe di veder fuoriuscire qualcosa da questa scatola variopinta ma eternamente sigillata che si chiama Toro. Marco 2 invece è a casa. E’ la lama tagliente e sarcastica delle persone che conosco e ogni suo discorso ha quasi sempre una valenza formale ed una sotterranea, di un’ironia tagliente. Poi Walter, il viaggiatore, i cui commenti sono spesso frammenti di letteratura. Ogni domenica parte da Genova per vedere il Toro. Mi chiedo spesso come possano essere i suoi viaggi di ritorno.So dunque di essere in una botte di ferro. Al primo aggiornamento, qualora ce ne siano, il mio cellulare verrà inondato di sms.Di fronte ai quali fingerò stupore e sorpresa, ovviamente.- Toh, guarda, arriva dallo stadio…
Quattro passi per il paese, tra persone che apparentemente se ne fregano di Torino-Catania.Di fronte alla stazione c’è un bar con alcune bandiere esposte.Non ci provo neanche.Di sicuro faranno vedere il Milan. O forse l’Inter.A che ora è il treno per San Remo?Non penseremo mica di andarci in macchina, vero?Alle 17… alle 17 la partita sarà già finita da un po’.Sono le 15, l’unica è mettersi di fronte al mare e aspettare.
Guardo furtivamente il cellulare, mentre il cielo si fa sempre più plumbeo.Magari non ho sentito gli sms…Sono le 15.30 e non ci sono novità.Possibile che in mezz’ora non si riesca a far gol contro il Catania?Una volta invece…Chissà se tra qualche tempo…E la testa torna ad avvolgersi e a cercare posti lontani.
Alle 15.50. Due messaggi arrivano in contemporanea. Marco 1 e Walter concordano sul fatto che se non si tira in porta, non si segna.Bene, tutto come previsto, cerco di concentrarmi sul mare. Per altri dieci minuti ho la certezza che non capiterà nulla.
Sono le 16, a Torino si ricomincia a giocare.Ma qui nulla di nulla, nessuno chiama, nessuno parla.Niente da fare, le 16.20, le 16.30…Basta, telefono a Lucio.- Devo fargli gli auguri di Pasqua – mento in maniera vergognosa.Tant’è che gli auguri cominciano con - Quanto stiamo facendo?Mia moglie finge di non sentire.Lui è razionale e disilluso… - Non tiriamo mai in porta… aspetta… c’è una punizione…In sottofondo sento sua figlia Beatrice che incita la squadra.Beatrice merita un discorso a parte. Ha 14 anni ma dà dei punti a tutti noi.Non smette mai di tifare, mai. Quest’anno ha esultato con gioia commovente al gol di Abbruscato contro l’Inter e a quello di Amoruso contro la Lazio. Entrambi sullo 0-3.Provo una grande ammirazione per quella ragazzina, il cui presente non è mai diventato ricordo. Anche lei meriterebbe tanto di più.
Lascio passare qualche minuto.Telefono a Marco 1. Di nuovo.La prima volta è stata per fargli gli auguri di Pasqua, la seconda per farli alla sua famiglia e la terza per chiedergli se stesse bene.Ormai vivo in funzione del telefono, la maschera è caduta.Mancano meno di dieci minuti e ci stiamo avviando verso la stazione.- Cosa ti devo dire? Non siamo male… X – Però non tiriamo mai… XSu queste X bisogna fare un discorsetto.
Dice ironicamente Marco Paolini, nel suo monologo sul Vajont, che nelle valli friulane, il madonnone è usato per far filare il discorso, per fare da collante tra un ragionamento e l’altro che, senza quel terribile collante si sfalderebbe.Lassù qualcuno ci perdoni. Non c’è cattiveria in quello che colpevolmente ci lasciamo scappare.Il discorso di Marco, mi sembra unito da questi madonnoni, talvolta imprevedibili e spettacolari, che tengono unite le frasi.- Mancano sette minuti più recupero… sì, attacchiamo… X… ma…
E poi improvvisamente si mette a urlare.Un urlo. Un grido interminabile. Sembra lo stiano pugnalando.– Poverino! Deve esserci Dario Argento in Curva Maratona… – penso, mentre allontano la cornetta dall’orecchio.No, non lo stanno scuoiando, benché lui continui a gridare come un matto.Cerco di capire qualcosa, non prende neanche fiato. Ho paura che muoia soffocato.- GOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOLLLLLLLLLLL GGGGOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOLLLLLLLLLLL!!!!!! X X GGGGGOOOOOOOOOOOOLLLLL! X X!Dove vi lascio solo immaginare cosa significhino le due X vicine. Un conto è una sola X. Ma due di fila portano inevitabilmente a qualcosa di molto più articolato e grave.- Abbiamo segnato! – esclamo ad alta voce nell’indifferenza della cittadina ligure, con evidente soddisfazione. Bene, se non altro la mia telefonata ha portato fortuna.Siamo davanti alla stazione. Mancano una manciata di minuti e non credo saremo così fessi da buttare tutto all’aria.Tre messaggi tutti in un colpo. Saranno gli altri che mi informano del gol.Nell’ordine: Marco 2 “Martinez, siamo stati in vantaggio meno di due minuti”, Marco 1 “uno a uno”. Infine Walter, con una bella “X” che quasi lampeggia nel laconico messaggio.E la X non sta per “pareggio”.Non ci credo, non può essere vero.Non è possibile, maledizione! Ma come si fa ad andare in bambola un istante dopo aver segnato!? Sto per dare in escandescenze ad alta voce e vedo già mia moglie che fiuta la tempesta e si allontana.Nell’aria arriva il fischio di un treno.Già qui? Impossibile. Troppo in anticipo.Eppure sento che arriva, mi sembra quasi stia entrando in stazione…
Un boato.Un grido che fa voltare tutti.Mi affaccio fuori dalla stazione.La gente in strada si è fermata, sorpresa e spaventata.Arriva dal bar di fronte, quello dove trasmettono le partite.Mia moglie mi dice “Guarda che magari è...”.La interrompo con un’alzata di spalle.Figurati.
Figurati, faccio in tempo a pensare in una frazione di secondo ovattata.In questa zona sono tutti gobbi o del Milan. Ma i gobbi giocano stasera.Non rimangono che i rossoneri.Sì, deve aver segnato il Milan.Provo un attimo di invidia, mentre l’urlo sta ancora scemando.Di cosa mi ero illuso in fondo?Che bello se fosse stato per noi… che bello sarebbe stato.L’attimo ovattato finisce.Come un uomo che riemerge dall’acqua, i suoni riacquistano nitidezza.Il telefono mi sta squillando tra le mani.E’ Marco 1.Un pensiero stupendo mi passa per la mente, neanche troppo strisciando.E se fosse che…?Faccio mezzo passo verso il bar.
Questa volta sento solo le “X”, e poi finalmente una parola urlata, distorta dalla sua voce, che sembra non finire mai.GOOOOOOLLLL – X – GOOOOOOL – X X – GOOOOOOOL – X GOOOOOOOOOOOOL…Punto – linea – punto. Sembra un messaggio in codice Morse.Ma… allora è vero? Associo il boato al gol del Toro.Mi metto a saltare come un cretino in mezzo alla strada e poi corro in tre falcate, verso il bar.Sono sicuro che se le vetrine riflettessero qualcosa, ora restituirebbero l’immagine di un bimbo che corre felice con la girandola, tenuto per mano dalla nonna.Sono di fronte al bar.Mi accorgo di aver lasciato dietro mia moglie.Non c’è tempo, entro.
Mi stanno prendendo in giro.Ne sono certo, è una farsa, una mascherata messa in scena per il sottoscritto.Nel bar ci saranno una cinquantina di persone di fronte a un televisore.Quasi tutte hanno la sciarpa del Toro. Qualcuno sta ancora abbracciando il vicino.Ho la bocca aperta. Pensavo che nella Riviera di Ponente il granata fosse solo una macchia sbiadita e invece…- Chi ha segnato? Chi ha segnato? – chiedo con un filo di voce e gli occhi spalancati.- Natali da fuori area. – mi risponde un tipo che non stacca gli occhi dal televisore.Ok, Natali da fuori area. Mi stanno definitivamente prendendo per i fondelli, ora ne ho la prova certa.Mi intrufolo per vedere di sbieco il televisore. Su Torino sembra ci sia una coperta nera.Piove, grandina.Ma soprattutto stiamo davvero vincendo 2-1!!!Intravedo la figura di mia moglie si staglia controluce sull’ingresso del bar.Fingo di non aver visto e mi volto verso il barista.- Un Crodino! – mi rivolgo all’ombra controluce con un’innocente alzata di spalle. come per dire – Giusto il tempo di finire il Crodino, ci vorranno 2-3 minuti.Sì, giusto il tempo di vedere la fine della partita.
Tifo come uno scriteriato.Rubin sulla sinistra, palla a Ventola.E’ solo.- Tira… X! . – e stavolta la X scappa a me.Et voilà, Bonjour à tout le monde! Il maestro delle cerimonie è arrivato.Mia moglie, sulla porta del bar, scuote la testa.- Lo sapevo… lo sapevo – mormora.L’arbitro fischia, tutti si alzano in piedi e si abbracciano.Trovare un bar pieno di gente del Toro, sentire il loro urlo, udirlo col cuore prime che il suono arrivasse, è stato come sbirciare per un secondo dentro quello scrigno fantastico da troppo tempo sigillato.Abbraccio un tifoso sconosciuto, alzando il Crodino al cielo.
Un treno transita dalla stazione.Lo intravedo attraverso le vetrine del bar, ma questa volta non sono riflessi distorti.Nessuno lo aspettava, ma lui è passato.E noi eravamo qui.Sorrido. Lassù in alto forse qualcuno ci ha perdonato per le X.Forse solo lui sa davvero quanto avremmo davvero bisogno di un po’ di presente. Mauro Saglietti
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