mondo granata

I Palloni Gonfiati

Redazione Toro News
di Mauro Saglietti

- Papà, mi racconti una storia?- No!- Dai, papà! Mi hai già raccontato quella della figurina di Pulici qualche mese fa…- Appunto, una basta e avanza- Una nuova, per piacere…- No! Lascia stare papà. Papà vuole morire… Lasciami spegnere con dignità in questa valle di lacrime…- Dai papà, tirati su da lì… E’ da domenica che sei steso tra quei quattro candelabri. Hai persino ordinato le corone di fiori da solo… ti sei anche spedito i telegrammi… Solo una storiellina prima di addormentarmi…- No. Lasciami affondare nel nulla…- Papà, non fare il buffone… Una piccola…!- Humpf… e sia! Ma soltanto più una! Vediamo un po’. Ti racconterò questa: C’è Bianchi solo davanti al portiere che fa gol e…- Papà, una più credibile…- Uff… senti questa, comincia così: Stellone ha appena segnato e…- Ma dai…!- E va bene, ora basta. Ti racconterò questa, ma poi tornerò a stendermi tra quei quattro candelabri, intesi? Allora, c’era una volta un pallone che si chiamava Davide…

 

C’era una volta, in un risvolto del mondo degli uomini, un prato di un parco di Torino, sul quale zampettavano alcuni ragazzini che correvano dietro a un pallone.Nessuno di loro sapeva che il pallone si chiamasse Davide.- Tira!- Passa!- Vai, sei solo!!!- Eh eh… sono Del Piero, solo davanti al portiere…Il ragazzino con la maglia bianconera calciò, ma il piccolo portiere avversario, con la maglia dell’Inter parò incredibilmente il tiro.- Ma come hai fatto a sbagliare, cretino? – gridò il giocatore con la maglia di Nedved – Passa qui la palla, piuttosto. Il bimbo biondo scartò tutta la difesa avversaria e nuovamente si presentò da solo di fronte al portierino.Fuori.- Siete scarsi… non siete capaci a fare gol, continuate a sbagliare! – urlò il giocatore con la maglia di Buffon. La squadra avversaria, in evidente difficoltà, spazzò via la minaccia. Il piccolo Buffon uscì incontro al pallone per calciare e rinviare, ma inspiegabilmente mancò la sfera, che trotterellò in fondo alla porta.- Stupido! Così ora perdiamo! – urlò un altro bimbo in maglia bianconera- Scemo!- Ohu, a chi lo dici a me?- A tua sorella!- Ohu!- Gu!- Minghia!- Chiamo mio cuggino!- Chiamo il cuggino di mio cugino!-Ti faccio sparare!PATAPIM PAM PUM. I giovani bianconeri presero a darsele di santa ragione.Poco distante, Davide il pallone, finito in mezzo ad alcuni alberi, sbuffò.Pensò a come fosse finito male e a quanto fosse stata breve la sua carriera, dopo quella lontana serata di giugno del 2006.Si era ridotto ad assumere traiettorie sbagliate nelle partite dei ragazzini, invece di trovarsi ancora sul terreno di uno stadio. Da quella sera, quando c’era stata l’invasione di campo e lo avevano portato via, non aveva fatto altro che migrare di campetto in campetto, facendo sbagliare gol a tutti quelli che, per loro sventura, indossavano la maglia bianconera.Quanta nostalgia per i tempi delle partite e per le passate emozioni...!Ora si trovava confuso tra anonimi palloni cinesi… una sfera in mezzo a mille. Doveva prendere pasticche di aria compressa giornalmente per combattere la de-pressione.Un distante richiamo disperato però, che soltanto lui poteva udire, richiamò la sua attenzione.- Aiutooooo! Aiutooooo! Davide rimbalzò sul posto. Cosa poteva essere stato? Un piccolo pallone per bambini che stava per finire sotto le ruote di un camion? Una palla da tennis che caduta in un tombino?Il pallone rotolò in direzione delle grida, oltre la vegetazione, e l’aria fu invasa dal rumore assordante del fiume che attraversava il parco.- Aiutooooo!- Ora poteva vederlo. Era un pallone trasportato dalla corrente verso la piccola cascata, dopo la quale il corso del fiume si disperdeva nella campagna circostante. La palla prigioniera del corso d’acqua stava per entrare a far parte dei tanti palloni scomparsi verso il mare, il vero e proprio cimitero dei palloni, che nessuno aveva mai visto e che tutti sapevano essere la fine certa della loro vita...Non c’era tempo da perdere. Davide rotolò velocemente verso la riva, poi curvò, fermandosi sull’argine del fiume, studiando il da farsi...- Aiutami! Aiutami! – gridava disperato l’altro pallone che stava per essere inghiottito dai vortici.- Tieni duro! – gridò Davide. Rimbalzò e con un balzo risalì il pendio. Si lasciò andare, acquisì di velocità ed urtò un grosso masso per impennarsi.Un errore millimetrico avrebbe significato la parola fine. Ma lui doveva salvare quel suo fratello.Piombò quasi in verticale sull’altro pallone, facendolo schizzare lontano per effetto della spinta dell’acqua. Lui sfruttò il rimbalzo e atterrò poco distante, dallo stesso lato della fiume.Non era ancora arrugginito, nonostante fosse passato qualche anno da quell’ultimo colpo di testa…

 

I due palloni si misero al riparo, rotolando fino ad un tratto di terreno all’asciutto, dove lasciarono riposare i propri esagoni.- Grazie fratello, ti devo la vita! – disse il pallone che era stato salvato dalla cascata.- Figurati, rispose Davide– Ma come hai fatto ad andarti a cacciare in quella situazione?- Lascia perdere. Da anni ormai non ho più la mia casa. Quando sono andato in pensione, sono stato svenduto come un cuoio qualsiasi! Da anni vengo utilizzato da una banda di buzzurri juventini. Capisci? Proprio io! Proprio io!!! E pur di non farli segnare contro la squadra avversaria, stavolta sono partito in orbita, ma ho sbagliato i calcoli. E dire che nel passato era la mia specialità….Davide strinse la valvola per osservare meglio il pallone che aveva salvato.Soltanto allora lo riconobbe.- Ma tu sei Ricky, il famoso pallone! Quello della buca, quello del rigore di Salas!!!- Eh eh... piacere! Mentre tu sei… scusa ma la mia vista… con gli anni non sono più elastico come una volta…- Davide, forse sei venuto a sapere di me… - Toro-Mantova? - Proprio io, il terzo gol…!- Ma tu sei un grande!!! – i due palloni rimbalzarono l’un l’altro come due vecchi amici.

 

Tra i palloni granata, vigeva una regola che si tramandava di generazione in generazione.Quando un pallone si rendeva protagonista di un gol strepitoso, o di un gesto atletico particolare, prendeva il nome del giocatore che, con la sua collaborazione, lo aveva realizzato.Davide non aveva nome il giorno prima di Toro-Mantova, ma quella sera si infilò nella porta alle spalle di Brivio e divenne un pallone leggendario.La sua gloria fu effimera, scomparve alla fine di quella sera stessa e nessuno dei suoi compagni palloni seppe mai che era finito sotto la maglia di un tifoso, che se ne era appropriato durante l’invasione finale. Quello che gli umani non sapevano, era che i palloni, che credevano semplici sfere di cuoio, riuscivano talvolta ad evolvere la propria intelligenza, in modo tale da modificare segretamente le proprie traiettorie e poter così influire sul risultato delle partite.In pochi sapevano ad esempio che le fortune di Maradona erano state dovute al suo mitico pallone “Dieguito”, sfera che però aveva il dannato vizio di correre su e giù per le strisce bianche laterali e di fondo campo, e che alla fine era gonfiata così tanto fino a scoppiare.Tutti nell’ambiente lo ricordavano con affetto per essere stata capace di regalare popolarità al numero 10 napoletano, che altrimenti sarebbe stato un autentico scarpone.La carriera di un pallone poteva durare anni o l’arco di una sera. La sua vita poteva essere assai lunga, fino al giorno in cui si sarebbe sgonfiato serenamente, o terminare il proprio volo sulle lance di una cancellata e questo faceva i palloni degli esseri estremamente fatalisti, che vivevano giorno per giorno con la speranza di restare impressi nella memoria collettiva.Si diceva che nella Vecchia Scuola granata, che aveva luogo segreto negli scantinati di un edificio poi demolito nel 1997, fosse esistito un lungo corridoio al quale erano appese le foto di tutti i più importanti palloni della storia del Toro.Ma era una leggenda che si perdeva con gli anni. Dalla demolizione della vecchia Scuola, i nuovi palloni aspiranti eroi non avevano fatto altro che cambiare sede, perdendo lo spirito che i maestri avevano tramandato per generazioni. I nuovi elementi rimbalzavano male, erano spesso ovali, facevano tardi la sera in palloteca e non sapevano più rotolare astutamente in rete, rimediando così agli sciagurati piedi dei propri giocatori.Molti addirittura non ricordavano neanche più l’esistenza della Vecchia Scuola e del suo Fondatore, Nonno Cuoione.

 

I due nuovi amici rimbalzarono assai lentamente per i prati del parco, parlando del passato.- Certo che la Scuola che abbiamo frequentato noi non è paragonabile con la Vecchia… tu la ricordi? – chiese Davide- No – rispose Ricky, emettendo un piccolo sbuffo dalla valvola, prima di proseguire – Quando nacqui era già stata demolita. Ma conobbi palloni che ne parlavano spesso. Raccontavano dell’Associazione della Memoria Storica Palloni granata e dei membri che erano morti sotto la demolizione. Nominavano spesso Rambo, un pallone che aveva piegato le mani al portiere dell’unione Sovietica in amichevole, Walter, un pallone sfortunato che raramente era riuscito a rimediare agli errori di mira del giocatore austriaco che lo calciava, Ezio, un pallone protagonista di un vecchio derby di Coppa Italia… Ma questi sono solo racconti. Purtroppo io non ho mai visto quella magica Scuola…- Sarebbe bello riformarla, eh? Ci pensi? Magari riusciremmo anche a salvare il Toro attuale dando una mano a quei mollaccioni…- Sì, ma come potremmo fare noi, che siamo casi isolati in un mare di mediocrità…? Ci vorrebbe qualche pallone che avesse vissuto i vecchi tempi, a farci da maestro. Ma sono morti tutti…Mentre discorrevano rotolando distrattamente, i due palloni non si erano accorti che una pallina da tennis allegra e disinibita li stava seguendo.- Ciao! Sono Ivana e faccio la…- Non ho voglia oggi. Grazie lo stesso – rispose Ricky seccamente.- E io non ho soldi – aggiunse Davide.- Che cosa avete capito, banda di deficienti! - Esplose di rabbia la pallina da tennis - rimbalzando sul posto ripetutamente – Per chi mi avete presa??? Faccio la pallina da tennis!- Ma… vestita così di giallo fosforescente…- Avevamo pensato che…La pallina, sbollita la rabbia si presentò. Sostenne di chiamarsi Ivana in quanto tanti tanti anni prima aveva disputato un match giocato dal grande Ivan Lendl e di avere assunto quel nome in suo onore dopo un suo terribile diritto lungolinea. Era stata smarrita da pochi minuti dal suo zotico proprietario, che si divertiva nei campi da tennis poco lontani. Confessò di essersi messa ad origliare il discorso dei due palloni e di averli seguiti incuriosita.- Avete parlato di un certo Ezio che si vanta di essere un pallone glorioso, vero?- Sì, in effetti…- Bè, certo… io lo conosco!- Eh?

 

Ivana raccontò una storia risalente a qualche tempo prima. Quando era ancora giovane ma già troppo anziana per gli incontri di tennis (per i quali si presentavano, spiegò, giovani palline disposte a tutto, pur di potere in seguito fare un calendario e possibilmente sposare un pallo da golf), aveva fatto un lungo viaggio in un container prima di arrivare a Torino.Al suo arrivo, era stata parcheggiata, con altre sue sorelle in un magazzino della periferia, prima di essere destinata ai miseri tornei amatoriali.Asseriva di aver conosciuto in quel magazzino un pallone da calcio, di proprietà del figliolo del custode, che si vantava di essere entrato nel sette della porta bianconera durante un derby di Coppa Italia. Un chiacchierone decaduto al quale nessuno credeva all’epoca. Il discorso di Davide e Ricky aveva però riportato a galla quel vecchio ricordo nella mente di Ivana.- Potrebbe essere quello di cui stavamo parlando – osservò Davide – Non credo che ci siano così tanti palloni che si chiamano “Ezio” a questo mondo… Pensi di essere capace di ritrovare quel posto, Ivana?- Certo ho abitato lì per più di un anno…Le tre sfere decedettero entusiasticamente di rotolare verso l’altro capo della città, dove si trovava il magazzino, ma immediatamente due ombre nere grandi e grosse oscurarono il cielo.- Minghia! Due palloni, ah? Prendiamoli che ce li portiamo a casa…- Gu!Davide e Ricky rabbrividirono. Erano due umani della tribù dei “Gu”, essere terribili che li avrebbero sicuramente costretti a rotolare, calciati dai loro bambinotti con le maglie a strisce ed il numero 10. O peggio, sarebbero stati colpiti di testa da quelle crape puntute col gel, impatto doloroso che li avrebbe resi unti e impomatati per giorni.- Questi ci prendono… scappiamo! – gridò Ricky- Ma dove andiamo…?- Ci penso io! – disse Ivana.I due Gu avevano già allungato le mani verso di loro, quando lei, senza perder tempo, scattò come se fosse stata veramente colpita da una bacchettata di Lendl, in direzione dell’occhio del primo Gu.- Gu! – disse il Gu sorpreso.- Gu? – disse il secondo Gu, ancora più sorpresoDavide e Ricky capirono l’’antifona. Rimbalzarono sul posto e fecero l’uno da catapulta per l’altro. Davide colpì il secondo Gu nello stomaco, Ricky sul faccione, mentre Ivana si occupava delle parti basse.I due Gu si diedero alla fuga blaterando lamenti a base di “Gu” ed il pericolo fu scampato, almeno momentaneamente. Tuttavia per due palloni e una pallina da tennis, l’attraversamento della città avrebbe potuto comportare mille altri rischi. Camion che sfrecciavano, macchine guidate da Gu che li avrebbero abbagliati con i loro fanali allo iodio, tombini e chissà quante altre cose.Attesero quindi la notte per rotolare silenziosi, talvolta rimbalzando per l’eccitazione, verso una storia che sapeva di avventura.

 

- Dovevamo proprio fermarci a passare a prendere il tuo amichetto? – brontolò Ricky.- Non è il mio amichetto! E’ il mio fratellino “Ping” – rispose Ivana indicando la piccola pallina da Tennis Tavolo che lì accompagnava nel viaggio verso il magazzino.- Hey tu! Non puoi fare meno rumore, quando rimbalzi? Siamo in missione segreta, non stiamo giocando. Questa è una brutta zona piena di Gu! Se ci prendono… – lo rimproverò Davide- Smettila di rimproverarlo, è solo un bambino! E poi siamo arrivati – Ivana indicò un recinto poco distante.- Dobbiamo saltare all’interno e poi passare dal retro, quell’ingresso è sempre aperto. Attenzione a Molosso, il cane rompiballe grande e grosso. Il suo passatempo preferito sono i palloni. Non vi dico che cosa ha fatto ad uno sciocco pallone cinese che aveva osato avventurarsi all’esterno. Molosso ci ha giocato per un mese, prima di spolparlo.- Mamma mia – disse Davide – facciamo gesti scaramantici. Tocchiamoci le…- Sì, tocchiamo ci tra noi! – sghignazzo Ping in modo discolo.- Insomma, silenzio! Andiamo, seguitemi – disse Ivana.La truppa fece silenzio, poi si introdusse all’interno del recinto con cautela.

 

- Chissà se c’è ancora qualcuno… - si domandò Ivana entrando nel magazzino polveroso - è passato parecchio tempo. Ezio era un vecchio pallone col quale il figlio del custode spesso faceva due tiri…- Chi va là! – gridò una voce dall’alto.Una doppietta spuntò tra alcune casse, spinta da un pallone nell’ombra.- Non sparare, Ezio! Sono Ivana? Ti ricordi di me?- Sì! Chi sono quelli con te? Non saranno mica due Palloni Gonfiati?- No, Ezio, sono amici, sono venuti per conoscerti… vogliono sentire raccontare la storia di quel gol… - Ivana fece l’occhiolino agli amici.Il vecchio pallone, un Tango del 1988 uscì allo scoperto, scusandosi per i modi bruschi.- Perdonate il disordine, disse Ezio, facendo salire gli ospiti in uno spazio ricavato tra vecchie casse di materiale sportivo – Stavamo facendo una partita a poker… una cosa tra amici. Ezio presentò i suoi compagni di gioco: - Questi sono Frank e Joe La Biglia, vengono da Corleone, poi c’è Camillo, la palla da rugby-poeta, questo è “Otto”, una palla da Carambola con la fascia nera, lei è Nevina, una palla da albero di Natale, questo è Giocondo il mappamondo.  Ed infine il più giovane della comitiva, una palla da bowling che chiamiamo “Bocia”. Non lasciatevi trarre in inganno dalla sua giovane età. Bocia scherza sovente ed è una palla molto “pesante”…Ricky e Davide si guardarono attraverso le valvole.- Che casino – pensarono in stereofonia.

 

- Proprio così, cari amici – spiegò all’uditorio Ezio nel nascondiglio tra le casse e il muro, sorseggiando una tazza di the caldo – quando vidi che in quel derby di Coppa Italia Tullio Gritti mi colpì di testa all’indietro, invece di tirare, fui colto dalla disperazione. Mi accorsi di Ezio Rossi che si preparava a calciarmi e compresi che presto sarei stato lanciato in orbita. In quel momento compresi che solo con un gesto atletico incredibile, sarei stato capace di dare un senso a quel calcione. Mi preparai e.. PUM! Mi sparai all’incrocio dei pali, alla destra di Tacconi. Ezio Rossi, poverino, credette di aver tirato fuori dal cilindro il colpo da maestro e tutti glielo lasciarono credere. Da quel giorno divenni “Il grande Ezio” e per me ci fu una foto nella galleria sotterranea della Scuola… ma lasciamo perdere quel discorso.- Abbiamo già sentito questo discorso ventimila volte, ah? – disse Frank La Biglia- Siamo stufi, va bene? Come te lo dobbiamo dire? Dobbiamo chiamare i nostri amici pallettoni? Pure quelle, sfere sono, ah? – rincarò la dose Joe.- A me questa storia piace sempre! Alle volte ci penso prima di addormentarmi e sogno i miei universi di poesia. Io sono così delicato… - disse Camillo, la palla da rugby poeta.- Ma smettila – si intromise Bocia, la palla da Bowling – Tu vuoi fare il poeta e hai la forma di una supposta!- Per farla breve – riprese Ezio - incurante del borbottio. – quella fu una serata indimenticabile, la più bella della mia vita. Fui eletto consigliere nella Associazione dei palloni granata. Quanti palloni ho visto in tanti anni! Quelli calciati da Policano, che trascorrevamo una settimana a farsi ricucire dopo le sue punizioni, poi Walter, il pallone che Casagrande spinse in fondo al sacco a Madrid. poi ancora Andrea, quello che entrò per due volte nella porta della Roma, nel 1993, e ci fece vincere la coppa Italia… - Ezio abbassò la valvola e lo sguardo – Poveri ragazzi! Sono tutti scoppiati quando la Scuola è stata demolita. Io riuscii a mettermi in salvo perché ero vicino all’uscita, ma gli altri…Ricky e Davide avevano ascoltato affascinati il racconto di quel pallone che, aveva disegni completamente differenti da quelli dei due palloni più giovani.- Da allora il calcio è cambiato. Ora è tutto in mano all’Associazione dei Palloni Gonfiati, che ufficialmente non esiste, ma è di dichiarate simpatie juventine. Si vocifera che ci sia una loro manovra dietro la decisione di abbattere la Scuola. Anche all’epoca in cui giocavo io erano potenti. I più terribili di loro erano Bobby e Marisa, che ci odiavano apertamente perché, quando scendevamo in campo noi, eravamo assai più abili a capovolgere gli esiti delle partite a favore del Toro. Loro invece erano dei disonesti. Tutta quella banda lì ha sempre inalato elio invece di aria, in modo da essere completamente imprevedibile per i portieri. Con quei trucchi hanno vinto tanti campionati…Ezio si accorse che Ricky e Davide lo stavano fissando con occhi sgranati. - So a cosa state pensando, ragazzi. I disegni sulla mia pelle vi sembrano antiquati. Eppure faccio parte della famiglia dei “Tango”, nati in Argentina nel 1978. All’epoca i Tango erano l’ultima moda in fatto di palloni e avevano soppiantato i Telestar, quelli con l’esagono nero in mezzo ad altri bianchi… Paolo e Zio Nestor erano due Telestar…Tutti si zittirono.Ezio si accorse che in tanti anni, non gli era ancora capitato di raccontare la storia di Zio Nestor e di Paolo, il pallone più forte che avesse mai conosciuto.

 

- Quando entrai alla Scuola, giovincello, mi presentarono Zio Nestor, che era un’autorità in quello scantinato. Era il pallone che era stato utilizzato la domenica seguente la morte di Gigi Meroni, nel quale Combin aveva infilato di rabbia i gobbi per tre volte. Eh, sì, zio Nestor… - Ezio tirò su con la valvola - Ma quando passava Paolo… tutti smettevano di rimbalzare per mettersi sull’attenti con la valvola in alto. Paolo era il pallone di Pulici. Mai visto un pallone fare certe cose, numeri di alta scuola. Il pallone Paolo era un eroe e divenne presidente dell’Associazione Memoria Storica dei Palloni granata. Eh, sì, ragazzi, avevamo in mente di cambiare il mondo… poi ci fu la demolizione… Paolo e Zio Nestor si salvarono, ci ritrovammo in tre sulle macerie, mentre le ruspe avanzano.Giurammo vendetta, ci promettemmo che ci saremmo vendicati…. Ma ci perdemmo nella polvere e non ci ritrovammo mai più. Forse alla fine le ruspe li hanno presi… Tutto è finito, senza di loro…Il silenzio calò sull’uditorio.- Questo non è parlare da Toro! – sbottò Davide – Magari Paolo e Zio Nestor sono ancora vivi… e aspettano solo di poter ricostituire la Vecchia Scuola… Perché non partiamo alla loro ricerca? Forza gente, non è da noi calare le brache così. Dobbiamo essere uniti. Solo così ricostruiremo la Scuola… e salveremo il Toro!- Sì, giusto, mi associo!- Anche io!- Io pure- Anche noi, ah!- Bene, bando alle ciance. Faremo così e così. In questo modo noi… psss… psss…- Andiamo!- Subito!- Forza!- Hey, attenti a Molosso!- Oh, me ne ero dimenticato! La mia pelle così delicata... aiutoooo…!

 

Quando la comitiva ebbe lasciato il magazzino, una piccola ombra si spostò furtiva. Si poterono intravedere due occhietti furbi e cattivi, illuminati nel buio. Poi la piccola ombra si infilò in una fessura e rotolò all’esterno, verso la sua destinazione.

 

Il quartier generale dei Palloni Gonfiati sorgeva in un parco della prima cintura di Torino, a poca distanza da un campo di golf a 18 buche.- Ma tu sei sicuvo di aveve sentito questa convevsazione? - disse LeRoy, il capo dei Palloni Gonfiati, sorseggiando una coppa di champagne.- Glielo assicuro, Sire! – rispose con enfasi Geremia, la pallina da golf spia – I palloni granata vogliono ricostituire la loro Scuola. Li ho sentiti io stesso. Volevo avvisarla in tempo, Sire. In modo tale che lei possa fare qualcosa, Sire. Grazie, Sire.LeRoy congedò Geremia, la pallina da golf spia e cominciò a ridacchiare, gustando le bollicine dello Champagne.Era passato tanto tempo da quando aveva calcato i campi da calcio, e da quel momento si era dedicato soltanto a spingere le palline da golf suddite in buca, discorrendo di valvole che si abbinassero con i colori dei nuovi palloni, oppure delle azioni della Adidas.I palloni granata volevano ricostruire la loro Scuola e salvare la loro squadra? Era impossibile. Gli attaccanti erano troppo scarsi e nessun pallone avrebbe potuto porre rimedio a tale mancanza di classe.Si guardò attorno. Modaiolo, la palla da Polo e Ticket, la palla da Cricket rotolarono di fronte a lui, parlando di ricevimenti e feste.La squadra granata salvata… LeRoy sogghignò. Un’assurdità.Forse però non sarebbe stato sbagliato mettere in preallarme Bobby e Marisa.

 

Il passaparola messo in moto da Ricky e Davide diede i suoi frutti il giorno seguente. La soffiata arrivò da un ubriacone, una vecchia palla pazza che strumpallazza, dall’incedere zigzagante. Costui affermò di avere vissuto per qualche tempo senza fissa dimora sotto un ponte della periferia e di avere conosciuto due palloni malandati che vivevano in uno scatolone. Dopo poche ore tutta la rappresentativa di palle, palline e palloni, si recò nelle vicinanze di quel ponte.- C’è un focherello – disse Ricky – Qualcuno c’è, ma potrebbe essere pericoloso…- E se fossero dei palloni cinesi immigrati clandestinamente?- Vado avanti io – disse Davide – l’idea è stata mia.- No – fece Ezio – io sono l’unico che li conosce di persona – e non volle sentir ragioni.Ezio rotolò lentamente nei pressi dello scatolone. Guardò all’interno. C’erano due palloni sporchi e polverosi, ormai sgonfi e denutriti, allo stremo delle forze. Erano deformati e artritici, ma Ezio li riconobbe.- Ragazzi – mormorò tremando – datemi una mano – forse non è troppo tardi…

 

Fu così che Paolo e Zio Nestor vennero salvati dal gruppo di palloni e palle granata.In breve riacquistarono aria e forze e tornarono a rotolare, seppur lentamente, su di un prato.Paolo, desideroso di rivalsa, accettò di buon grado di fare l’allenatore di tutti loro, che avrebbero provato a salvare il Toro nell’imminente ultima gara di campionato. Zio Nestor invece si sarebbe occupato della preparazione fisica.

 

- Dovete svegliarvi, banda di debosciati! – inveì Paolo - Guardate la foto di Nonno Cuoione! Che sia di insegnamento e modello!L’allenamento aveva avuto inizio alle prime luci dell’alba, in un campetto della periferia, al riparo da sguardi indiscreti. Tuttavia i risultati erano stati subito deludenti.Paolo aveva portato con sé la foto del capostipite, Nonno Cuoione e l’aveva esposta di fronte agli allenandi, rimbalzellando nervosamente per incitare i giocatori.Da sempre la conservava con cura ed era riuscito ad evitare che fosse distrutta, quando la Vecchia Scuola era stata demolita. - Banda di scansafatiche! Dovete infilarvi nel sette della porta, non finire tutti fuori! Forza, riprovate! Dovete rendervi conto che quei giocatori non segnano neanche a porta vuota! Dovrete essere voi a pensarci! No, non così! Nonno Cuoione vi prenderebbe tutti a calci nei pentagoni, se fosse qui! Vi sgonfierebbe subito! Non siete degni di lui. Vergognatevi! Se non entrate nel “sette” vi faccio gonfiare con una pompa da bicicletta e con un ago in punta!Non c’era minaccia peggiore. L’ago infilato su una pompa da bicicletta era qualcosa che i palloni temevano sin dalla prima cucitura. - Più angolati! Più angolati!!! Datevi un effetto!!!

 

A fine giornata, Paolo e Zio Nestor accesero un focherello con la carcassa di un vecchio pallone cinese ritrovato nelle vicinanze ed i palloni, stremati, vi si radunarono intorno.- Che tipo era Nonno Cuoione? L’hai conosciuto? – chiese Davide, rivolgendosi a Paolo, il cui profilo era illuminato dalla luce del fuoco.Paolo sospirò e prese aria dalla valvola. Cominciò il proprio racconto con i pentagoni che sembravano guardare lontano verso il vuoto, quasi non volesse rivelare un animo triste.- No, ragazzi. Non ebbi mai la fortuna di conoscere Nonno Cuoione. Lasciò questa terra molto tempo prima che mi cucissero. Ma i miei maestri alla Scuola ne parlavano come del più grande di tutti. Era il pallone della squadra più forte del mondo. Di cuoio duro, cucito con filo spesso. Per calciarlo ci voleva la forza di un gigante. Ma una volta partito, non c’era portiere che sapesse resistere alla sua velocità. Una, due, tre volte! Nonno Cuoione si infilava nella porta, indirizzata senza difficoltà da quei campioni che componevano la squadra granata…. Nessuno è mai più stato come lui. Neanche io, amici… – ammise con un nuovo sospiro.- Che fine ha fatto Nonno Cuoione? – chiese Ricky, quasi rapito da quella storia.Paolo rivolse i pentagoni verso la lontana collina, sulla sommità della quale un punto confuso era illuminato.Rispose con un filo di voce, un sussurro che si disperse nella notte del prato.- Salì su un aereo, amici…. E non tornò mai più.Il focherello si spense lentamente nel silenzio di quella triste storia.Tutti si ritirarono nel loro rifugio. Poi fu solo il rumore della città attorno al parco e di qualche Gu lontano che inveiva al volante, come d’abitudine.

 

La sera prima della partita che avrebbe deciso le sorti del Torino, il vecchio Paolo guardò l’ultimo allenamento di fianco a Zio Nestor.Ognuno metteva il massimo impegno, ma qualcosa sembrava non convincerlo.- Credi che ce la faranno? – chiese a Zio Nestor.- No. E tu lo sai bene.- Che intendi dire?Non far finta di non capire, Paolo. Tu hai capito benissimo. Ci sarebbe un solo pallone che potrebbe farcela in un’impresa tanto disperata…

 

La notte stessa i palloni riuscirono a rotolare furtivamente fino allo stadio e di lì, fino all’interno degli spogliatoi, grazie ad un tombino che portava nei sotterranei, scoperto da Ping in una recente esplorazione.- E’ proprio necessario truccarci in questo modo? – brontolò Ezio. Io ho sempre avuto i miei triangoli stampati e con questi colori sembro uno di quei palloni d’alto bordo della Crocetta!- Sì, dobbiamo proprio, e anche io non ne vado fiero – disse Paolo, mentre aiutava Zio Nestor a truccarsi. – Se non facciamo così, non ci lasceranno mai entrare allo stadio.- Paolo, Paolo! – Ivana arrivò di corsa – Ci sono brutte notizie. Sembra che domani i Palloni Gonfiati cercheranno di introdurre loro infiltrati all’interno dello stadio. Si parla di Bobby, Marisa, Anthony, quello del palo di Reggio Emilia e soprattutto Sordo… il dannato pallone di Amsterdam.Il vecchio Paolo sobbalzò, cercando di non darlo a vedere. I quattro palloni nominati erano autentici guerrieri, che si erano più volte sinistramente intrufolati nella storia granata.- Ah sì? Bene, non importa. Noi saremo più forti di loro. Sentite qui: ho bisogno dell’aiuto di tutti voi. Tu “Bocia” dovrai trovarti nelle vicinanze di… e voi due La Biglia dovrete invece... E’ tutto chiaro? Mi sono spiegato?- Ce la faremo, vecchio Paolo? – chiese Ping timoroso.- Assolutamente – gli rispose il vecchio campione.Ma non ne era per nulla convinto.

 

L’ultima, disperata partita del Toro, ebbe inizio una domenica di maggio alle 15.Poco prima dell’inizio, negli spogliatoi venne udita una deflagrazione, ma nessuno capì cosa fosse capitato, fino a quando Ivana e Ping, intrufolatisi nei locali, non tornarono con notizie fresche.- Paolo, Paolo! Anthony è esploso mentre lo stavano gonfiando…- Bene bene, meno uno! – sogghignò il Vecchio Campione.- Ma… come è possibile? Tu sapevi?- Oh, deve essere stato un mio amico scrittore che lavora in una ditta di compressori… Pensiamo alla partita adesso.La gara ebbe inizio ed i palloni granata, radunati dietro la porta difesa dal Toro, scoprirono con amarezza che il pallone utilizzato sarebbe stato il temibile Marisa, travestito da pallone moderno.- Occhi aperti, ragazzi, dobbiamo tenerci pronti per intervenire! – disse Paolo.Neanche il tempo di dirlo e Marisa rimbalzò di proposito sulla mano di un giocatore del Toro.Rigore per la squadra avversaria!- Pronti per scattare col piano A, ragazzi!Proprio quando Marisa stava per essere posizionato sul dischetto, i fratelli La Biglia spararono con precisione un ago che andò ad infilarsi nelle sue cuciture.- Aaaaaah! - Gridò il pallone Marisa, sgonfiandosi e lasciando questa terra.- Morire, devi! – bis”biglia”rono i La Biglia.- Presto Bocia, tocca a te. Rotola fino al dischetto del rigore senza farti notare…!La palla da Bowling, opportunamente travestita, si piazzò sul dischetto approfittando della confusione generale. Il miglior giocatore avversario prese la rincorsa, calciò e concluse la sua giornata all’ospedale.Il gioco riprese, ma questa volta fu il pallone gobbo Sordo ad intrufolarsi in campo. Con abili Zig-Zag, riuscì ad arrivare fin quasi sulla linea di fondo, in posizione pericolosa per il Toro.Un esplosione squarciò l’aria.- Maeledetti petardi! – Mormorò qualcuno.Non era stato un petardo. Ma una carica di esplosivo che i La Biglia avevano piazzato nottetempo e azionato con un telecomando al passaggio del pallone Sordo.- Morire, devi! bis”biglia”rono i La Biglia.Il gioco riprese per la terza volta ed infine fu il turno di Bobby, che cercò di schizzare verso la porta granata. Il pallone, rinviato da un difensore del Toro, assunse una strana traiettoria. Bobby fu tentato di finire direttamente in porta, ma sarebbe stato troppo clamoroso.Si accontentò di terminare a fondo campo, in corner.Finì sopra una piccola macchia grigia.Fu inghiottito dal cemento.- Morire, devi! bis”biglia”rono i La Biglia.Paolo sogghignò. In tribuna, LeRoy, il capo dei Palloni gonfiati, si agitava disperato, senza più giocatori che potessero condannare il Toro – Ma come è poffibile? Fate qualcosa, pev favove…Fu colto da un attacco di pressione alta, si sentì male ma scoppiò prima di giungere in ospedale.

 

Senza più palloni ostili, il Toro si proiettò in avanti, tuttavia gli attaccanti non riuscirono a far gol. Scesero in campo tutti, da Ricky, a Davide, Otto, Giocondo… mentre Ping e Ivana rimbalzavano sulla testa del portiere avversario per cercare di distrarlo. Ma non ci fu nulla da fare. I giocatori erano talmente scarsi sotto porta, che neppure l’abilità dei singoli palloni poteva fare qualcosa.Ci provò anche Camillo, il pallone da rugby-poeta e in quel caso, con la palla ovale, gli attaccanti del Toro, impegnarono per sbaglio il portiere avversario, con tiri che normalmente sarebbero usciti ampiamente dallo specchio.Si arrivò però all’ultimo minuto.Calcio d’angolo per il Torino.Tutta la banda dei palloni si voltò verso Paolo- Sei l’unico che può farcela, Paolo…- Tu sei il campione…- Devi andare tu…- Stiamo retrocedendo…Paolo rimase in silenzio.Poi gettò la maschera, mentre il tempo scorreva.- Io… ve lo devo confessare amici…. non sono un eroe. Io non sono mai stato capace a giocare… ero il più scarso! -L’uditorio fu travolto da un velo di incredulità Come è possibile? – chiese Davide – Ma quella volta col Cesena…?- Non ci fu bisogno di deviare nessun tiro. Pulici non aveva bisogno di deviazioni strane. Pulici segnava per i fatti suoi. Dovevi soltanto lasciarti andare e già sapevi che saresti finito in fondo ala rete. Io… ero un incapace! Fui io che combinai il pasticcio tra Mozzini e Castellini… - No! Lo ascoltarono con la valvola spalancata.- Cercai di agevolare l’uscita di Castellini…ma sbagliai tutto. Paolino sapeva. Paolino era l’unico che avesse capito che io avevo un’anima. Spesso mi parlava, prima di un’azione. Mi diceva dove mi avrebbe spedito. Ahi, tirava certi lordoni!Il calcio d’angolo stava per essere battuto.Davide ruppe gli indugi- No… tu devi provare lo stesso, Paolo... sei la nostra ultima speranza… se entri in porta il Toro è salvo… Non ci tradire...Paolo non aveva mai fatto gol da solo senza Pulici e non sapeva da che parte cominciare. Ma per una volta nella vita gettò il cuore oltre l’ostacolo.Rotolò verso la bandierina, scacciò con un colpo di biliardo il pallone ufficiale e si fece calciare nell’area.Non sapeva bene cosa fare. Seguì l’istinto e si diresse a tutta velocità verso la fronte di una punta granata gridando – Forza Toro! Forza Toro, amici! Comunque vada! E quindi papà? Come andò a finire? >I giocatori del Toro riuscirono a fare quel gol?Papà? Papà??La bimba guardò suo padre.Che tipo strano era. Prima non voleva raccontargli una favola. Poi si commuoveva mentre lo faceva e credeva che lei non se ne accorgesse. Infine si infervorava e il suo sguardo si perdeva nel racconto, fino a quando non si addormentava. Non era la prima volta che lo faceva, quando gli raccontava di un mondo che forse non esisteva più. I grandi in fondo avevano bisogno di sogni. Come è strano il loro mondo, pensò la bambina. Chiuse gli occhi e si addormentò chiedendosi se sarebbe mai riuscita a sognare il finale di quella storia.

Mauro Saglietti