Uno dei migliori horror italiani di tutti i tempi. Il primo e il terzo episodio sono ambientati in tempi contemporanei e hanno profondamente influenzato il cinema che verrà dopo: Dario Argento, soprattutto, ma anche Quentin Tarantino. Il secondo è invece in costume, ambientato nella Russia dello zar: il parente che bussa alla porta del casolare a l tramonto è un umano o uno zombie (o meglio un wurdalak, come viene definito nel racconto di Gogol dal quale è tratto il soggetto)? Tanta suspense e il volto più noto dell’horror internazionale, cioè Boris Karloff, che alla fine ironizza su come vengono fatti gli horror a basso costo. E Mario Bava, il regista di questo film del 1963, di film a basso costo ne sapeva veramente molto. E faceva in modo che il basso costo non fosse una costrizione ma un modo per inventare un’estetica nuova, moderna, efficace.La paura è il sentimento che meglio conosciamo (purtroppo) noi del Toro. In campo hanno paura i giocatori: quando prendono un goal poi vanno in confusione per un certo periodo e spesso pregiudicano la possibilità di rimonta. Sugli spalti abbiamo paura noi che per il Toro soffriamo davvero: paura che vada come sempre tutto storto, paura che entrino gli autogol ma non i pali, paura che vengano fischiati i giocatori al primo passaggio sbagliato mandandoli ancora di più in confusione. La società ha paura di sbagliare: Lerda confermato, Lerda fiducia a tempo, non si sa cosa sia meglio e non si prende una posizione cara. Non abbiamo neanche la scusa del basso costo, perché anche se alcuni tifosi continuano a dire che Cairo non spende a me sembra che abbia speso, che non tutti i migliori siano in prestito e che forse il problema principale non è lui. Ma quale è il problema? Sinceramente non lo so, forse il dolore che provo quando perdiamo mi impedisce di ragionare. In ogni caso il problema dell’allenatore si pone. A Novara non mi è parso troppo lucido: ha mandato in campo quattro centravanti mentre forse provare Cavanda, che avevo visto giocare con la Juve e non mi era dispiaciuto, poteva aiutare ad aprire il gioco e favorire i due centravanti che già erano in campo. Il problema è: la squadra segue l’allenatore? Ha fiducia in lui? Questo è il problema da porre, nella sua risposta il destino di Lerda. Quanto al nostro, mi augurerei poco: magari un tocchetto di fortuna ogni tanto, perché di grinta sinceramente a Novara ne ho vista. Male utilizzata, ma ne ho vista.
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