mondo granata

Il campanile di Pirago

di Mauro Saglietti
Redazione Toro News

Longarone, 10 maggio 1956 - Voi non avete ancora capito, i tempi sono cambiati…! Sarete tagliati fuori dal mondo se continuerete a opporre questa inutile resistenza. Sappiatelo… la diga si farà, con o senza il vostro consenso. E vedrete che prima o poi avrete tutti il vostro beneficio.Il funzionario della Sade aveva fretta di infilarsi nella macchina che lo avrebbe portato a Venezia, almeno al limitare di essa, e aveva già infilato un piede nella 1100 dalla banda che correva lungo tutta la fiancata: Giusto vicino alla provinciale che scendeva dalla stretta gola dove millenni prima, il torrente Vajont aveva scavato il proprio percorso.Aveva fretta il funzionario, stretto nella sua cravatta dal nodo perfetto e nel suo accento che da quelle parti risultava più fastidioso di un chiodo nella scarpa. Sapeva che le proteste della gente, scesa dalle frazioni di Erto e di Casso, non sarebbero durate ancora a lungo. Di fronte ad un’opera di proporzioni tanto gigantesche, non ci sarebbe stato comitato che avrebbe resistito troppo a lungo. La trattativa privata aveva avuto già l’effetto di spaccare i “rivoltosi”, la minaccia di poter espropriare i terreni ad un prezzo ancora minore, stava facendo il resto.L’Azienda sapeva bene come giocare le proprie carte e non reputava quella gente che un fastidioso intoppo. Li guardò uno ad uno, trattenendosi con un piede e una gamba nella 1100. Facce ingenue e truci, dai lineamenti solcati da fatica e guerre, ma nulla di più. Gente che probabilmente aveva problemi a mettere insieme due parole in una lingua che non fosse il dialetto, figuriamoci a leggere le clausole di un contratto.Una donna tentò di trattenerlo per la manica, farfugliando chissà quale assurdità.- Signora, la prego – disse sfregandosi la manica, come se fosse stata infettata - Questa diga creerà occupazione per i vostri figli, e ci sarà bisogno di personale per farla funzionare… ora scusatemi, ma devo tornare a Venezia.Si infilò nella vettura trascinandosi dietro la sua cartella di pelle e la gente restò a guardarlo interdetta, dando quasi per scontato che il respirare i gas di scarico della vettura fosse inevitabile.- Hai sentito? - disse una giovane e magra donna, leggermente distaccata dal capannello di persone- Dice che la faranno comunque…- E puoi giurarci che faranno la loro maledetta diga – rispose un giovane alto e allampanato. Lo sguardo buono ma sofferto – Dal poco che ho capito ci sono interessi in ballo che vanno oltre l’utilità dell’opera…- Non ti  piace, vero? – chiese la giovane donna prendendolo sottobraccio e avviandosi verso il loro furgoncino.- A te piacerebbe se la tua casa venisse sommersa, e dovessi abbandonarla? Ti sembra giusto quello che stanno facendo?- Non puoi parlarne al giornale?Il giovane guardò la sua compagna esplodendo in una goffa risata.- Io…? Sono soltanto il fattorino…- Sì… ma che cosa ne pensano…? Non è giusto… è la tua casa e…- Ne ho sentito parlare soltanto una volta. E non vogliono assolutamente parlare delle proteste della valle. Ho come l’impressione che i signori della Sade arrivino lontano con i loro soldi…Si fece serio, poco prima di mettere in moto, indicando la gola dove sarebbe dovuta sorgere la diga. – Quella cosa non è naturale… non mi piace per niente, non si scherza con le montagne… - si voltò a guardare la valle, come tornando da un sogno, quasi guardandola per la prima volta – E’ inutile aspettare ancora. Tra un po’ si vedrà. Facciamolo stasera, parliamogliene stasera stessa. Tuo padre è una persona comprensiva… e forse questa volta non ci ammazzerà.I due si sorrisero, poi si allontanarono sul camioncino.

 

Torino, 10 luglio 2009- Deve pulire più in profondità! Vedo io da qui che è sporco! - Signora, è la terza volta che ripasso…- Bugiarda! Non cerchi di fregarmi perché sono vecchia e ho la cataratta – sbraita l’anziana signora, costretta a letto. Vecchia megera! – tuona la Badante col pensiero – Cosa devi essere stata in gioventù?Ha passato la cinquantina da un pezzo, ma la sua corporatura esile sembrerebbe adattarsi di più a quella di un romanzo di Dickens, piuttosto che a un ruolo confuso di lavoratrice post sviluppo industriale.- Vecchia megera… - si lascia sfuggire per sbaglio, sfregando il panno contro lo specchio.- Non è sempre stata così… - una voce alle sue spalle la fa trasalire.Si volta di scatto con un mezzo grido, nascondendo il panno come una bambina colta sul fatto a rubare le caramelle.L’uomo di fronte a sé si apre in un ampio sorriso. E’ alto e ha un volto spigoloso, preso dalla madre, ed una strana solarità.- Mi scusi, non volevo spaventarla. sono tornato prima dal lavoro… - le sorride.- Oh… Io non…- Non si preoccupi – l’uomo allontana la scocciatura con la mano – Conosco bene mia madre. Penso che sia più facile sopportare un elefante sullo stomaco alle volte. Ma… - prende tempo e lo sguardo gli si perde nel vuoto – Ma… non è sempre stata così. Ha avuto una vita difficile e ha dovuto allevarmi da sola…, però è stata la mamma più buona del mondo, capace di dolcezza e tenerezze, glielo garantisco. Ora purtroppo la malattia la sta facendo sragionare – scosta una tenda per guardare fuori dalla finestra – Ma io le sto facendo perdere del tempo. Mi scusi, alle volte mi perdo un po’ con la fantasia… so che è difficile da spiegare…- No, non lo è…L’uomo si volta incuriosito – In che senso non lo è…?- No, nel senso che… che la fantasia è importante… è…Non riesce a proseguire, impiantandosi sulle parole.- Che scema sono. Mi scusi ancora…Si allontana nella stanza accanto, portando con sé il panno, come fosse un trofeo.

 

Pirago, frazione di Longarone, 7 maggio 1961- Ti dico che non è normale, se ne sono accorti tutti nella zona! Soltanto che è troppo grande, non possono nasconderla. Corre lungo il fianco della montagna per almeno due chilometri, capisci?La bambina stava tirando il cavallino di legno con le ruote intorno al tavolo. Si fermò e domandò al papà che cosa stesse succedendo.- Niente, amore mio – rispose l’uomo allampanato, il Giornalista – Proprio niente! – disse ridendo, sollevando in aria la bambina, che scoppiò a ridere all’impazzata.La donna portò la piccola nella sua cameretta e fece ritorno soltanto quando lei si era ormai addormentata. Aveva un’espressione preoccupata scolpita sul volto.- Mi vuoi spiegare per bene, ti prego…?L’uomo si alzò dalla tavola e cominciò a percorrere la stanza ad ampie falcate.- Te l’ho detto, volevamo salire sulla cima del Toc, quando abbiamo trovato tre persone lungo il sentiero. Gente che hai campi poco più giù. Guardavano nel terreno, verso di noi. Sulle prime pensavo ci fosse un animale morto… E invece no! C’è una spaccatura…Come posso spiegartelo?- Una spaccatura? – L’uomo la posò le mani sulle sue braccia, ponendosi di fronte a lei.- Mi devi credere... Lungo tutta la montagna c’è una fenditura, sarà larga mezzo metro. E’ quasi un fosso, va a zig-zag, ma non si ferma. E’ come se… se la montagna si stesse aprendo…!La donna si portò le dita alle labbra. Istintivamente guardò la porta della cameretta dove la loro pargoletta stava dormendo. Era una donna forte, riacquistò immediatamente la padronanza di sé e affrontò il marito.- Cosa significa tutto questo?- Te lo dico io cosa significa. Vuol dire che hanno fatto una diga dove non dovevano farla! Te lo dicevo, non si va a molestare la montagna, non la si va a toccare…, maledizione! - Tu dici che è stata la… Ma  la diga è più avanti…!- Certo che è più avanti! – l’uomo trattenne a stento la propria rabbia, col rischio di svegliare la bambina – Ma il lago che hanno creato, è lì! Sono andati a bagnare la montagna, e ora questa sembra che abbia voglia di venire giù, tutta insieme.La donna gli si affiancò, tentennando – E cosa succederebbe se… se venisse giù? Per chi abita nelle frazioni lì attorno, dico…Tu pensi che…Non ottenne risposta, ma lo sguardo che ricevette in risposta non le piacque per nulla.- Non puoi provare a scrivere qualcosa per il giornale? La gente deve sapere del pericolo… Oramai stai lavorando per la cronaca da un po’ e…L’uomo guardò fuori dalla finestra – Ci posso provare…Ma sapeva quanto la Sade fosse potente e quanto avrebbe provato fino all’ultimo a mascherare un’avventura che sapeva di morte fin dalle fondamenta, mascherata da mito del progresso.

 

Chieri (TO), 12 luglio 2009L’anziana Religiosa attende la Badante poco oltre l’uscio della nuova costruzione e le sorride mentre la vede uscire dalla piccola utilitaria.- Sono contenta che tu sia venuta – le dice prima di abbracciarla affettuosamente e portarla a visitare la nuova struttura.- Certo che avete fatto tante modifiche… - mormora la Badante. Davvero è passato così tanto tempo dall’ultima volta?- Almeno dieci anni, mormora l’anziana Religiosa. E nel frattempo molte di noi sono tornate al Signore. Sono rimasta solo io, forse, tra le persone che conoscevi…Le due donne percorrono i corridoi dell’edificio, guardando le foto alle pareti ed i disegni appesi al muro, di molte mani infantili.- Non ce l’avremmo fatta senza l’aiuto di un importante finanziatore privato. Gli aiuti della Chiesa si sono fatti, come dire, più “attenti”. Molto  probabilmente questa casa di accoglienza sarebbe stata chiusa da molto tempo. Ora accogliamo in maggioranza persone extracomunitarie, oppure ragazze madri, che fuggono dalle regole del loro paese. O anche chi ha validi motivi per nascondersi in questo paese stesso… Ma so che sto rubando il tuo tempo - aggiunge la donna, fermandosi a guardare la Badante. Per quale motivo sei tornata a trovarmi, piccola mia? Perché so che c’è un motivo, se sei tornata qui.La Badante cerca di sorriderle amabilmente. Ma non ci riesce. La Religiosa ha sempre saputo arrivarle al cuore anche solo con lo sguardo.- Lo vedo… lo vedo di nuovo.L’anziana donna non ha bisogno di farsi spiegare che cosa.

 

Venezia, sede della Sade, dicembre 1960- Si è saputo qualcosa in valle?- Sa com’è, le voci circolano, e poi quella gigantesca “M” sul fianco della montagna non può essere nascosta. La gente vive, pascola su quei pendii. Non possiamo transennare tre chilometri di monte… Noi stiamo spargendo rassicurazioni nella gente, in particolare anche al giornale, anche se esiste qualche voce discordante.- Cosa significa “discordante”? - il capo progetto si voltò di scatto.Il funzionario si ritirò nella sua giacca, colpito dalla veemenza del proprio superiore.- Mi stia a sentire - proseguì il capo progetto, piantandoglisi di fronte. Esistono interessi in gioco più grandi di noi, riguardo a questa diga. E’ il sogno di una vita, sarà la diga più alta del mondo, riesce a capire, a comprendere? E noi possiamo vedere compromessi i nostri interessi e quelli di questi signori - indicò i soci di maggioranza - per qualche voce “discordante“? Abbiamo bisogno di tutto meno che di un moto di isteria o di ribellione, maledizione! Quindi qualsiasi voce deve essere… schiacciata, sono stato chiaro? Non vorrei che quel giornale si trovasse costretto a chiudere… lei mi capisce, vero? Questo è progresso e non abbiamo bisogno di quattro ridicoli manifestanti che ci mettano i bastoni tra le ruote! Va bene?- Sissignore, come desidera - disse il funzionario, abbassando la testa.- Passiamo ora agli aspetti tecnici, decisamente più interessanti di quelli riguardanti i pennivendoli.Le persone attorno al tavolo risero di una risata nervosa.- Avete sentito poc’anzi la relazione del Professor Vogts e del geologo Girardi. L’infausta previsione della caduta della massa franosa, renderebbe inservibile l’impianto, ne azzererebbe la capacità produttiva e raderebbe al suolo il suo valore. Oltre naturalmente a costituire fonte di pericolo per gli abitanti delle frazioni che si affacciano sul lago. La priorità è salvare l’impianto, costi quello che costi, in tempi rapidi. Ora, dal momento che la potenziale frana andrebbe ad ostruire il bacino, dividendolo in due…Si avvicinò alla lavagna, sulla quale aveva precedentemente tracciato alcune linee col gesso. - Penso sia chiaro a tutti che non facciamo più nulla di due laghi separati… a meno che - indicò uno spaccato della valle sulla lavagna - …a meno che non si costruisca, previo svuotamento del bacino, una galleria di sottopasso, sul fondo del bacino stesso, che ci garantisca la stessa capacità per via della legge sui vasi comunicanti. E’ chiara a tutti la mia idea?Il capo progetto sbatté i pugni sul tavolo, facendo sobbalzare le carte.- Signori, forse non vi rendete conto della situazione! Il tempo stringe, anzi, corre. Dobbiamo salvare questo impianto, la nazionalizzazione è alle porte e se non ce la faremo, sfumerà una montagna di profitti. E questo dovrebbe suonare come un campanello di allarme alle vostre orecchie…!Uno dei finanziatori prese la parola - Abbiamo per caso intenzione di approfondire gli studi per quanto riguarda l’impatto di una possibile onda sulle frazioni che si affacciano sul lago?Il capo progetto si voltò a guardare fuori. Nevicava su Venezia. Benché fosse uno spettacolo insolito, i canali che si riempivano di puntini bianchi destinati ad affogare non gli interessavano più di tanto.Strinse i pugni. Li strinse ancora più forte. Non restava molto tempo. Forse neanche per lui.

Chieri (TO), 12 luglio 2009- Lo vedo di nuovo… madre.- Cosa vedi bambina mia, quello che temo?Le due donne sono sedute ad un tavolo, in una stanza abbastanza spoglia della comunità.L’anziana ha mani divorate dalle rughe, che si attorcigliano nervosamente.La Badante guarda fuori. Quelli che erano cespugli, ora sono alberi. Il paesaggio della collina è comunque familiare e vorrebbe potersi fermare lì.- Che cosa vedi, bambina mia? Quello che vedevi un tempo?- Si, madre… si ricorda…?L’anziana sospira serenamente.- Io mi ricordo tutto di te, bambina mia…. Lo vedi anche in questo momento?- No…- Quando lo vedi?- Quando sono a casa, spesso contro la parete. La prima volta è capitato una sera, improvvisamente…- Sempre l’arco scuro. La soglia dipinta sul muro?La Badante sorride. Quanti anni erano trascorsi da quando tremava sulle ginocchia di quella donna tanto minuta quanto comprensiva.- Si, madre. Come allora.L’anziana si stropicciò le mani e guardò la donna sorridendo. - Ti è mai venuto in mente che forse sia arrivato il momento?- Quale… quale momento?- Quello di andare. Di andare a vedere cosa c’è dall’altra parte di quel varco.- Ma io…- Sono sicura che tu potresti farlo. Quella non è una zona d’ombra nei tuoi occhi. E quel passaggio è tornato a cercarti…- Ho paura, madre, ho tanta paura. Perché tutto questo? Perché?L’anziana le prese la mano. Tu sei protetta dal Signore, bambina mia. Non possiamo dare risposte, ma qualsiasi cosa tu decida, sappi che non sarai da sola nel passaggio.- Madre, perché…?- Perché sei tu ad aprire quell’arco. Ne sono convinta. Dimmi la verità. E’ mai passato un giorno nella tua vita senza che tu non ti ponessi delle domande?- Mio Dio…

Torino, 13 luglio 2009- Aveva appena finito di rimproverarmi… poi ho girato lo sguardo ed ho visto che aveva lo sguardo sbarrato verso il soffitto, muoveva leggermente le labbra… Ho chiamato immediatamente l’ambulanza… Ascolti…. Ho già avuto a che fare con casi come questo, si chiamano TIA, Temporary ….- Dov’è adesso? – le domanda trafelato il figlio.La Badante si guarda intorno, spersa e sofferente. L’atrio del Pronto Soccorso le sembra improvvisamente vasto come quello di un aeroporto. Persone che camminano veloci, altre che chiedono informazioni. Altre che probabilmente attendono da ore il loro turno e maledicono il momento in cui hanno deciso di recarsi lì.- Dov’è mia madre? Mi ascolta?La Badante si separa momentaneamente dalla propria ansia e vede l’uomo teso, dalle labbra serrate.- L’hanno… l’hanno portata in rianimazione. Ma mi hanno detto di attendere qui, che saranno loro a…- Devo vederla.L’uomo si fa largo tra le persone che compongono il piccolo capannello di fronte all’ingresso del settore al quale il pubblico non ha accesso, sbatacchiando il portatile a tracolla, e che probabilmente deve aver scaraventato di corsa in macchina, quando ha ricevuto la sua telefonata, poco più di un’ora prima.- Aspetti, non la lasceranno…Ma l’uomo sta già parlando con le due infermiere sulla porta, che tentano una risoluta opposizione. E’ tutto uno sventolare di tesserini ed un gesticolare. Poi l’uomo svicola tra le due, nonostante loro tentino di ribattere fino all’ultimo.La Badante lo vede correre nel corridoio, guardando dentro a ogni stanza, fino a che la doppia porta scorrevole dell’accesso limitato del Pronto Soccorso, non si richiude con uno sbuffo.

 

Pirago, 7 maggio 1962- Papà, sai che ho fatto un viaggio?Il sole sapeva  di primavera montana, poco distante da Longarone. La prima brezza che sapeva di fiori e di promesse ormai vicine.Camminando lungo la stradina della piccola frazione tenendo per mano la figlioletta, il Giornalista non riusciva a staccare gli occhi per più di qualche secondo, dalla profonda gola, nella quale campeggiava la diga del Vajont.- Papà! Papà-à? Ho fatto un viaggio!Quel pomeriggio si sarebbe finalmente messo in viaggio e l’impazienza stava invadendo tutte le pieghe della sua giornata. Le voci tra i redattori del giornale si stavano facendo insistenti, ed erano arrivate direttamente da Padova, da un lontano amico di uno dei redattori. Da qualche parte, tra quelle montagne, la Sade stava facendo eseguire degli esperimenti su di un modello che rappresentava una ricostruzione del bacino del Vajont. Questo ai suoi occhi significava una sola cosa. La Sade non avrebbe intrapreso questi esperimenti superficiali per un problema di sfasciumi superficiali, come molte voci all’interno del cantiere continuavano a riportare. Questo voleva dire che la frana poteva essere di dimensioni enormi, tali da mettere a repentaglio realmente la vita delle popolazioni che abitavano sulle rive del lago. E forse non soltanto. Forse anche Longarone, che si credeva fuori dai giochi. Forse anche lui e la moglie, che si erano trasferiti a Pirago potevano essere…- Papà ma non mi ascolti mai?A cosa stai pensando?Il Giornalista tornò alla realtà sbattendo gli occhi per un istante, incontrando quelli grandi e delusi della sua figliola.- Piccolina… scusami. Papà ha tanti pensieri in questi giorni…- A cosa pensi, papà?- A tutto e niente, a un pezzo che devo scrivere per il giornale…La bambina si fece pensosa, mentre camminavano verso la zona della chiesa.- Ho sentito la mamma che ai vicini diceva che scrivi pezzi scomodi. Cosa vuol dire? Il Giornalista sospirò e tornò a guardare le montagne, poi si chinò verso la bimba, aprendosi nel suo sorriso – Quante cose vuoi sapere, furbacchiona! Non eri tu a dovermi raccontare qualcosa? Mi hai detto che hai fatto un viaggio… dove sei andata?Gli occhi della piccina si illuminarono.- Sono andata verso il cielo!- Sei andata verso il cielo??? E come hai fatto?Una magia?- Ero con Carlo, Maria e gli altri miei amichetti sul campanile!Il Giornalista alzò lo sguardo verso il campanile della chiesa di Pirago, che incombeva su di loro e si rabbuiò.- Ti ho detto tante volte che non mi piace che tu vada a giocare lassù. E’ pericoloso, quella scala è troppo fragile! Potrebbe non reggere il vostro peso…- Ma papà! Don Beppe dice che l’ha rinforzata… Lassù in cima si vede tutta la valle,è il rifugio dove andiamo a giocare. Siamo partiti da lì… quando Don Beppe ha suonato le campane. Ci siamo alzati in volo e siamo andati in un altro posto.- Ah… - fece il Giornalista poco convinto – E che posto era?- Un posto strano papà, se vuoi ti ci porto, era tutto pieno di stranezze… Ma siamo partiti appena in tempo perché sapevamo che sarebbe arrivato un mostro!!!Il Giornalista non l’ascoltava già più. Mancavano due ore alla partenza. Sarebbe riuscito ad individuare il luogo dove la Sade stava sperimentando su modello le prove di frana? Sarebbe stato in grado di scattare delle foto con quello strano oggetto che aveva a disposizione? Avrebbe dovuto fare tutto nella riservatezza più completa. Il caporedattore non avrebbe potuto proteggere i suoi passi ancora a lungo e già ombre lunghe e probabili spie sembravano addensarglisi addosso, giorno dopo giorno.

 

 

Torino, 10 settembre 2009- L’abbiamo presa per i capelli questa volta…Gli occhi cerchiati dell’uomo cercano la provenienza del rumore delle serrande posteriori.Il grande bar in zona ospedali ha appena aperto ed attende l’arrivo dei primi clienti post alba.- Ha ripreso conoscenza?La Badante non si sente stanca, semmai triste, come se il tempo stesse sfilando sotto di lei. Non è un qualcosa esclusivamente collegato a quella donna scorbutica, c’è dell’altro, che non sa spiegare.- Sì, per qualche minuto. Ora l’hanno sedata, soltanto domani sapremo se ha avuto altri danni neurologici… certo che il passo si fa sempre più veloce.Sposta gli occhi arrossati contro un profilato pubblicitario poco a lato.- Sa, quanto me lo avevano detto, mi ero rifiutato di crederci. Avevo sempre visto mia madre come una donna invincibile. E invece… e invece non sbagliano. Sospira, puntando lo sguardo stanco sulla Badante, senza vederla realmente.- Tra un’ora dovrei essere in Valle… - indica – la borsa del computer portatile, posi scuote la testa – Grazie per avere aspettato. Sarà stanca, perché non va a casa a riposare…? Avrà sicuramente qualcuno che la aspetta…- Ho una figlia che non sa badare a se stessa, ma abbastanza grande da poterlo fare – risponde la Badante – ha 30 anni e passa da una relazione “complicata” ad un‘altra, così come la definisce lei. Sembra che se non hanno relazioni “complicate”, le ragazze si sentano in qualche modo sminuite oggi giorno…, mi scusi, sto divagando…L’uomo sembra per un attimo distendersi e ordina un altro caffè.- Non si offende vero se le dico che… insomma, cosa spinge una signora come lei a fare questo mestiere… Non che sia infamante, ma lei è una delle poche italiane ancora a…La Badante lo ferma con il gesto della mano per fargli capire che ha inteso. Molte volte ha dovuto assistere a questa tiritera.- Ho lavorato fino a due anni or sono per una casa editrice. Mi occupavo dell’impaginazione, talvolta della traduzione dei manoscritti… avevo addirittura cominciato a scrivere un libro di favole, il sogno della mia vita. Poi le avvisaglie della crisi ci hanno fatto chiudere. Inutile raccontarsi bugie. Il mio profilo lavorativo non è di alcun interesse per chi assume. E così sono arrivata fin qui, in questo bar…L’uomo annuisce, visibilmente imbarazzato, le occhiaie sempre più pronunciate.- Lei scrive, vero? Lui tamburella velocemente le dita sul tavolo, dando un’occhiata distratta all’orologio.- Ebbene sì… deve essere una tara di famiglia, anche mio padre faceva il giornalista…- Oh… è lui che le ha insegnato il mestiere?La domanda è ingenua, ma l’uomo si ferma, fissandola. Non c’è astio nel suo sguardo, soltanto la delusione di chi ha dovuto sottoporsi tante volte a questa domanda.- No, purtroppo – sorride amaramente – Mio padre era un giornalista d’inchiesta, mi sarebbe piaciuto farmi insegnare da lui i rudimenti... anche io sono un giornalista “di pancia”, che ama le cause perse come lui.La Badante si rende conto di avere detto qualcosa di troppo e non osa proseguire. L’uomo solleva un sopracciglio. Decide che quella donna ha qualcosa di strano addosso, ma che gli piace.- Le ho detto che mia madre non è così cattiva, come sembra, e che ha dovuto superare delle prove gravi, terribili nella sua vita…- Sì…L’uomo piantò i gomiti sul tavolino e la guardò con calma.- Lei cosa sa della tragedia del Vajont?La Badante, come se si trovasse di fronte ad una corrente d’aria impetuoso, socchiude gli occhi, quasi avesse difficoltà a scorgere chi ha davanti. Poco più in là, sulla destra, non può fare a meno di notarlo.L’uomo parla, ma il vento che soltanto lei percepisce, le porta via la sua voce.Lo scorge con la coda dell’occhio. C’è di nuovo. Quella cosa scura, quella cosa che non vedeva da tanti anni.La chiama, la chiama inesorabilmente.

 

 

Torino, 14 luglio 2009- Cosa sa del Vajont?Quanto è durato il soffio di vento? Un’eternità o forse di più?La cosa scura non c’è più. Sapesse almeno capire che cosa si nasconde dietro quella forma…- Il Vajont… - bofonchia la donna – Aspetti… è quando è caduta la diga… ci sono stati tutti quei morti… L’acqua portò via Longarone, mi sembra….L’uomo ha un sopracciglio sollevato ed emette una nota di sarcasmo.- Non crollò nessuna diga. Quella costruzione dannata fu la causa di quanto successe, ma è ancora là adesso… - sbuffò – Mi deve scusare, non ce l’ho con lei, ce l’ho con questo paese che fa vivere la gente nell’ignoranza, seppellendo quello che è successo sotto un fango peggiore di quello che scese allora dalla montagna. Ma tanto è inutile, è sempre la stessa storia…Si avvicina al tavolino, guardando la donna stancamente negli occhi.- Morirono quasi duemila persone a Longarone e nei paesi colpiti dall’onda. La diga sosteneva un lago, ovviamente. Fu un’opera maestosa ma sbagliata, voluta per ingordigia e desiderio di profitto estremo. Non doveva essere costruita nella valle del Vajont, che sfocia in quella del Piave. L’acqua dell’invaso andò a mettere in movimento un’antica, enorme, spaventosa frana. Vede, quando la frana venne scoperta, gli uomini della Sade, all’epoca la società antesignana dell’Enel, che si era occupata della costruzione dell’impianto e della sua gestione, tentarono di governare l’emergenza in proprio. Tennero la notizia nascosta il più possibile, sottovalutando la portata e le conseguenze di quello che sarebbe potuto capitare. Chiunque veniva a conoscenza del fatto veniva perseguito. Mio padre perse il lavoro in seguito ad alcuni suoi articoli, fu accusato di generare turbativa all’ordine pubblico, di catastrofismo. Ma tutti noi sapevamo che era la Sade che aveva remato affinché la Direzione del giornale lo rimuovesse dall’incarico…La Badante fece per dire qualcosa, riferito al padre, al fatto che l’uomo che le stava davanti dovesse aver preso molto da lui. Ma non ne ebbe il tempo.E forse fu un bene.- La notte del 9 ottobre 1963 – proseguì l’uomo - una frana spaventosa si staccò dalla montagna e piombò dentro il lago, facendolo scomparire. L’acqua formò ondate alte duecento metri, una delle quali imboccò la gola del torrente Vajont, schiantandosi su Longarone e spazzandolo via dalla faccia della terra – il suo tono si fece ancora più basso – Io, signora, quella notte persi mio padre.  E una sorellina piccola. Mia madre si salvò per puro caso. Era incinta di me, e quel giorno si sentì poco bene. Mio padre la portò all’ospedale di Ponte nelle Alpi, lasciando la mia sorellina a giocare con gli amichetti a Pirago, una frazione di Longarone, dove risiedevano. All’ospedale decisero di trattenere la mamma per la notte e mio padre tornò a Pirago – allargò le braccia sul tavolino – doveva essere tardi quando arrivò. Probabilmente aveva avuto il tempo di andarla a cercare. Lei era solita giocare con gli amichetti vicino alla chiesa… Lo trovarono scaraventato a 400 metri circa dal campanile di Pirago, l’unica cosa che sopravvisse all’onda. La sorellina... non fu mai più ritrovata. E’ una delle tante vittime che si sono perse in quella notte…L’uomo si alza e si avvicina alla vetrina, osservando con le mani in tasca il mondo che si sta mettendo in movimento.- Sarà una dura giornata oggi in valle. Tra poco dovrò incamminarmi. E lei deve andare a riposare… - l’uomo sembra guardarla per la prima volta e ne coglie l’imbarazzo – Mi deve scusare… non avrei dovuto raccontarle questa storia. Sapesse quante volte ho visto espressioni come la sua, al termine di questo racconto… sono un cafone… mi ha detto che scrive racconti?La donna sorride timidamente.- Avevo iniziato… racconti per bambini… ma ho lasciato perdere. Per alcuni di essi non trovavo il giusto finale. Probabilmente non sono mai stata portata per…- Non ci credo. Ma mi dica, che genere di racconti?- Racconti di fantasia… giochi tra amici… fughe verso altri mondi inseguiti da strani esseri…L’uomo alza le sopracciglia.- Mia madre mi raccontava spesso una storia molto bella, di un viaggio nello spazio. Credo l’avesse inventata mio padre… ma è passato tanto tempo e non me la ricordo più… lasci stare i caffè, pago io...

 

Pirago, 9 aprile 1963 - Sei sempre qui da lei, eh?- Non mi piace che giochi sul campanile. Don Beppe non doveva mettere a posto quella scala.La moglie lo abbracciò da dietro, mentre dalle finestre si sporgeva una bambina che sventolava le sue manine.- Ciao Papà! Noi partiamo… suona le campane che partiamo…L’uomo rispose al saluto, poi prese la mano della moglie – Come faremo ora? Non possiamo vivere mantenuti da tuo padre in eterno. Ce ne dobbiamo andare di qui… Troverò un altro lavoro, non siamo al sicuro…- Credi che possa davvero…Lui si girò di scatto, tenendole le mani.- Ascolta… il disgelo lassù è ormai terminato da un pezzo… presto cominceranno un nuovo invaso. Il ghiaccio nelle fessure della montagna se ne andrà… Non possiamo attendere troppo a lungo. Se avessi scritto cose false, nessuno si sarebbe fatto in quattro per farmi perdere il lavoro…- Vorrei aspettare che nascesse… Mio padre non vuole andarsene, vorrei che vedesse il bambino…Il Giornalista allargò le braccia – Potrebbe essere tardi.Su, dall’alto, le manine della piccola e dei suoi quattro amici, continuavano a sventolare.

 

Chieri (To), 15 luglio 2009 Quando la Religiosa la vede alla porta, percepisce la sua espressione sofferta, e comprende tutto.- Ho sempre saputo che un giorno saresti tornata per sapere la verità. Quando ti ho vista, tre giorni fa, ho capito che il momento era vicino. Vieni con me - sussurra amorevolmente alla Badante.Le loro figure tremolano dietro la vetrata.L’uomo vede l’espressione attonita della Badante, mentre osserva ciò che le sta mostrando la Religiosa. Sembrano disegni, vecchissimi disegni, ma dalla sua postazione nel vialetto del parco, il Giornalista non riesce a vedere e intuire più di tanto. Dal giorno prima gli rimbalzano in testa strane idee, ricordi. Non avrebbe mai deciso di seguirla, se quella storia di mostri e di spazio, non gli avesse fatto tornare alla memoria la propria infanzia.Passa molto, molto tempo. La Religiosa e la Badante si abbracciano, poi quest’ultima esce dalla porta principale, lo sguardo stravolto. Mette in moto e se ne va.L’uomo si avvicina all’uscio e suona il campanello.Quando la figura della Religiosa gli si para di fronte, non ha più il sorriso comprensivo, ma uno sguardo più severo.- Sorella, posso farle qualche domanda, mi chiamo…- So benissimo chi è – dice asciutta. Poi rilassa i muscoli del volto e del collo ed abbozza un sospiro.- In fondo aspettavo anche lei…

 

Pirago, 9 ottobre 1963 – ore 22:30Il camioncino sobbalzava lungo la provinciale e sembrava volersi spegnere ad ogni curva.- Andiamo… andiamo, maledizione!Avevano fatto tardi. Era occorsa una infinità di tempo per visitare la moglie, e quando si erano decisi, avevano deciso di trattenerla per la notte. Almeno lei era al sicuro. Loro erano al sicuro. Sapeva che sarebbe stato un maschio, eccome se lo sapeva.Il motore tossì di nuovo rabbiosamente.La telefonata fatta alla Redazione poche ore prima, questa volta aveva avuto risposta e l’amico aveva potuto spiccicare qualche parola. Nonostante recinzioni e divieti di accesso, le cime degli alberi si muovevano, il terreno camminava e lo si vedeva anche in lontananza.Non c’era più tempo. La frana stava andando.La piccolina. Sarebbe passato a portare via la piccolina e poi l’avrebbe portata al sicuro a Ponte nelle Alpi.E l’indomani, sì…, avrebbe studiato un modo per avvisare gli altri, a costo di essere incarcerato.L’indomani…Quale indomani poteva esserci?Intravide la sommità della gola del Vajont, illuminata a giorno da impianti fotovoltaici.La situazione stava precipitando.Quando giunse in vista della piccola frazione, il camioncino sbuffò con quello che poteva essere un ultimo respiro. Scese maledicendo il motore e si avviò spedito verso l’abitato. Quello sarebbe stato un problema da affrontare in seguito.Da lontano gli parve di udire il vociare di gioco dei bimbi e della propria piccolina, Don Beppe doveva avergli permesso di rimanere fino a tardi sul campanile, e nello stesso tempo il rombo soffocato di un tuono prolungato.Un tuono prolungato…Improvvisamente arrestò il proprio passo e si voltò raggelato in direzione della gola del Vajont.Per il poco che si potesse vedere, si scorgevano lampi, alla sommità.Lampi? Ma perché mai… E se invece fossero stati i cavi dell’alta tensione che venivano…Si voltò  si mise a correre disperato verso la chiesa e il campanile, gridando il nome della figlia, mentre un vento sinistro e umido, cominciava lontanamente a stendere la sua mano di morte.

 

Torino, 15 luglio 2009Singhiozza.Appena entrata in casa, forse senza neanche chiuderla porta, si è gettata sul divano.La Religiosa le ha detto di essere forte, ha cercato di dirle la verità con garbo, mostrandole i disegni che faceva da piccina, per poi parlarle del momento del suo arrivo. Ma per conoscere tutta la verità, le aveva detto, avrebbe dovuto affrontare quella prova che spesso gli si parava di fronte nei primi anni di vita.Lo strano uscio ad arco, scuro, che ora sa essere sul muro, poco distante.Tutto è assurdo e fuori da ogni campo della razionalità.Ma lei... lei l’ha sempre saputoL’ha sempre saputo… ha sempre finto di non ricordare, mentre ora tutto quel buio, tutto quel vuoto, assume i contorni mostruosi di quello che forse è stato.Di quello che è stato.Come un automa, guidata da una fredda disperazione, si avvicina all’uscio nero.

 

Pirago, 9 ottobre 1963 – ore 22:41Il Giornalista corre all’impazzata verso la chiesa. Il vento tira e non molla.Lassù… è successo qualcosa lassù… - pensa - mentre il vento si fa sempre più forte e tutto attorno, coppi, calcinacci, cominciano a volare.L’uomo grida il nome della figlia, tendendo le mani verso il campanile.Dall’alto i bimbi sporgono le manine dalle aperture.- Papà… papà… sta arrivando il mostro…! Dalla diga!Il mostro.Il mostro…Dietro di loro si spalanca lentamente porta, che loro non vedono. Sulla soglia c’è una figura scura.

 

Torino, 15 luglio 2009L’ambiente è nero, scuro, gli occhi fanno fatica ad abituarsi. - Papà… papà… sta arrivando il mostro…! Dalla diga!La Badante vede se stessa da piccola, tendere le mani verso il padre, mentre un vento assassino sta allungando la sua tenaglia sulla valle.Entra nel campanile senza essere vista, lasciano aperto l’uscio tremolante, dietro di sé.Il Giornalista grida ancora…- Vengo a prenderti!Ma un vento forte come un treno lo fa ruzzolare, quasi gli strappa i vestiti di dosso.Un boato melmoso si insinua nella rabbia omicida dell’aria.- Mio Dio, sussurra l’uomo, tentando di rimanere in piedi.- Papà… sta arrivando il mostro…Il mostro…Il mostro…Avvinghiato a un barlume di razionalità e delirio, prima che questa devastante potenza invisibile possa disintegrarlo, l’uomo ricorda le parole della figlia, come in un sogno.

 

Un posto strano papà, se vuoi ti ci porto, era tutto pieno di stranezze Ma siamo partiti appena in tempo perché sapevamo che sarebbe arrivato un mostro!!!

Papà, ho fatto un viaggio.

Siamo partiti da lì quando Don Beppe ha suonato le campane…Le campane... le campane…

 

Con la lucida follia di un disperato, il Giornalista vince la resistenza sovrumana del vento e si proietta in chiesa, quasi abbattendo la porta.Tutto trema, tutto vibra.Si lancia verso la corda campanaria e comincia sfibrato, a suonare le campane.- Parti amore… parti! – grida mentre sente che il campanile si sta irrazionalmente alzando dal suolo, sovrastando un boato inesorabile.- Parti… andate!- Papà... vieni… vieni anche tu…!- Non posso amore mio – singhiozza lui, continuando a suonare le campane… -  Non…Fa un passo per salire la scala, ma tutto è travolto dal maglio del mostro d’acqua, mentre il campanile, vola via lassù tra le stelle.

 

Lassù tra le stelle- Hai visto quante stelle ci sono nel firmamento? – dice il Giornalista alla bambina.Tutto è fermo all’interno del campanile, in un universo senza confini e senza tempo.La Badante osserva se stessa bambina e il suo papà, che la tiene sulle ginocchia.- Papà… ma perché non puoi venire con me?Il Giornalista la volta verso di sé e la guarda dentro i suoi grandi occhioni.- Amore mio… ci sono sentieri del cielo che non possiamo percorrere assieme, non ci è concesso.- Ma sappi che tuo papà ti vorrà sempre bene e sarà sempre con te… quando tu lo vorrai, potrai venire a trovarlo… qui, in questo campanile, va bene? Ti basterà aprire la porta della tua memoria, e io sarò sempre con te.Il Giornalista si volta e guarda negli occhi la Badante.Le sorride stanco ma sereno, prima che tutto si allontani.

 

Torino, 15 luglio 2009La Badante osserva il muro, tra le lacrime.L’uscio è scomparso.- Mio Dio… - dice una voce dietro di lei.La donna si volta, tremando. L’uomo, bianco come un cadavere è di fronte a lei.- Ho visto tutto… - le dice – Ho visto tutto… lui… lui era… L’avevo sempre immaginato così…Si abbandonano su divano e poltrona, la testa tra le mani.- Come… come hai fatto a entrare? – gli chiede lei dolcemente, dopo un po’.- La porta era aperta… ti stavo seguendo.Getta sul tavolino di fronte la copia di un trafiletto di un giornale datato 12 ottobre 1963, dal titolo “I bambini caduti dal cielo”.Parla di cinque bambini, comparsi dal nulla in cinque luoghi diversi d’Italia, che non ricordavano nulla se non di essere arrivati da un viaggio a bordo di un campanile.- Quella storia – dice l’uomo, mi aveva ricordato i racconti di mia madre… non ho potuto fare a meno di seguirti…Vorrebbero parlare, vorrebbero dire altro, ma il cellulare dell’uomo interrompe le loro emozioni.Lui si fa, se possibile, ancora più pallido.- Chiamano dall’ospedale. Mia madre… nostra madre si sta spegnendo…

 

Torino, 16 luglio 2009- Ho sempre saputo che eri tu. Ti avevo riconosciuta subito – dice con fatica l’anziana donna.- Perché non mi hai detto niente? Perché…? – la Badante piange tenendole la mano.- Perché avevo paura che tu mi riconoscessi. Perché avevo paura che tu ricordassi…La Badante poggia il capo sulle lenzuola.- E’ la stanchezza che la fa delirare… - dice l’infermiera, ma l’uomo non la ascolta neanche. - Lei non può capire- Mi racconti una storia – chiede la vecchia con occhi vacui – mi racconti la storia di quel campanile? Da tanto non la ascolto più…- Certo, allora… - dice la Badante tirando su col naso e poggiandola test di fianco alla donnaLe voci si affievoliscono..L’uomo guarda fuori dalla finestra.E’ una notte stellata.Apre la sua mano e l’appoggia sul vetro, chiedendosi quante mai possano essere le stelle del firmamento.

 

Il 9 ottobre 1963, quasi 2000 persone persero la vita.680 erano bambini.Questo fu il prezzo da pagare per il progresso ed un’opera che fu definita, secondo le parole di Micaela Coletti, Presidente dell’Associazione Sopravvissuti del Vajont, un qualcosa che era stata presentata come utile a molti e che invece si rivelò costruita per l’interesse di pochi.Oltre la metà delle vittime non venne mai riconosciuta, una buona parte di esse mai ritrovata, spazzata via da un’onda che deformò addirittura la conformazione del terreno.

Tutti i personaggi di questo racconto sono frutto di fantasia.Il dolore per la perdita di 2000 persone, tra cui 800 bambini, no.Il disprezzo per chi seppellisce i ricordi sotto menzogne di cemento, neppure. Mauro Saglietti

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