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mondo granata
Il 4 maggio è un giorno particolare per i tifosi del Toro, lo è anche per uno sportivo che ha metà del proprio cuore granata grazie agli affetti che lo circondano. Infatti la passione per questi colori è maturata vent’anni fa con l’amore per la mia dolce metà, e per la stima e l’affetto per mio suocero, abbonato da 50 anni e profondo conoscitore della storia del Toro.
I suoi racconti su quel 4 maggio hanno sempre destato in me commozione mista a rabbia.
Commozione per la tragedia sportiva e umana che si è consumata, per la disperazione di una città, di una nazione che aveva adottato gli atleti granata eroi anche in azzurro; rabbia per dirigenze incapaci che si sono succedute, al di là di qualche rara eccezione, per la scarsa sensibilità di molti atleti che sul campo non hanno tenuto fede ai proclami d’amore per la maglia e per i tifosi.
E allora in questo 4 maggio dove anche la pioggia è tornata, come da tradizione, la domanda più ricorrente è: ma quanto dovremo ancora soffrire, quando riusciremo finalmente ad avere una società degna di questo nome e dei giocatori che lottino fino all’ultimo minuto, quando usciremo dal Comunale finalmente soddisfatti che almeno ci hanno provato con tutte le loro forze?
Il dodicesimo in campo è stato l’unico rimasto sempre fedele ai colori, alla tradizione e a tutto ciò che significa avere il Toro nel sangue, la speranza è che da oggi anche le altre componenti, atleti e dirigenti, possano capire ciò che noi tifosi abbiamo imparato da un pezzo.
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