Uno dei più grandi film di guerra di tutti i tempi, la storia di quattro soldati americani del 1° reparto di fanteria che, capitanati da un Lee Marvin duro ed essenziale, combattono in Nord Africa, in Sicilia, in Normandia e in Cecoslovacchia entrando anche in un campo di concentramento. Il regista, Samuel Fuller, è poi diventato l’idolo di una generazione di cinefili tra i quali Godard e Wenders. La guerra è raccontata in maniera cruda, essenziale. I quattro militari parlano pochissimo, agiscono molto ma non sono eroi invincibili, sanno commuoversi e ammettono i propri errori.Cosa c’entra “Il grande Uno rosso” con la nostra truppa malferma che ha appena cambiato sergente? C’entra, c’entra. Perché i quattro amici litigano spesso ma poi sanno agire. Perché Lee Marvin è un graduato che non guarda in faccia nessuno e sa conquistare la fiducia non con le punizioni ma con la credibilità. Perché quando sbagliano sanno ammettere i propri errori. Nella conferenza stampa ho sentito parlare di errori in proprio da parte di Cairo, e anche Lerda ha riconosciuto sbagli. Onore delle armi a Lerrda, benvenuto Papadopulo che adesso deve portarci in A. Secondo me basta arrivare ai playoff, se ci entriamo (e se ci sono) questa volta li vinciamo anche se non siamo terzi. Ho sentito e ho letto molti tifosi parlare di vergogna per i casini che ogni anno combiniamo. Pienamente d’accordo. Ma la vergogna dell’intero campionato è una curva che scandisce “Luciano Moggi”. Come dire: senza i suoi furti noi non vinciamo. Quello è lo schifo, lo schifo vero di questa stagione. Prima di buttarci troppo giù, ricordiamoci sempre che c’è chi è molto peggio di noi.
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