Cari amici. Ho ricevuto questa splendida storia che non esito a pubblicare nella mia rubrica Istantanee. Leggetela, ne vale la pena. Ciao, Mauro Saglietti.
mondo granata
Il mio primo derby
Il mio primo derby". Sono nato a Galatina (LE) nel 1965 e non so perché o per come fin dal'età di 5 anni ho cominciato a tifare TORO. In famiglia e tra i miei amichetti, non c';era nessuno che tifasse per quella squadra ma come spesso succede dalle nostre parti, il tifo era rivolto a squadre come Inter, Milan o juve (soprattutto). Odiavo quelle tre squadre così; come odiavo i soldati americani nel film western che avevano sempre la meglio sui poveri pellerossa. La mia infanzia, calcisticamente parlando, non mi ha riservato tante gioie ma ora devo ammettere che i ricordi più belli sono legati a quel periodo quando, vicino casa, ero risuscito a portare il valore di un giocatore del TORO a 5 punti alla pari di quelli delle squadre che odiavo di più. La mia passione per il TORO era cresciuta di con me e non perdevo occasione per parlare del TORO o per litigare per il TORO e questo succedeva spessissimo: a scuola, vicino casa, nel settore giovanile della mia città, ovunque. Avevo sempre desiderato andare a vedere il TORO a Torino ma sino all'età di 15 anni le uniche due partite che ero riuscito a vedere erano state quelle di Coppa Italia che il mio TORO aveva disputato a Lecce. Quell'anno avevo deciso che sarei andato a vedere il Derby a qualunque costo. Ero un ragazzo molto tranquillo, ma quando decidevo di fare una cosa niente poteva impedirmelo. I miei erano all’oscuro di tutto non mi avrebbero mai permesso di andare da solo a Torino, io che non mi ero mai mosso da Galatina e che non avevo mai preso il treno. Il sabato pomeriggio riuscii a convincere il fratello maggiore di un mio amico ad accompagnarmi a Lecce dove qualche ora dopo avrei preso il treno. Per i miei stavo trascorrendo la serata a casa di amici e probabilmente mi sarei fermato da loro a dormire. Sapevo che i miei avrebbe presto scoperto la mia bugia, ma dovevo riuscire a non farli insospettire prima della partenza di quel treno. Tutto riuscii a meraviglia, con l'aiuto e la copertura di qualche amico che vedevano in questa mia un'avventura a cui partecipare. Durante la sosta in stazione ero preoccupato di quello che i miei mi avrebbero detto ma soprattutto fatto al mio ritorno, ma la preoccupazione più grande era quella di venire scoperto e non poter portare a temine quel mio desiderio cullato per tutta una stagione.Finalmente il treno partì ora nulla poteva fermarmi. Giunti a Bari, dove il treno effettuava una pausa di circa 30 minuti, scesi dal treno e telefonai a casa (all'ora non esistevano i cellulari). Non riporto le parole e le minacce che arrivarono dall'altra parte della cornetta, ma ormai ero deciso dovevo andare a vedere il Derby. A Torino giunsi la mattina seguente, dopo una notte insonne e 14 ore di viaggio e ad attendermi c’era il cugino del mio amico. Dopo un caloroso saluto, mi diede una dritta su come arrivare allo stadio e subito dopo mi consegnò il biglietto: ORRORE …era un biglietto della curva dei gobbi (allora curva Filadelfia). Strinsi quel biglietto fin quasi a strapparlo. Una stana forma di nervosismo mi assalì tanto da farmi scendere qualche lacrima. L'artefice di quell'orrore non riusciva a comprendere il mio stato d'animo ne se lo stesso fosse dovuto a gioia o rabbia. Mi disse: cosa c'è, non sei contento? Un biglietto di curva così come mi aveva chiesto mio cugino. Lo guardai ancora piùincazzato e gli risposi: “ sì era un biglietto di curva quello che volevo ma non di questa curva ma della Maratona. Lui sembrava non capire: ma scusa mi disse, quella della juve non è la Maratona! Appunto, risposi, cosa ci vado a fare in quella curva di gobbi? A quel punto tutto gli fu chiaro: incredibile, sei del Toro, tutto mi sarei aspettato tranne che un ragazzo di Lecce possa venire a Torino per vedere il Toro poi dopo quell'attimo di meraviglia un leggero sorriso gli apparve sulle labbra, e mi disse: quasi quasi sono contento così non potrai tifare per la tua squadra e sappi che io sono della juve. Ormai ero incazzato nero ancora oggi non so come riuscii a trattenermi dal dargli un bel pugno su quella smorfia di superiorità tipica juventina. L'unica cosa che riuscii ad urlagli in faccia fu: tanto perderete. Ma la mia più che convinzione era rabbia, una rabbia che sgorgava dal profondo del cuore. Un anno di sacrifici, di rinunce, una punizione galattica che attendeva il mio ritorno, tutto questo per assistere al derby dalla curva della juve. Non riuscivo a digerirla. Non ricordo se salutai quel ragazzo tanto ero arrabbiato e voltate le spalle mi avviai all'uscita della stazione Porta Nuova. Tanti pensieri mi frullavano in testa tra i quali quello di come arrivare allo stadio. Torino era una grande città e sicuramente mi sarei perso. Appena uscito dalla stazione quel mio dubbio svanì. Alcuni gruppi di tifosi erano in attesa del tram che gli avrebbe condotti allo stadio. Mi sembrava tutto così strano, tante bandiere, sciarpe cappelli del TORO. Non ero abituato a quella visione. Io ero sempre l'unico a sventolare i vessilli granata a Galatina e qui mi sentivo a casa pur se a più di mille chilometri di distanza. Arrivai allo stadio nei pressi della Maratona. C’era tanta gente e tutti inneggianti al TORO. Rimasi lì per molto tempo. I cancelli non erano ancora aperti e a me piaceva ascoltare i cori che da lì a poco avrei udito nello stadio. Volevo impararli a memoria e se avessi avuto la possibilità li avrei urlati anche in quella curva di gobbi. I cancelli furono aperti, e non sapendo cosa mi aspettava decisi che era il momento di andare. Giunto dall'altra parte dello stadio, il solo vedere quelle cose bianconere mi faceva stare male. Ero giovane ma in quell'occasione il buon senso prevalse e decisi che era meglio entrare in quella curva senza il mio unico vessillo granata, una piccola bandiera che usavo come bandana. Entrato nello stadio, uno spettacolo bellissimo mi accolse: di fronte a me una curva stracolma di gente vomitante colore granata. Un brivido mi segnò la schiena. Mi sedetti ipnotizzato da quello che stava succedendo dall'altra parte del campo. Ero nella curva della juve, ma le urla della Maratona giungevano con l'impeto di un uragano. I Tifosi della Juve non reggevano il confronto e si limitavano a fischiare. In quel momento ero quasi contento del mio posto, forse non avrei potuto urlare il mio tifo ma assistere a quello spettacolo mi ripagava di tutti i sacrifici fatti. Tanti gli striscioni che beffeggiavano la juve ma uno più degli altri mi rimase impresso recitava: LADROSA SCHIFOSA&. Lo striscione richiamava uno slogan molto in voga in quel periodo che pubblicizzava la nuova nata della fiat: la Uno.La partita sappiamo tutti come andò. Il TORO giocò bene ma un errore difensivo provocò il primo gol della juve. Gli juventini festeggiavano, ma dai canti che giungevano dalla Maratona sembrava che in vantaggio fosse il TORO. Dopo il primo tempo chiusosi sullo 0-1 ero ancora fiducioso. Per tutto il tempo avevo assistito alla partita in trepidante silenzio. Mai una parola, mai un urlo per paura di ripercussioni. Io credo negli angeli e credo nelle persone care che non ci sono più e proprio a loro rivolsi i miei pensieri chiedendone l’aiuto. Non poteva finire così. Qualche volte anche gli indiani avevano avuto i loro momenti di gloria.Poi l’incredibile, l’imponderabile. 1-2…2-2…3-2. Ero impazzito. Tutta la mia voglia di urlare TORO-TORO esplose senza ritegno. In quei momenti non pensai un solo istante al rischio che stavo correndo. Ero uno dei pochi e sottolineo uno dei pochi e non il solo, che in curva Filadelfia gioiva. Forse io lo facevo in maniera spudorata mentre altri si trattenevano, si limitavano nell’esternare la propria gioia per paura di quello che avrebbero potuto subire; e di questo me ne accorsi quando, a pochi minuti dalla fine mentre continuavo a dimenarmi come un ossesso per il risultato che la mia squadra stava portando in porto, una mano energica si poggio sulla mia spalla. Era un signore sulla sessantina, corporatura robusta che mi disse:”vieni con me questo non è un posto sicuro. Inizialmente non riuscivo a capire, credevo fosse uno juventino che esasperato dalla mia esultanza aveva deciso di vendicarsi. Io non avevo nessuna intenzione di abbandonare il mio posto, volevo gustarmela tutta quella vittoria che aveva qualcosa di magico in se. L'uomo, accortosi che il suo messaggio non aveva raggiunto l'obbiettivo sperato, si riavvicinò e abbassandosi mi sussurrò:non preoccuparti, sono del TORO anch'io, ma per te potrebbe essere molto pericoloso restare qui. Mancavano pochissimi minuti al fischio finale; lo guardai fisso negli occhi e capì che mi voleva aiutare, era sincero, nei suoi occhi vedevo la mia stessa gioia, la mia stessa voglia di urlare, solo che lui riusciva a controllarla conscio dei rischi che certe situazioni comportano. A malincuore abbandonai il mio posto e mi affidai alla sua mano. Attraversammo a fatica le file che ci separavano dall’uscita ed i miei occhi incrociavano gli sguardi assenti di centinaia di gobbi che come zombi stralunati osservavano l'epilogo della partita. Eravamo giunti quasi all'uscita dello stadio e si sentivano forti i cori della Maratona e non solo, visto che tre quarti dello stadio era di tinte granata. All'urlo assordante che giunse al triplice fischio finale voltai il mio sguardo verso la curva che ci eravamo lasciati alle spalle ed in alto nell'ultima fila, l’unica che si riusciva a scorgere, vidi diverse persone esultare per l’impresa appena conclusa. Dopo esserci abbracciati superammo i cancelli di uscita e giungemmo nei pressi di una bancarella che aveva tutto il materiale delle due squadre. Con lo sguardo tipico del bambino che osserva la vetrina delle caramelle, guardavo i vessilli granata. Non avevo molti soldi a disposizione e dovevo affrontare il viaggio di ritorno. Qell'uomo che si era preso cura di me in quei minuti, capì; la situazione. Mi fece alcune domande, volle sapere come mai, e meravigliato e colpito della mia avventura, senza pensarci due volte, mi disse: scegli quello che vuoi, te lo offre nonno Valentino. Non volevo approfittare della sua bontà ma la tentazione fu troppo forte. Una sciarpa con la scritta FORZA TORO e un cappellino di lana bianco granata con un TORO rampante dorato furono gli oggetti da me scelti. Nonno Valentino compiaciuto mi accarezzò energicamente la testa e con un sorriso mi disse:”non cambiare mai anche se le cose non dovessero andar bene. Noi del TORO siamo speciali e tu sei un ragazzo speciale. Rimasi senza parole poi la grande fiumara di persone che usciva dallo stadio ci investì; e non ebbi modo di ringraziarlo, lo persi di vista. Provai ad alzare lo sguardo, a sollevarmi sulle punte ma niente, nonno Valentino era sparito.Mi avviai verso la Maratona dove un fiume granata sembrava aver rotto gli argini e straripava dallo stadio. Urla, canti, gente che ballava, gente soprattutto anziani che non vacevano nulla per nascondere la loro commozione, la loro gioia.Mi avviai verso il centro incantato da quello che stavo vedendo. Non sapevo se andavo dalla parte giusta oppure no, ma ero felice di essere una goccia in quel mare granata. Giunto alla stazione, aspettai l’arrivo del treno che mi avrebbe riportato a casa. Sapevo cosa mi attendeva, ma non me ne fregava niente. Ero il ragazzo più felice del mondo. Avevo vissuto una favola, il primo viaggio, il mio primo derby, il mio primo amico granata ….nonno Valentino; ciao nonno ovunque tu sia. Giampiero Sabella
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