di Walter Panero
mondo granata
Il piccolo grande Abedi Pelè
Sul tappeto verde smeraldo, la squadra vestita di blu e la squadra vestita di granata si affrontano da circa dieci minuti fatti di tocchetti, piccole schermaglie e pochi tiri in porta. Si odono voci fuori campo, una in particolare nella lingua di Zola e Prévert: “Sauzée qui passe a Abedì Pelé….Pelé…il saute deux adversaires…Pelé….Papin…but! But de Papin! L’O.M. a marquè ! Donc maintenant le score est O.M . 1 – Torino 0, grace au but de Jean-Pierre Papin ».Accidenti ! L’Olympique Marsiglia è appena passato in vantaggio sul Toro….manca ancora molto al termine della partita e c’è tutto il tempo per rimediare, ma la rete è giunta come una doccia fredda, visto che i granata, giocando in casa, stavano mantenendo un certo predominio territoriale…e ora si buttano all’attacco…siamo già nel secondo tempo: ci provano Muller, Skoro e due volte Romano con tiri da fuori: invano. Manca poco alla fine, il Marsiglia, con due rocce come il brasiliano Mozer e il Francese di origini ivoriane Basile Boli ha ormai chiuso tutti i varchi, e quel Pelé fa letteralmente impazzire la nostra retroguardia ogni volta che i marsigliesiavanzano….”Waddle….Pelé….Cantona….éncore pour Abedì Pele qui saute la gardien turinois Marchegiani et marque le deuxième but….O.M. 2- Torino 0 et le match n’a plus d’histoire maintenant!” E’ finita….è finita….il Marsiglia ci ha distrutti anche oltre il risultato….io mi alzo da terra imbufalito! “Va beh….andiamo a bere qualcosa”, dico. Ma chi l’avrebbe mai detto! Perdere così proprio in casa mia! E poi lui mi aveva detto di non aver mai giocato prima! Lui è Tony, il mio amico d’infanzia marsigliese conosciuto tanti e tanti anni fa su in montagna a Fenils, minuscolo villaggio ai piedi dello Chaberton, dove io andavo in vacanza ad agosto con i miei e lui passava l’intera estate in compagnia di un’anziana zia che era nata proprio lì. Siamo diventati amici subito, Tony ed io: abbiamo diviso tutto. Amicizie, ragazze, passioni. La più grande delle quali, quella che ci ha fatto palpitare il cuore più di tutte è sempre stata quella per il calcio: per il Toro, io; per l’Olimpyque di Marsiglia, lui.Fino a poco tempo fa ci vedevamo solo d’estate su al piccolo paese, ma ora siamo cresciuti: io ho quasi vent’anni, ormai ed ho iniziato l’Università da qualche mese, mentre lui ne ha due in meno. Siamo abbastanza grandi per spostarci da soli così, se io per Capodanno sono stato per alcuni giorni nella sua città, ora è stato il suo turno di rendermi visita a Torino. Domani andremo insieme a vedere Toro-Pisa, partita che potrebbe rivelarsi decisiva per la risalita in A del Toro, disgraziatamente retrocesso al termine della stagione scorsa.Ma stasera la sfida era qui. In camera mia. A Subbuteo, il calcio in miniatura a punta di dito che ha rubato alla mia adolescenza molte più ore che i libri e le ragazze. Ero sicuro di batterlo facilmente, visto che sono bravino e lui sosteneva di non averci giocato mai. Ma, o si tratta di un talento naturale, o mi ha mentito per pretattica, visto l’andamento della partita. Quel numero dieci, quell’Abedì Pelé che mai avevo sentito nominare prima mi ha fatto letteralmente impazzire.E invece….e invece sbagliavo clamorosamente! Perché il vero Abedi Ajew detto Pelé non sarà stato al livello del suo omonimo fenomeno brasiliano, ma era un grandissimo giocatore. E lo capii un paio d’anni dopo, nel 1991, quando, nei quarti di finale di Coppa Campioni, Pelé fece andar fuori di testa la difesa più forte del mondo, di quella che allora era senza dubbio la squadra più forte del mondo: il Milan di Arrigo Sacchi. Tanto che, nel match di ritorno, quando fu evidente che non c’erano più possibilità di spuntarla, i rossoneri si ritirarono dal campo adducendo come scusa la scarsa visibilità sul terreno del Velodrome dovuta ad alcuni fari spenti. Questa ignobile sceneggiata costò ai rossoneri un anno di squalifica dalle coppe europee.Il Marsiglia del Presidente Tapie, di Boli, di Pelé e di Papin arrivò fino alla finale di Bari, dove perse ai rigori contro la Stella Rossa. Ma si rifece due anni dopo a Monaco di Baviera, proprio contro il Milan: l’ex Pallone d’Oro Papin aveva cambiato casacca passando alla corte rossonera, ma c’erano Barthez e Angloma; Boli e Desailly; Deschamps e Sauzéè; l’ex romanista Voeller ed il futuro gobbo Boksic. E c’era soprattutto lui: Abedì Pelé.Chi l’avrebbe mai detto che soltanto un anno e pochi mesi dopo, proprio lui, uomo dall’età imprecisata eletto più volte “Pallone d’Oro” del continente africano, avrebbe vestito la maglia granata? Fu acquistato nell’estate del 1994 dal neo Presidente Calleri che lo prese dal Lione, dove si era trasferito a seguito dei guai finanziari che avevano coinvolto Bernard Tapie ed il Marsiglia. La prima stagione da noi fu davvero eccezionale: la non più giovane mezzapunta mancina ghanese si affermò come uno dei migliori stranieri presi dal Toro dalla riapertura delle frontiere. Disputò 32 partite in campionato, segnando la bellezza di 10 reti e soprattutto dando il suo contributo, sotto forma di assist, a molti dei 19 gol di Rizzitelli, mai prolifico come in quella stagione. Alla fine, il Toro giunse undicesimo, salvandosi con ampio anticipo e togliendosi la non piccola soddisfazione di battere in entrambi i derby la Juve di Lippi che vinse il titolo.Pelé venne confermato anche per l’anno successivo, che però, anche a causa di reiterati infortuni e del modesto livello generale della squadra, fu molto triste sia per il Toro che retrocesse quasi senza lottare, che per il campione africano, il quale disputò solamente 18 partite segnando tre gol.Al termine della stagione 1995-96, si trasferì in Germania, al Monaco 1860 dove in due anni disputò 50 partite con due soli gol. Concluse la carriera in Francia, prima di trasferirsi definitivamente nel suo Ghana dove ha aperto una scuola calcio ed è stato uno dei “testimonial” dei prossimi Mondiali in Sud Africa. Un paio di anni fa lo abbiamo rivisto sfilare, con qualche chiletto di troppo, sul campo dell’Olimpico, in occasione della Festa per i cento anni del Toro.Tony ora ha 36 anni, una moglie e due figli di cui il maggiore è grandissimo appassionato di calcio e tifoso dell’O.M. Vivono nei pressi di Marsiglia ma, appena hanno un briciolo di tempo, scappano su a Fenils. Per respirare il profumo delle nostre montagne. Per non cancellare i ricordi di un’infanzia e di un’adolescenza vissute a pane e calcio, pane ed O.M, pane e Toro.
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