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mondo granata
di Steve e Valentino Della Casa
Il calcio, anzi il Toro, visto dagli occhi di un padre e di un figlio, da chi ha visto tanti giocatori andare e venire e da chi si basa sulle sue esperienze molto più recenti. Due punti di vista, tra ricordi e speranze
SON: Quest’anno è Calderoni, mica male! Direi che avere un buon portiere di “scorta” possa essere molto importante, sia dal punto di vista tecnico, sia dal punto di vista umano, se lo consideriamo inserito in un ambiente, quello della squadra, dove difficilmente avrà grandi possibilità di mettersi in mostra. Fontana l’anno scorso è stato esemplare: il buon Jimmy, che ha fatto quella grandissima parata “alla Fontana”, come lui stesso l’ha definita poi, si è rivelato fondamentale anche come uomo spogliatoio, lui che è un grandissimo tifoso del toro. Alex Calderoni, in più rispetto al nostro portiere-tifoso, vanta un curriculum di buon livello, per cui mi chiedo ancora come mai abbia deciso di fare il secondo da noi, avendo davanti in graduatoria un mostro sacro quale è Sereni. Potrebbe giocare titolare in diverse squadre di serie A, per cui possiamo vantarci di avere un’arma in più in panchina, pronta a garantirci una certa tranquillità ogni volta che entrerà in campo. Ecco, la qualità principale del “portiere di riserva” è la tranquillità che è in grado di offrire alla squadra ed ai tifosi in caso debba subentrare al titolare, ed Alex, come anche Jimmy d’altra parte, fortunatamente la possiede.
FATHER: “Dovunque andiate, dovunque andrete Chianti Ruffino sempre troverete”. Quando questa pubblicità echeggiava allo stadio Comunale, le squadre stavano per entrare in campo. e fu proprio in quel periodo, che gli undici leoni del toro cominciavano a diventare dodici, perché il nuovo regolamento consentiva di schierare in panchina un portiere di riserva. E così, a proteggere i pali dietro Poletti e Fossati, Puja e Cereser, non c’era solamente il grande Lido Vieri, ma iniziò ad aprirsi una seconda possibilità, quella rappresentata dall’oscuro ma onnipresente Sattolo. In curva non c’era patema d’animo se per caso il portiere titolare avesse dovuto lasciare i guantoni al suo vice: anche se non giocava mai, Sattolo era una vera certezza. Giocò fino a tarda età, ha continuato a giocare molto anche in seguito. Poi nello stadio si è smesso di cantare: “Il brandy per me, il brandy per te è il Cavallino Rosso”, e si è passati (segno dei tempi) al Kingo Bingo. Anche in quei tempi più recenti, in uno stadio diverso, in panchina siedeva un professionista sicuro, ligure come il suo cognome: Casazza. I guanti restavano molto spesso fermi sulla panchina, e immagino che quando uno dei 2 entrava in campo, il riferimento era sempre al Nino di Francesco de Gregori, che non deve aver paura di battere un calcio di rigore.
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