mondo granata

Il sabato del villaggio

Redazione Toro News
di Mauro Saglietti

Potrebbe essere tra dieci minuti.Potrebbe essere tra due ore.Potrebbe essere tra otto ore.Potrebbe essere dopodomaniTra nove giorni.Tra tre settimane.Potrebbe anche non essere, non dobbiamo escluderlo, ma non dobbiamo neanche pensarci.Facciamo tutti i gesti scaramantici del mondo, ma non dimentichiamo mai l’umiltà.Se non sarà oggi, mancheranno comunque due punti.E quei due punti saranno da fare, in un modo o nell’altro.Quindi teniamo la gioia ancora nel cuore.E se vogliamo, abbandoniamoci a un viaggio sul pick-up della memoria, senza ansia, senza pretese.Per fare passare le ore che ci separano da…Già. Da.

 

C’è una strana atmosfera durante questi giorni.Non è la terribile ansia che ha preceduto la partita col Sassuolo, popolata dai fantasmi che ci siamo costruiti con lo scopo di proteggerci scaramanticamente.Qualsiasi convergenza di coincidenze negative elaborate con ampio anticipo in modo da considerarle inevitabili, qualora si fossero verificate.Ansia poi esorcizzata con una invasione di campo liberatoria.No, non c’è tutto quello.C’è attenzione, un po’ di paura atavica, inevitabile, dovuta, non si sa mai.C’è la consapevolezza dell’unione ritrovata, del sostenerci vicendevolmente, come se avessimo giocosamente riscoperto la nostra forza.Non i singoli, le corporazioni, ma la coralità.La voglia di giocare tutti insieme, di essere singoli parte di un Uno che forse non comprendiamo, ma che ci regala molto più senso della nostra individualità.C’è tutto questo.Ma c’è soprattutto una attesa che richiama quella del Sabato del Villaggio di Leopardi, tra i versi più belli mai scritti.C’è voglia di fermarsi ed annusare quest’aria che sembra per una volta pulita.Siamo talmente abituati al respiro corto, all’angoscia, alle ombre reiterate, che viene voglia quasi di allungare questo tempo che ci separa dalla prova finale.Come guerrieri prima dello scontro, prima di quello che sarà, parliamo sottovoce, ci soffermiamo nei particolari di giorni che solitamente avremmo voluto mangiare.

 

E allora, mentre gli istanti inevitabili della nostra vita granata trascorrono lo stesso, perché non allunghiamo questo Sabato del villaggio con un viaggio senza tempo nei ricordi, singoli, che diventano di tutti.Mi viene in mente una campagna sterminata, uno scenario americano, il cielo dove nuvole di vento piacevole lasciano trasparire l’azzurro.E un pick-up che ci porti via, pochi posti, tanti posti, gli amici, le persone che vogliamo con noi…Che importa il numero, quando il motore è quello della fantasia.Una musica che non metta l’ansia addosso, ma che si lasci scorrere nella sua semplicità. Ho pensato ai Poco di Rose of Cimarron, per chi la conosce e ha la fortuna di poterla ascoltare leggendo. Oppure si Simon and Garfunkel di Bleeker street e Kathy’s song, per chi preferisce.Ok, un colpo alla chiavetta uno all’acceleratore e si va.Destinazione?Le nostre “altre volte”.

 

Roll along, roll onRose of CimarronDusty days are goneRose of Cimarron

 

- Bella idea abbiamo avuto a portare la bandiere… andiamo a festeggiare?- Ma vaffanbrodo, Danilo!Non voglio parlare, non mi va di dire niente. Voglio soltanto tornare verso la macchina a prendere la bottiglia dell’acqua e non pensarci.Lo sapevo, lo sapevo, lo sapevo. Non poteva che finire così, del resto non ho quasi mai festeggiato nulla per il Toro e anche stavolta ha pensato bene di romperci le uova nel paniere.

 

La scena è il parco della Pellerina, il giorno è il sei di maggio del 1990.Siamo in sette amici, tra ragazzi e ragazze, stesi sui plaid di una bella giornata di sole.Cosa facciamo lì? Abbiamo deciso di esorcizzare l’attesa del risultato della partita del Toro recandoci in un luogo che proprio non ce lo ricordi, e nel quale noi si possa rimanere nel caso la situazione non si metta al meglio.Sì, perché al toro basta poco per andare in serie A, pochissimo se la Reggina non farà risultato.Ma quel giorno tutto sembra andare storto.

 

Il Toro di Fascetti è forte, fortissimo, la promozione non è mai in discussione.Ma sono altri anni, per quasi tutti noi è la prima serie B e l’abbiamo affrontata come un gioco, senza neanche accorgerci di esserci finiti. Al limite il problema, non da poco, è quello di arrivare davanti al Pisa, l’unica squadra che ha tentato di stare al nostro passo.Veniamo da tre vittorie consecutive, ottenute proprio contro Pisa, Foggia e Licata, che ci hanno permesso di balzare al comando, dopo un lungo tira e molla.Dunque si arriva a Trieste con la possibilità di uscire a rivedere le stelle che non abbiamo mai smesso di guardare, sotto i primi gioiosi anni della presidenza Borsano.Non ci sono telefoni, c’è la solita radio che trasmette Tutto il calcio minuto per minuto, e quella basta e avanza.E c’è un pallone, che calciamo nervosamente, immaginando, nella nostra gioventù, di ingrigliare la porta della Triestina.In realtà le cose non vanno proprio così.Dopo 26 minuti siamo già sotto 2-0, ha segnato dapprima Catalano su rigore, e poi ha raddoppiato, pensate un po’, Franco Lerda.Raggelati nonostante il sole.Non è mai successo durante tutto il campionato e doveva succedere proprio oggi?Il gol di Lentini ci fa sorridere e ci allontaniamo un attimo col pallone.Le ragazze ci chiamano quasi subito - Hey, guardate che hanno fatto il 3-1.No, non è il solito scherzo, è proprio vero.Ancora Lerda, 3-1.

 

Mentre vado a recuperare l’acqua penso a tutti i ragazzi che sono andati a Trieste, dove si gioca ancora nel vecchio stadio, a quello che sarà il loro viaggio di ritorno.Alle nostre bandiere, che attendono nel baule, dove rischiano di rimanere.Quando torno, mi indicano due dita con la mano.Non è il segno di vittoria, ma sta ad indicare il secondo gol del Toro, giunto proprio alla fine del primo tempo ad opera di Romano.L’intervallo non passa mai ed il sole ci cuoce.

 

- Attenzione, intervengo dallo studio, ci sono due pareggi in serie B…Ci raduniamo intorno alla radio come se fosse un totem…No, il primo pareggio non è quello del Toro…- …e poi c’è il pareggio del Torino a Trieste con Lentini…E’ la prima volta che esultiamo così in un posto che non sia lo stadio.Con un pareggio siamo matematicamente in A, ma manca più di mezz’ora alla fine.Non sappiamo nulla della partita, che in realtà languirà fino al ‘90.Il prato lì davanti diventa improvvisamente il Maracanà, dove ripetere sempre gli stessi gesti, gli stessi movimenti col pallone, per impedire scaramanticamente alla voce del radiocronista di intervenire.Quando tutto finisce, quello che è stato il nostro universo per due ore e mezza, viene gettato nel dimenticatoio.Lo spiazzo, l’erba, quel luogo che ci ha visto transitare per un periodo così breve ma così intenso.Qualcuno ha portato una bottiglia per brindare, e sia.Poi di corsa verso le macchine, lungo il corso, dove montiamo le bandiere.E poi che strada facciamo?- Dai, andiamo verso le Vallette, così gliele sventoliamo sotto il naso!E’ bellissimo passare con il clacson e la bandiera granata sotto i casermoni delle Vallette.Siamo in tre macchine, facciamo un macello incredibile.A chi importa se siamo il Toro e non dobbiamo abbassarci a festeggiare una promozione.Mica ti regalano i momenti di gioia nella vita.Lo avremmo compreso, amaramente.In Corso Principe Oddone incrociamo la prima macchina con un’altra bandiera, in senso opposto. E’ la prima di una lunga serie.Porta Nuova è già piena.Ce l’abbiamo fatta.I Piazza San Carlo sventoliamo le bandiere di fronte a due con la faccia lampadata e la maglietta attillata, con lo sguardo rigido da uomini veri.Secondo coi di che squadra potevano essere?

 

Fog's rollin' in off the East River bankLike a shroud it covers Bleeker StreetFills the alleys where men sleepHides the shepherd from the sheep

 

Il cielo si fa più scuro, nonostante la giornata di sole.Sono passati quasi 10 anni, ora è il 6 giugno 1999, una vita, un abisso calcisticamente parlando.Mi va di scendere dal pick-up per guardare quella giornata da lontano.Dove giocava il Toro?Ad Andria…. Ma si giocò a Benevento…No, questo è un ricordo triste, che si sovrappone a quello della pianura, che ho di fronte ai miei occhi.La gente fece festa, io non ne fui capace.Mi ricordo soltanto del volo.Il volo di Lentini.

 

A molti sarà capitato di perdere un animaletto, un esserino che ha condiviso parte o tutto il suo cammino con noi.Poi le cose cambiano, alle volte la separazione è nell’ordine delle cose.Ma nessuno può dimenticare il senso di dolore, di impotenza, nel vedere un piccolo amico che se ne va, mentre noi non possiamo fare nulla per alleviare le sue sofferenze.Il senso di dolore straziante, che ci squarcia dentro e al quale non sappiamo dare sollievo.Chi si può vergognare di piangere per una cosa simile?Il mio piccolo amico mi lascia alle 17:15 di quel 6 giugno, dopo giorni di agonia.Prende il volo nello stesso istante in cui Lentini, ancora lui, molti chilometri più a Sud, si tuffa in volo per realizzare il 2-0 contro la Fidelis Andria, dopo la prima rete di Sommese.

 

Il Toro di Vidulich e Mondonico vince 4-1, segna Mercier per i pugliesi, poi ci penseranno Ferrante ed Artistico (quest’ultimo con una prodezza incredibile) a portare in A il Toro.Per me sono soltanto numeri che lampeggiano sul televideo dietro la mia vista annacquata.La gente esplode di gioia, così dovrei fare anche io, se ci riuscissi.Invece non riesco a staccarmi da quel musetto che non dimenticherò mai.Soltanto a sera riuscirò a fare un breve giro in centro, per acquistare una bandiera.Ma niente di più.Il Toro è anche questo, si lega ai ricordi, è indissolubile, in tutte le cose che fai e che ti capitano.

 

Una settimana più tardi, in un Delle Alpi stracolmo, ci facciamo battere dalla Reggina 1-2, rinunciando al primo posto.Sconfitta che non mi è mai andata giù, non si può rovinare una festa.Con gli anni però mi sono convinto che quella sia stata la vendetta servita al Pescara, che l’anno precedente si era fatto candidamente battere dal Perugia in casa.Perugia che, con una serie di vittorie sospette, arrivò a batterci ai rigori allo spareggio di Reggio Emilia.La Reggina, con la quale si strinse un imbarazzante gemellaggio, salì in serie A, a discapito del Pescara e la cosa, letta in quest’ottica, assume la sua logicità.

 

Roll along, roll onRose of CimarronDusty days are goneRose of Cimarron

 

Il pick-up riprende la sua corsa, ma questa volta non deve aspettare dieci anni.Gli intervalli si fanno ravvicinati, siamo rimasti in A soltanto un anno.E’ il campionato di Cimminelli alla guida della società, di Simoni esonerato dopo poche giornate.E’ il campionato della galoppata di Camolese che, pur rinunciando a Ferrante dopo poche giornate, riesce a mettere insieme una squadra che inanella una serie impressionante di vittorie, fino a rendere possibile la serie A, a tre giornate dalla fine del campionato.Quanti anni però sono passati dall’ebbrezza di quel pomeriggio alla Pellerina, con la su a meticolosa preparazione.Quasi neanche ci pensiamo nel pomeriggio, quando la macchina si inerpica lungo i tornanti della Val di Lanzo.- Ma davvero c’è la possibilità che…- Ma no, figurati se capita…E invece capita.

E’ la promozione più strana di tutte, perché arriva sulla piazza di Ceres, con le portiere dell’auto aperte, che sparano la voce della nostra serie A, a tutto volume.Il Toro vince a Pescara per 1-0 con un gol di Artistico e risale nuovamente in Paradiso.- Che facciamo, torniamo indietro?Torniamo indietro.Un contrasto netto.Dalle montagne silenziose ai clacson di Piazza San Carlo.Sarà la volta buona…No, non lo sarà.Solo due anni in A, il secondo dei quali, disastroso.

 

I hear the drizzle of the rainLike a memory it fallsSoft and warm continuingTapping on my roof and walls.

 

Il viaggio procede tra nuvole, sole che trafigge di serenità, e ricordi di barricate.Quasi mi sembra di essere nuovamente in montagna, nei miei ricordi come prima.Eppure ci sono veramente…Cos’è successo.Sono su questo pick-up, ma la mente sta visualizzando altro.Un sentiero montano.Era l’11 giugno 2006.

 

- Non vado, non vado, non vado! Questa volta non mi faccio fregare! Vadano tutti al diavolo!Il passo frettoloso sale il sentiero, quasi a voler frantumare i polmoni. Una sorte di scarico dalle tensioni accumulate in quei giorni.Una punizione che mi impedisca di muovere dal luogo in cui sono.E’ pomeriggio e il sentiero montano è una riflessione, un luogo dove non puoi fingere.Ho detto a tutti che non andrò, il 4-2 di Mantova è stato una mazzata terribile.Deciso, non vado.Però ho il biglietto in tasca da giorni, ipocrita.La montagna mi dice di non mentire, non posso farlo.Arrivato sulla sommità, non ci sono altri posti dove andare.La pianura torinese laggiù, dice che qualcosa sta aspettando.E’ tempo di mettersi in movimento.Vada come vada, andrà sicuramente male, ma il mio posto è là.

 

E’ la volta più bella, non ci sono dubbi.Mi ripeto fino all’ultimo secondo che andrà a finire male, almeno lo metto in conto e Gasparetto quasi mi da ragione.Ricordo ancora il sospiro di 65000 persone mentre quel tiro faceva la barba al palo.Manca poco, ma è interminabile.Ho mal di testa, ho soffiato nel fischietto come un matto e sono svenuto al 3-0, bravo furbo.Ma ci sono ancora 30 secondi in cui lottare, in 10 contro 11.Sull’ultima punizione il mio amico svizzero mi dice - Siamo in Serie A…!Faccio segno di no, ma in quel momento c’è il fischio finale.Il destino ha dato torto a se stesso.Non ci credo, c’è chi piange, chi non riesce più a muoversi dal seggiolino.E poi tutti in campo, a lasciare una traccia di noi su quel luogo che dopo qualche anno sarà infettato.Tutti in centro, la volta più bella.Abbiamo entusiasmo, fiducia.Abbiamo una dirigenza ambiziosa, non torneremo mai più in B, mai più, mai più…

 

Apro gli occhi.Il sospiro è quasi di spavento.C’è lo stadio, qui di fronte.Dopo quel giorno del 2006 niente potrà essere come prima, molti di noi sono troppo stanchi anche per festeggiare.Eppure ripenso a quel ragazzo alla Pellerina, che non aveva quasi mai vinto nulla e bramava per un momento tutto suo.E’ giusto così.Chissà se sarà così.

Non c’è ancora nessuno allo stadio.Mi chiedo se tutto debba ancora cominciare, o sia già tutto finito.Quanto mi piacerebbe ora voltarmi e comprendere che posso ancora continuare a respirare tranquillo, aspettando il momento.Voltarmi e vedere un pick-up che ci ha portato qui.Ultima, ma proprio ultima meta di un viaggio cominciato tanto tempo fa.

Già.Chi può dirlo…

Comunque vada, VIVA IL TORO, amici miei. Mauro Saglietti