E'la scena dell’addio che è rimasta scolpita nella mente dei tifosi granata in quella domenica di fine maggio del 1992: l’addio di Gigi Lentini, portato in braccio da una delegazione di tifosi sotto la curva Maratona al termine di una partita con l’Ascoli. Era l’ultima gara di campionato, l’Ascoli era già retrocesso matematicamente ed il Toro si stava ancora leccando le ferite per la finale di Coppa Uefa persa sulla traversa di Sordo. Gianmauro Borsano per poter salvare le finanze della società granata doveva iniziare a vendere i pezzi pregiati della squadra ed era circolata la voce, sebbene non fosse per nulla ufficiale, che Lentini potesse essere il primo sacrificato. Il Toro vince, segna cinque reti contro le due dei marchigiani L’ultima è proprio di Lentini, nato e cresciuto nel vivaio granata, il numero 8 sulle spalle e una gioventù passata a scorazzare sulla fascia destra, con i suoi capelli lunghi e i suoi dribbling potenti e ubriacanti. La vittoria significava terzo posto in campionato dietro a Milan e Juventus ed un bonus per ritentare la scalata alla Coppa Uefa; oggi significherebbe una qualificazione in Champions League. Sembrava non importare niente a nessuno di quell’ultima goleada a coronamento di un’annata fantastica a dettare legge in Italia e in Europa. Le attenzioni erano tutte rivolte all’immediato futuro e alle preoccupazioni di poter perdere parte di quei calciatori che erano un simbolo oltre che una garanzia di successi per i colori granata. Nell’arco di poche settimane, i giornali riportano le notizie delle cessioni di Cravero, Benedetti e Bresciani. Poi, l’ufficialità della cessione di Lentini al Milan, avvenuta con modalità poco trasparenti e la guerriglia inscenata dai tifosi per le strade del centro città con l’assalto alla sede del Torino Calcio. Gianmauro Borsano è in forte crisi finanziaria, viene anche indagato dalla magistratura. Il Toro, forte e potente, che aveva fatto sognare i tifosi, inizia a scricchiolare. La partita vinta con l’Ascoli è un ricordo perso tra mille altri molto meno sereni di quella tarda primavera.
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