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mondo granata
di Steve e Valentino Della Casa
SON: Battuta scontata, non parliamo di pomodori. Bensì di pelati. Gli ultimi? Da Corini a Rosina, da Brevi a Fantini, passando anche per Bonomi (uno dei difensori del vecchio Torino Calcio). È stato il “Toro dei pelati” quello di Urbano Cairo, da 4 anni alla presidenza. E bisogna dire che tutti sono stati fondamentali per il nostro passaggio, con relativa permanenza, in serie A. Chi può dimenticarsi il nostro “Capitan Brevi”, una delle sorprese vere del campionato 05/06, quello della nostra grandiosa promozione? Un giovanotto di 40 anni, che se era diventato un titolare fisso, lo doveva solo e soltanto all’impegno dimostrato. Un altro ragazzino è Corini, cha fa ancora parte dell’organico. Il suo curriculum parla chiaro, il suo carisma anche. E Fantini? Un oggetto misterioso, che ha praticamente fatto cavalcare il Torino sulla cresta dell’onda nella prima parte del campionato di B, salvo poi perdersi nel girone di ritorno. Penso che abbia segnato più goal in granata di quanti ne abbia fatti in tutta la sua carriera!Non l’ho dimenticato, il nostro Piccolo Principe, Rosina. Di lui si parla tanto, forse anche troppo, è un validissimo giocatore, ha una tecnica ed un dribbling invidiabili e ha pure l’età dalla sua. È l’immagine del Toro dei giovani (come anche Abate, d’altro canto), è il capitano, è il trascinatore. È il simbolo di quel “Toro dei pelati”, che non sono pomodori.
FATHER: Meroni Ferrini Combin Moschino Facchin. Era un attacco da far tremare i polsi, e inoltre nelle giovanili si stava scaldando un certo Paolino Pulici, che sarà poi nientemeno che la riserva di Facchin. Meroni la fantasia, Ferrini la grinta, Combin e Facchin la potenza. E Moschino l’ordine, il cervello, il fosforo. All’epoca le squadre non avevano un ufficio stampa, ma fu proprio Moschino quello delegato a parlare con un gruppo di liceali accesi tifosi granata che nel giornale della loro scuola volevano assolutamente intervistare uno del Toro. Il giornale durò poco, perché il ’68 era alle porte e molti di quei giornalisti in erba si dedicarono ad altre cose, senza dimenticare naturalmente il Toro. Ma le lucide parole di quella testa lucida, che parlava bene così come in campo sapeva smistare i palloni, io me le ricordo tutte. E anche il titolo dell’articolo, nelle intenzioni affettuoso anche se un po’ irriverente: “I capelli non servono per giocare a calcio”. Per la cronaca, il preside di quel liceo di Torino era gobbo e non amò l’articolo, adducendo naturalmente motivi culturali. Forse il mio ’68 è iniziato proprio lì.
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