Buongiorno Toro...può una sola partita sciogliere tutti i nodi? Quella di Grosseto lo ha fatto.
mondo granata
Il Toro, i nodi…
Non so nemmeno da dove cominciare, tanti sono gli spunti offerti. Tanto per cominciare dopo soli dodici minuti ha spazzato via tutte le scorie di Brescia. Tanto c'è voluto, infatti, perché il sempre più frizzante Odu trovasse la rete dopo una tambureggiante azione del mastodontico Antenucci, conclusa sulla zucca di un disperato difensore maremmano. Poi è stato sfatato il mal di trasferta, che attanagliava il Toro dal giorno di Ognissanti, quando a far da vittima dei corsari in maglia granata era stata la Reggina. Da allora solo pareggi e alcune sconfitte, una più cocente dell'altra, per le banalità e le “amenità” (altrui) da cui sono scaturite.
Inoltre, dati i concomitanti risultati di chi ambisce a lasciare la cadetteria, possiamo dire che da sabato è ricominciata la fuga del Toro. Per ora si tratta di una mini-fuga, tanto per forzare il ritmo e per vedere l'effetto che fa là dietro. Sta di fatto che i punti sulla terza sono diventati quattro e ciò, se non tranquillizza, sicuramente predispone all'ottimismo.
Ma la vera notizia, il vero nodo gordiano (visto che di nodi stiamo parlando) sciolto sabato scorso, è stato il ritorno al gol del capitano. Non succedeva dal 15 ottobre e col Grosseto è successo così, nella maniera apparentemente semplice e più naturale per lui: un'inzuccata precisa e beffarda che il portiere ha potuto solo accompagnare con lo sguardo. Ci avete fatto caso? Per pochi istanti Bianchi sembra letteralmente impazzito dalla gioia. Non sa se andare verso i compagni o se esplodere la sua gioia per troppo tempo repressa proprio lì', nel cuore dell'area di rigore, patria putativa di tutti coloro che di mestiere fanno il bomber. Alla fine, ma si tratta di attimi, decide di dirigersi verso la curva praticando un vero e proprio salto a ostacoli sui cartelloni pubblicitari. Finita la corsa si arrampica sulla rete (gesto a cui noi, abituati al plexiglass, siamo disabituati ma che in alcuni Paesi come l' Argentina è prassi) condividendo la sua estasi con il caloroso pubblico del Toro. Tributando, in sintesi, il giusto riconoscimento a chi, anche nei tempi bui, mai gli aveva fatto mancare la comprensione e il sostegno.
Questo è il calcio che ci piace. Questi sono i gesti genuini che un tempo erano scontati, forse perché eravamo maggiormente abituati alla semplicità, in tutti i campi. Non solo quelli di calcio. Oggi tali gesti costituiscono la linea di demarcazione tra chi ama il calcio e chi gioca a fare il giocatore.
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