La scorsa settimana ho divagato portandovi a fare un giro a Berlino. Anche oggi avrei voluto continuare a viaggiare descrivendovi la struggente bellezza delle nostre campagne in autunno: un complesso di colori ed odori su cui mi piacerebbe tornare in futuro. Ma l’attualità mi ha richiamato in luoghi assai meno aulici e profumati. Oggi, anziché dedicarmi ai miei amati anni Ottanta, ho deciso di dare voce allo sfogo di un paio di tifosi. Li ho incontrati l’altra sera alla partita e mi hanno pregato di utilizzare questo spazio per riassumere le loro opinioni.
mondo granata
Il Toro siamo noi?
I dubbi e le speranze del Signor P.
—Mi chiamo P. e sono tifoso del Toro da sempre. Ho un ricordo vago degli anni gloriosi dell’ultimo scudetto ed ho visto giocare Pulici e Graziani soltanto sul finire delle loro carriere. Iniziai a frequentare assiduamente lo stadio all’inizio degli anni Ottanta, ai tempi in cui qualcuno aveva il coraggio di criticare Junior e Dossena. C’ero anch’io sotto il mitico bandierone che copriva tutta la nostra curva, provocando sistematicamente lo stupore ed il silenzio delle tifoserie avversarie. C’ero anch’io a contestare le sciagurate scelte della presidenza Gerbi che ci portarono in serie B al termine della stagione 1989-90. Avevo l’abbonamento in quella successiva, quando quasi tutte le partite in casa si trasformarono in una vera e propria marcia trionfale. Ho goduto nelle annate successive. Ho esultato e pianto di gioia dopo la vittoria sul Real. Mi sono disperato dopo il palo di Sordo che ci impedì di entrare nella storia. Ho festeggiato per una notte intera la vittoria in Coppa Italia. Ero presente allo stadio di Reggio Emilia in quella calda e sfigatissima giornata di giugno. Ho partecipato, coinvolgendo tutta la mia famiglia, alla marcia del 2003. Ho temuto più volte di perdere il mio Toro, soprattutto nel terribile agosto del 2005. Il Toro è stato per me fonte di gioie e dolori. Non ricordo quante volte ho giurato a me stesso ed ai miei amici che non sarei più andato allo stadio. Ma mi sono reso conto che non ce la faccio. E’ più forte di me: quando la squadra gioca, devo essere per forza presente, nella buona e nella cattiva sorte. Questo non significa che io sia sempre contento delle prestazioni dei ragazzi. Mi è accaduto più volte di partecipare alle contestazioni che ritenevo giuste. Ai tempi della retrocessione del 1989. Ai tempi della cessione di Lentini nell’estate del 1992. Ai tempi di prestazioni indegne e di retrocessioni ignominiose come quella della stagione 2002-2003.Fino a qualche anno fa leggevo i giornali cittadini, ma ora ho deciso di lasciar perdere. Penso che non abbia senso regalare soldi a chi riempie pagine e pagine per incensare l’altra squadra della città, gettando sistematicamente letame sulla nostra. Mi chiedo come faccia certa gente a riporre ancora fiducia in un quotidiano che, il giorno successivo ad una sconfitta immeritata e sfortunata dei nostri, è uscito con un titolo in cui invitava tutti a vergognarsi. Per fortuna esistono i siti internet che danno, in maniera il più possibile obiettiva, tutte le informazioni di cui i tifosi, anche quelli che abitano lontano da Torino, hanno bisogno. Al termine della scorsa stagione, ho sofferto tantissimo per la retrocessione. Ma quest’anno ho ripreso a sostenere in maniera convinta la squadra. Ho seguito dal vivo quasi tutte le partite interne. A dir la verità, pensavo che per il nostro Toro sarebbe stato tutto più facile, visto anche il dominio nelle prime partite, ma mi sono reso conto che, in serie B, non bisogna dare nulla per scontato. Sarà una dura lotta, ma sono certo che, alla fine, ne usciremo vincitori.L’altra sera, contro il Lecce, ero allo stadio con la mia famiglia ed alcuni amici. Vista l’importanza della posta in palio, ho addirittura preso un giorno di ferie pur di esserci. Da qualche anno, infatti, vivo fuori città ma riesco, sobbarcandomi lunghi viaggi, a seguire il Toro almeno quando gioca in casa. Lunedì ero sugli spalti pronto a sostenere il mio Toro: nonostante la brutta prestazione di Trieste, ero convinto che quella sera i ragazzi avrebbero dato tutto. Non ero affatto sicuro che avremmo vinto (il calcio è bello proprio per la sua assoluta imprevedibilità), ma mi sentivo che avremmo fatto una prestazione maiuscola.Non vedevo l’ora che lo speaker annunciasse le formazioni per accompagnare con la mia voce i nomi dei miei beniamini. Ma ho subito capito che le cose erano diverse da come avevo immaginato. C’era uno strano silenzio nello stadio, sembrava che molti tifosi fossero pronti a saltare al collo dei ragazzi senza neanche vederli giocare. Posso anche capire che la prestazione di Trieste abbia abbattuto il morale di molti (me compreso), ma quello non era proprio il momento di contestare. Bisognava piutosto cercare di sostenere la squadra per spingerla alla vittoria ed all’aggancio. Se la prestazione fosse stata indecorosa, a fine partita sarei stato pronto anch’io a fischiare, ma sentivo di dover dare ancora almeno un’altra possibilità al nostro Toro. La partita iniziava ed il comportamento dei ragazzi in campo era pari alle mie attese. Sappiamo tutti che certi giocatori non sono dei fenomeni, ma nel primo tempo ho visto una squadra che lottava e provava a costruire calcio, pur avendo di fronte un avversario tosto. Un avversario che, alla prima vera occasione, ci castigava portandosi inaspettatamente ed immeritatamente in vantaggio. Era un momento difficile, e pensavo che proprio in quell’istante noi tifosi, che spesso affermiamo di essere il dodicesimo uomo in campo, ci dovessimo far sentire trascinando la squadra verso il pareggio e magari verso la vittoria finale. E invece ho sentito dei cori per me assurdi: gente che invitava i nostri giocatori a vergognarsi, ad andare a lavorare, a togliersi la maglia. Per tutta risposta, il Toro continuava a caricare a testa bassa pur tra mille difficoltà. Riusciva a pareggiare e addirittura a passare in vantaggio all’ultimo minuto. Gli stessi individui che prima contestavano, ora si abbracciavano festanti, tornando a sostenere la squadra. Quasi come se quelli che fino a pochi minuti prima venivano invitati a vergognarsi, si fossero improvvisamente trasformati in geni del pallone. Peccato che il calcio sia uno sport davvero tremendo ed il Lecce sia riuscito a pareggiare, un po’ per fortuna, un po’ a causa di nostri errori. Rimanevo impietrito sul mio seggiolino, mentre i tifosi che avevano prima contestato e poi esultato, riprendevano a fischiare. Me ne sono andato dallo stadio in silenzio ed a testa bassa, prendendomela con la sfortuna e con una cattiva gestione del pallone negli ultimi istanti della partita. Il pareggio in extremis non aveva per nulla modificato il mio giudizio sostanzialmente positivo sulla partita. Probabilmente non avrei cambiato opinione neanche in caso di sconfitta.Molta gente, invece, contestava. Andava ad attendere i giocatori all’uscita per fischiarli. Mi chiedo soltanto se quelle persone avrebbero fatto lo stesso nel caso in cui Leon avesse gestito meglio quel pallone nel finale ed il Toro fosse riuscito a vincere la partita. Avrebbero in ogni caso trovato qualcuno da contestare e di cui vergognarsi? Che cos'ha nella testa questa gente? Crede che fischiare serva a qualcosa in questo momento?
La rabbia, l’esaltazione e le certezze del Signor C.
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Mi chiamo C. e anche io sono tifoso del Toro da sempre. Per il Toro ho girato tutta l’Italia ed ho preso tanta pioggia e tante botte. Anche se avevo solo diciassette anni, ero a Roma la sera della nostra vittoria in Coppa Italia. Ho seguito il Toro nei posti più incredibili: da Castel di Sangro ad Andria. Ero tra quelli che, nel novembre del 2000, abbandonarono lo stadio esponendo la bandiera con il dollaro per contestare una squadra di infami mercenari. Quella stessa squadra che, grazie alla nostra contestazione, iniziò a correre ed a lottare vincendo quel campionato. Ero in prima fila alla marcia del 2003, anche se non ne ho mai compreso fino in fondo le ragioni. Ero stato tra i primi a capire che con Rosina non saremmo andati da nessuna parte. Che solo cacciandolo saremmo finalmente tornati ad essere il Toro. E per fortuna lo abbiamo contestato talmente da convincere la società a cederlo. Penso che certi giornali dicano la sacrosanta verità: il vero problema del Toro è la Società. Il presidente attuale è un incapace e se ne deve andare. Chi vorrei al suo posto? Quello non è affar mio. L’importante è che lui se ne vada, visto che è il peggiore che abbiamo avuto non so da quanti anni, anche se non me li ricordo tutti: d’altra parte il passato è passato e conta solo il presente. Lo scrivono anche i giornali. Non capisco davvero perché su certi siti pieni di articoli noiosi si ostinino ancora a difenderlo: ma anche in quelli faccio sentire sempre la mia voce urlando forte nei forum che, con questa dirigenza, non andremo da nessuna parte! Ero presente a Toro-Lecce l’altra sera. Dopo la partita di Trieste dovevo per forza esserci per far capire a quella banda di incapaci e debosciati che cosa significa davvero essere del Toro. Gente come Di Michele o Gasbarroni non è degna del Toro! Hanno troppa classe per indossare la nostra maglia. Noi vogliamo gente che corra, anche se ha una vaga idea di cosa voglia dire giocare a calcio. Il Toro siamo noi! Noi che vogliamo undici leoni e vediamo sempre undici pecore! Per questo, stasera, non daremo tregua a quegli infami e faremo sentir loro le nostre voci!Ecco: come volevasi dimostrare. Il Lecce è in vantaggio! Non è che abbia visto molto del primo tempo, dato che me ne stavo con le spalle alla porta per incitare i miei a contestare. “Vergognatevi!…Andate a lavorare!….Vi levate la maglia o no?….” . Ora ne becchiamo un altro, così facciamo fuori anche il mister e Cairo finalmente si leva dalle balle. Azz….rigore. Ma sicuramente lo tira Di Michele e lo sbaglia. “Ah….quello è Bianchi? Va beh, sbaglierà anche lui scarso com’è….”. Pareggio. Ma dobbiamo vincere. Non serve a niente pareggiare. “Gooooolllll”. Ancora Bianchi. Esulto. Abbraccio gli altri. L’avevo detto io che siamo forti. L’avevo detto io che Gasba è forte….che il Capitano è un grande…che Bianchi è il nostro bomber. ”Vi vogliamo così! Vi vogliamo così!”. Leon è fortissimo non perderà mai quel pallone…..ah….l’ha perso….l’ho sempre pensato io che è un brocco. Ecco! Hanno pareggiato! Indegni! Vergogna! A lavorare! Avevo ragione, ragazzi. Come sempre. Andiamo! Andiamo a contestare questi vergognosi pagliacci!“Ver-go-gnatevi! Ver-go-gnatevi!”. Anche oggi ci siamo fatti sentire, mica come quei conigli che stanno sempre zitti e cui va sempre bene tutto. E se non era per me e per i miei amici, stasera avremmo preso una valanga di gol. Perché quegli infami non sono degni del Toro. E il Toro siamo noi!
E se provassimo semplicemente ad amare il Toro?
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Il Signor P ed il Signor C., ovvero due modi radicalmente diversi di essere tifosi. Evidentemente non c’è alcun punto di contatto tra loro, se non il fatto che entrambi sono (o pensano di essere) innamorati del Toro. In quale dei due tifosi ci riconosciamo di più? Può essere che in noi ci sia parte dell’uno e parte dell’altro a seconda dei momenti. Ma poniamoci alcune semplici domande, visto che amiamo tutti quanti il Toro e che vorremmo vederlo vincere e tornare in A al più presto: in questo momento, è più utile mantenere un atteggiamento il più possibile sereno come ha fatto il signor P, o piuttosto scagliarci contro tutto e tutti come ha fatto il signor C.? Ci piace gridare al mondo che il Toro siamo noi, ma è davvero così se continuiamo a comportarci come i tanti, troppi signori C. presenti allo stadio lo scorso lunedì? E soprattutto: non sarebbe opportuno che i signori P. ed i signori C. trovassero un accordo per aiutare col loro tifo l’unica cosa che li unisce, ovvero il Toro che tutti diciamo di amare?
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