Foto di vecchie trasferte, volti di amici che scorrono di fronte agli occhi. Ci sono i campi di mezza Italia, viaggi in pullman, in auto, in treno. Volti pieni di speranza, visi assonnati e tirati. Siamo a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, e ci si sta recando in trasferta a Pisa con il pullman del club di Lanzo.
mondo granata
Il Viaggio in pullman
La Stradale ci ferma, controlla i documenti a tutti e vuole aprire il bagagliaio del nostro mezzo.
La nostra istantanea di oggi è scattata proprio nell’attimo di tensione nel quale il portellone del pullman si solleva e la luce si proietta all’interno, rivelandone il contenuto.
Questa è la storia di non solo di quell’istante, ma anche di quel club e del gruppo di ragazzi granata delle Valli.
Questa in fondo è una storia che parla di amicizia
Quanti tifosi a Lanzo e dintorni, quanti amici d’infanzia e non solo!
Gente tosta, magari burbera e chiusa ma generosa, la cui chiave di lettura comune si chiama Toro.
Avevano deciso di formare un club l’estate seguente l’avvento di Borsano e la retrocessione in B.
Volevano intitolarlo “Wild Boars”, letteralmente “Cinghiali”, mentre io avevo suggerito che per gente come loro sarebbe stato più appropriato qualcosa del tipo “I beoni della Maratona”, nome parodia del glorioso gruppo.
Loro però non ne avevano voluto sapere e “Wild Boars” era stato, con tanto di striscione.
Quello fu l’inizio della loro avventura: ragazzi che durante la settimana si sbattevano come matti, che mollavano tutto la domenica per il Toro, persone che terminavano il turno di notte un attimo prima di prendere il pullman per andare in trasferta.
Noi che li aspettavamo a Venaria, per unirci alla banda sapevamo bene a cosa andavamo incontro:
- Si ricorderanno di passare di qui?
- Speriamo dicano all’autista di frenare in tempo, saranno già tutti fuori…
Ricordo ancora la prima volta che il pullman si fermò di fronte a noi e la porta si aprì per farci entrare a bordo.
Salimmo un paio di scalini e fummo immediatamente ributtati indietro, oltre che dalla sarabanda di insulti che faceva da benvenuto, anche da una potentissima onda d’urto.
Altro non era che la micidiale zaffata di vino proveniente dall’interno.
Proprio così! Venti minuti di viaggio e già buona parte della truppa stava già cantando attaccata al bottiglione.
Così era.
Eravamo i primi a partire, ad ore assurde del mattino, anche solo per andare a Genova e gli ultimi a tornare alla sera.Sì, perché ogni autogrill era nostro, non ce ne perdevamo uno ed il tempo del viaggio veniva calcolato in base alle soste per bere.
Che ridere, ragazzi! I volti di quei ragazzi scorrono di fronte alla nostra storia, Maurino, Roberto, Arturo e i suoi cori, Palla…
Ricordo un ragazzo mormorare scuotendo la testa:
- Sun turna ciuc! (Sono di nuovo ubriaco!)
- Parla nen, co’ mi! (Lascia stare, anch’io!).
Si era appena passata Moncalieri ed erano le sette di mattina.
Ci si divertiva con niente, ma erano risate genuine e spensierate.
Per farla breve, quando si arrivava a destinazione, il livello alcolico era tale che non tutti riuscivano sempre a vedere la partita.
Un giorno ci recammo a Genova e ne perdemmo uno.
Non scherzo, si smarrì lungo la strada tra l’autobus e lo stadio.
Tornò da solo due giorni dopo, presumo una volta terminato il giro di tutte le osterie del porto.
In un’altra occasione, di ritorno da Monza, non si sa come, qualcuno gettò una fetta di salame verso i ragazzi seduti in fondo al pullman.
Fu il finimondo. Quel gesto scatenò una guerra fatta di lanci di ogni cosa che capitasse a tiro: acqua, vino, aranciate, salumi e formaggi.
Dieci lunghissimi minuti nei quali chi si trovava in mezzo fu costretto a coprirsi con dei giornali, per ripararsi. Immaginate i sedili!
Come risultato la ditta che forniva il pullman non ne volle più sapere dopo quella volta.
Ma la nostra istantanea parla di quel giorno, di quell’attimo lunghissimo nel quale gli agenti decisero di andare più a fondo e di ispezionare il vano bagagli del nostro veicolo.
Forse pensavano di trovarsi di fronte ad ogni sorta di fumogeno, di arma proibita o altro.
Quando la luce però penetrò all’interno di quel vano, uno degli agenti mormorò, pallido in volto:
- Andate pure. Pensavamo di trovarci di fronte ad altre persone.
Il vano bagagli restò così aperto sotto gli sguardi sbigottiti degli altri agenti, che si trovarono di fronte damigiane, bottiglioni, salami e anche una forma di parmigiano.
Quelle erano le armi e la forza di quel gruppo di amici.
Alle volte per essere uomini non c’è bisogno di fare i duri.
Li vedi oggi e sembra che il tempo non sia cambiato.Anche loro hanno patito i dieci anni di umiliazioni granata, ovvio. Non c’è stata una generazione di giovani che è subentrata nell’organizzare le trasferte ed il tifo.
Così hanno fatto tutto da soli e hanno ricostituito il gruppo.
Lo hanno fatto forse per stare ancora insieme, perché non si può vivere senza Toro, o forse per ricordare chi, come Palla, se né andato ed è sceso prima dal pullman della vita.
La loro recente cena sociale è stata un successo.
Tra l’altro dicono che l’alcol quella sera scorresse a fiumi.
Che strano!
Questa era la loro storia, amici, una storia che potrebbe essere comune a molti club, a tanti tifosi.
Sono le storie che non si trovano negli annuari e nelle cronache delle partite, forse per questo vale la pena raccontarle, no?
Così la nostra istantanea di oggi è dedicata a chi idealmente è sempre stato su quel pullman che si chiama amicizia granata e dal quale non ha nessuna intenzione di scendere. Mauro Saglietti
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