La costruzione. Gli hanno detto “benvenuto” in 15000, gli hanno detto “addio” in 1500. Il popolo del Toro ha conosciuto lo Stadio Filadelfia il 27 Ottobre del 1926: appena cinque mesi prima, su quel terreno, non c'era nulla. Furono condotti infatti a tempi record i lavori di costruzione di questa struttura voluta dal presidente dell'A.C. Torino, Enrico Marone conte di Cinzano, il quale vi investì la ragguardevole somma di 2,5 milioni di lire. Il giorno dell'inaugurazione, l'avversaria era la Fortitudo, squadra della capitale che solo un anno dopo non sarebbe più esistita, confluita nella neonata A.S. Roma; una vittoria per 4 a 0, davanti ai Savoia e ai 15000 di cui in apertura, fu il primo, beneaugurante segno di una storia d'amore: quella tra il Toro (popolo e squadra) e “Fila”. Bellissimo e moderno Sorto tra le vie Filadelfia (da cui prese il nome lo stadio e la curva che su questa incombeva, peraltro curva che sarebbe stata quella destinata ai tifosi della Juventus), Spano, Bruno e Tunisi. Segno distintivo, una bellissima tribuna in stile liberty: legno e ghisa, posti tutti numerati. Facciata in mattoni rossi, basamento per la bandiera accanto all'ingresso tutt'ora in piedi e decorato con uno splendido stemma del club granata; il campo era dotato di un sistema di drenaggio il cui perfetto funzionamento ancora oggi trova pochi eguali. Dotato di numerosi locali per vari utilizzi (appartamenti, direzione, sala rinfresco etc), la sua capienza venne in seguito ampliata fino ai limiti fisiologici dell'area.
mondo granata
La Casa del Toro, il Tempio degli Invincibili
La "Scala" del calcio In quanto a risultati sportivi, nel Filadelfia sono stati raggiunti i migliori di sempre per il Torino ma anche per l'intero calcio italiano: esempi eclatanti, le 100 partite consecutive di imbattibilità, praticamente un fortino inespugnabile (e infatti ci volle la tragedia di Superga per porvi fine), ossia sei lunghi anni, oppure la più larga vittoria di ogni tempo per la Serie A (Torino-Alessandria 10-0); praticamente, la vera “Scala” del calcio tricolore. Quasi 1500 i gol che la squadra di casa vi ha realizzato, nello stadio che l'ha vista all'opera più di ogni altro nella storia ultracentenaria del club. Il primo addio A testimoniare in maniera quasi fatale il rapporto che intercorre tra la squadra ed il suo stadio, ecco che, non appena la prima abbandona il secondo, va incontro alla propria rovina: è il 1959, ed il Torino per la prima volta nella sua storia conosce l'onta della retrocessione in Serie B. Compreso l'errore, torna subito “a casa”, e torna subito ad essere “Toro”. Il Filadelfia era stato danneggiato dai bombardamenti che, durante la II Guerra Mondiale, si erano rovesciati particolarmente copiosi sull'adiacente quartiere Lingotto; ma grazie agli interventi del presidente Ferruccio Novo era stato ristrutturato completamente. E' comunque un fatto che già a fine anni '50 si inizi a considerare, negli ambienti delle istituzioni cittadine del capoluogo piemontese, allo stadio come a struttura dotata di “valore storico”. Scuola di calcio e di vita Arriva il terzo grande presidente della storia del Toro, e arriva -curiosamente- l'addio definitivo al Campo Filadelfia come sede delle gare ufficiali dei granata. E' il 19 Maggio 1963. Ma non finisce certamente qui la storia: i granata continuano ad avere la loro “residenza” presso lo storico quadrilatero, dove continuano ad allenarsi, dove rimangono uffici e pertinenze, dove si ritrova la gente. Campioni e ragazzini crescono qui, con la stessa maglia addosso, fianco a fianco; e i secondi, i ragazzini, diventano campioni loro stessi. La leggenda del Fila prosegue anche senza campionato; Pulici cresce all'ombra di Ferrini, i tifosi portano la borsa a Bearzot o accompagnano a casa Agroppi; la forza del Toro nasce qui, da un passato che gronda giù dalle pareti degli spogliatoi, dove sono ancora presenti tracce di quella che fu la più grande squadra di tutti i tempi, dalle tribune su cui siedono i tifosi, ornate di targhe e marmi artistici, dal bordocampo dove invece batte il cuore di un presente che é pieno di memoria.
Primi equivoci
Era già iniziata, invece, la storia complicata del Fila, completamente su un altro piano rispetto a quella gloriosa. La sua destinazione ad area di verde pubblico, nel '59, peserà in seguito sulle intenzioni di Orfeo Pianelli che intendeva prima ristrutturarlo ed ampliarlo, quindi abbatterlo e ricostruirlo; non potrà fare né l'una né l'altra cosa, inaugurando -suo malgrado- una forma di immobilismo che caratterizzerà i decenni a seguire. Intanto, privo di manutenzione, lo stadio inizia a patire il degrado del tempo; a partire dagli anni '80, al campo si allena e gioca solo la Primavera.
La chiusura definitiva
Finiscono qui i tentativi “realistici”: impossibile catalogare come tali i grandi progetti successivamente svincolati dai vari presidenti che si alternano alla proprietà, da Goveani in poi. Intanto, nel '93, viene imposto alla Primavera di disputare altrove le proprie partite (continuerà solo ad allenarcisi). L'anno dopo, viene sancità la completa inagibilità del complesso; dopo 68 anni ininterrotti come casa del calcio, il Fila è vuoto. Ma non è il peggio che sarebbe accaduto.
Il vergognoso abbattimento
La storia tragica del Campo inizia con la metà degli anni '90, quando (con alla presidenza Gian Marco Calleri, quanto meno disinteressato ai destini del Fila) l'ex-sindaco di Torino, Diego Novelli, vara -insieme a diversi personaggi noti- la Fondazione Filadelfia; subito dopo lancerà l'iniziativa “Un mattone per il Filadelfia”, tramite la quale ogni cittadino può versare 100mila euro per la riqualificazione del quadrilatero e vedere in cambio scritto il proprio nome su una pietra che sarà usata nello stadio ristrutturato. Soprintendenza ai Beni Culturali (che chiederà sempre garanzie sulla tribuna liberty) e Comune di Torino approvano, si parla di una inaugurazione in prossimità del 4 Maggio 1999, cinquantenario della tragedia di Superga, c'é grande entusiasmo nell'aria per il prossimo ritorno a casa del Toro. Ma il 10 di Aprile del 1998, Diego Novelli fa abbattere il Filadelfia. Non qualche parte di esso, come inizialmente paventato: la Scala del calcio italiano, lo stadio dei record del pallone, la struttura sportiva forse più bella del Paese, un luogo carico di significato per la cittadinanza torinese e per centinaia di migliaia di persone nel resto d'Italia, un monumento simbolo carico di storia e di attualità al contempo; tutto questo viene rapidamente raso al suolo.
Parole, parole, parole Verranno adombrati in seguito dubbi sulla legalità della demolizione stessa. Ma ogni discussione non può riportare in piedi i mattoni. Non può? Forse potrebbe, ma sembra ci sia sempre qualcuno che non lo vuole. Le discussioni tra la Fondazione presieduta da Novelli, ed il Torino presieduto nel frattempo da Vidulich, portano ad uno stallo totale. Svolazzano progetti in quantità: 15000, 20000, perfino 35000 posti. Quando sembra si sia trovato un accordo, quel 4 Maggio del 1999 che avrebbe dovuto segnare l'inaugurazione del nuovo stadio è in realtà occasione per la cerimonia della posa della prima pietra. Sarà anche l'unica.
Cimminelli e il supermercato
Intanto, nel 2000 acquista il Torino l'imprenditore Francesco Cimminelli, legato a doppio filo alla Juventus. Costui intanto presenta un mega-progetto per dar forza al quale, come primo passo, acquista dalla Fondazione Filadelfia il terreno del famoso quadrilatero, che così diventa di proprietà della sua “S.I.S.”. L'anno successivo, la necessaria variante al piano regolatore viene bloccata in Comune, originando così una rabbia nel popolo granata che sfocerà nella prima manifestazione di piazza per il Fila. Mentre Cimminelli cede l'area dalla sua SIS al suo Torino Calcio, a fine 2002 arriva la grande paura: lì sopra sorgerà un supermercato. E' troppo: la gente occupa il quadrilatero, finché la Soprintendenza dà loro ragione . Nel 2004, viene presentato un nuovo progetto da parte di Cimminelli, incredibilmente più modesto rispetto a quello iniziale. L'anno successivo, nell'immobilismo generale e in piena contestazione al patron granata, viene organizzata dai tifosi una partita tra alcuni di essi e vecchie glorie. Ma intanto succedono troppe cose al Toro, e troppe poche (anzi, nessuna) al Fila; ad esempio, dopo 99 anni di storia, fallisce il Torino Calcio.
Le ipoteche Quella del Torino FC è storia recente, ma gli ultimi anni della storia del Filadelfia sono forse i più intricati. Si riescono a spostare nell'isolato immediatamente più a Sud l'impermercato e le altre costruzioni prima previste sull'area del “Tempio degli Invincibili”; ma, nell'Ottobre 2008, viene reso noto che sussistono due ipoteche, da 38 milioni ciascuna, derivanti da debiti del Torino Calcio di Cimminelli con il Fisco, che ne é dunque beneficiario. Questa scoperta blocca la nascita della nuova Fondazione. Le ipoteche avrebbero comunque potuto essere escusse già nel 2006, ma si arriva al 2009 senza che questo sia avvenuto; alcuni tifosi sono sempre più pressanti con le istituzioni, vogliono risposte. Si arriva al 2010 perché l'offerta avanzata dal Comune all'Agenzia delle Entrate per l'estinzione delle ipoteche venga accettata; a breve, la nuova Fondazione potrà nascere.
Oggi E allora si potrà di nuovo iniziare a pensare ad un futuro per il Fila, che intanto viene mantenuto nel decoro solo dalla passione di alcuni innamorati. Intanto, anche i "pennoni" che si stagliavano contro il cielo sono stati abbattuti, vittime dell'incuria ventennale di un Comune indifferente allo stato di sfacelo in cui versa quello che dovrebbe essere un vanto cittadino; il Torino FC con il presidente Cairo, dal canto suo, ha promesso un investimento pari a quello che sarà effettuato dal sindaco Chiamparino, che però nel frattempo non pare brillare né per attivismo né (con alcune dichiarazioni infelici) per sensibilità sull'argomento. I "pulitori del Fila", ideali successori degli "Angeli del Filadelfia", ne tengono viva la memoria con una grande festa il 3 Maggio 2010 e con continue sollecitazioni, che prima o poi otterranno qualcosa.
© RIPRODUZIONE RISERVATA