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La doppia firma di Susic

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di Guido De Luca
Redazione Toro News

I mondiali di calcio del 1982 sono alle porte. Il Torino si appresta a chiudere il campionato con una dignitosa salvezza ed arriva in finale di Coppa Italia. Termina l’era del presidente Orfeo Pianelli che a fine stagione cederà la società a Sergio Rossi. Questi si affida a Luciano Nizzola e Luciano Moggi. Il primo, avvocato della Comau, viene nominato amministratore delegato della società, il secondo, ex ferroviere con un recente passato negli ambiti dirigenziali del calcio romano, diventa direttore sportivo. Le prime mosse della nuova gestione societaria fanno intendere che avverrà un taglio netto con il passato. Via la grande bandiera del Toro dello scudetto, Paolo Pulici, che passa all’Udinese e strada libera a tanti nomi nuovi per l’attacco. Da Carlo Borghi, prelevato dal Catanzaro, a “Spadino” Selvaggi, ex Cagliari, che farà parte a luglio della spedizione azzurra vincitrice ai Mondiali di Spagna. Il nome forte deve ancora essere annunciato. Siamo a fine aprile e sulle grandi testate giornalistiche nazionali deflagra lo scandalo della doppia firma di Susic. Chi è costui? Safet Susic è un calciatore della ex Jugoslavia, nato in Bosnia Erzegovina, che milita con successo tra le fila del Sarajevo. E’ più che una promessa del calcio slavo e segna valanghe di reti in patria. ".Che collegamento ha con il Toro? Il suo procuratore, e la società sportiva a cui appartiene, si rendono protagonisti del primo caso nella storia del calcio di doppio accordo contemporaneo con due distinte squadre per la cessione del calciatore. Safet Susic firma due “regolari” contratti: prima con l’Inter, poi con il Torino. Sarebbe stato il secondo straniero per entrambe le squadre. Infatti, dalla stagione 1982-83 le compagini italiane avrebbero potuto schierare due calciatori d’oltre-confine. Dovettero intervenire l’organismo internazionale dell’Uefa e l’allora presidente della Lega calcio italiana Antonio Matarrese per costringere il giocatore a rinunciare al trasferimento in Italia. Torino ed Inter rimangono così a bocca asciutta e lo slavo si accasa in Francia al Paris Saint Germain, dove gioca per ben dieci anni. Safet Susic si cimenta, poi, nella carriera d’allenatore, mentre nel novembre 2003, nei festeggiamenti per il 50° anniversario della UEFA, viene meritatamente nominato Golden Player dalla Federcalcio del suo paese come più forte giocatore bosniaco degli ultimi 50 anni. Questa notizia non può che far rimuginare i tifosi granata su come potessero cambiare le sorti della squadra nei due o tre anni in cui Susic avrebbe potuto giocare nel Toro. Ebbene sì, perché con il senno di poi, chi lo sostituì nelle trattative del calcio mercato di quell’anno, non ha lasciato molto il segno.Sfumato l’accordo con lo slavo, infatti, Luciano Moggi porta alla corte di Sergio Rossi, e dell’allenatore Eugenio Bersellini, l’argentino Patricio Hernandez. I titoli sui giornali lo incoronano come il vice di Diego Armando Maradona. In realtà, durante i mondiali di Spagna, non gioca nemmeno un minuto e quando il Pibe de Oro esce dal campo, sono altri i calciatori pronti a subentrargli, per lo più sconosciuti sino ad allora proprio come Hernandez. Il tifoso del Toro, però, si innamora lo stesso di Pato. E’ il giocatore esotico, che è costato diversi miliardi, tanti quanti ne sono costati Platini alla Juventus, Krol al Napoli e Prohaska all’Inter. Gioca con i calzettoni abbassati, come faceva Sivori negli anni ’60, e finge in questo modo di non temere i duri interventi degli avversari, salvo poi giocare l’anno seguente con i parastinchi e i calzettoni alzati sin sotto il ginocchio. Calcia i rigori e deve molto delle sue discrete fortune alla gran mole di gioco creata dal vero uomo squadra di quegli anni: Beppe Dossena.Rimane, comunque, ancora oggi, il rammarico di non aver visto all’opera in maglia granata una promessa, poi affermatosi campione del calcio estero, di quei primi anni '80.