di Guido De Luca
mondo granata
La doppietta all’Inter dei record
Ci sono alcune analogie tra la partita che dovrà affrontare il Toro domenica prossima e Torino-Inter del 18 giugno 1989; speriamo non tutte. Perché quell’anno il Toro retrocesse in serie B per la seconda volta nella sua storia, nonostante la vittoria contro i nerazzurri alla penultima giornata di campionato. Scongiuri a parte, fu una partita molto avvincente per i tifosi granata, mai giocata dall’Inter per i più maligni. Si trovavano di fronte due squadre molto diverse tra loro, proprio come oggi. L’Inter dei record, come venne ribattezzata a fine stagione, aveva appena vinto il campionato con nove punti di distacco sul Napoli, classificatosi secondo. Il Torino lottava, contro ogni più pessimistica previsione, per evitare la retrocessione. La difesa e il centrocampo dei milanesi avevano nei tedeschi Andreas Brehme e Lothar Matthaus gli uomini di punta, anche se non giocarono in quell’occasione, mentre l’attacco vantava una coppia ben assortita con Aldo Serena e l’argentino Ramon Diaz. L’organico dei granata sulla carta era competitivo e dall’alto tasso tecnico, ma l'inserimento dei brasiliani Edu e Muller non diede i risultati sperati. Lo slavo Haris Skoro era discontinuo. Inoltre, i cambi di allenatore a stagione in corso, da Gigi Radice a Claudio Sala per concludere con Sergio Vatta, non aiutarono la squadra a raggiungere la piena consapevolezza dei propri mezzi. Era fine giugno, un periodo insolito per la conclusione del campionato di serie A, ma le Olimpiadi di Seul dell’estate precedente avevano ritardato ad ottobre l’inizio del torneo. Il vecchio Comunale era gremito; in curva Maratona, sulla balconata centrale, campeggiavano due grossi ombrelloni da sole come riparo alle casse stereofoniche che riproducevano amplificato il già assordante tifo dei sostenitori granata. Per tutta la durata dell’incontro si sono contati a decine gli interventi dei barellieri per prestare soccorso alle persone che svenivano per il caldo e per la tensione. Il Toro doveva compiere un’impresa, dopo un campionato dall’andamento altalenante. Faceva ben sperare il successo sul Como della domenica precedente grazie anche ad una prodezza su calcio di punizione della meteora Edu Marangon. L’Inter di Trapattoni non aveva più nulla da dimostrare dopo mesi di trionfi. Con questi stati d’animo diversi iniziarono ad affrontarsi le due squadre. La prima della classe contro la terz’ultima.Eccoci alla cronaca: dopo un primo tempo senza particolari emozioni, ci pensa Skoro a ravvivare la ripresa segnando quasi subito con un bel rasoterra. Si respira aria d’impresa, si rinnova l’entusiasmo grazie anche ai giovani Lentini, Fuser, Farris e Gallaccio che danno alla squadra quel tocco di spregiudicatezza e coraggio. D’altronde in panchina siede Vatta, il mago delle giovanili del vivaio granata che li ha seguiti sin da bambini. La corsa e la forza di questi innesti fa la differenza nell’ultimo quarto di partita. L’Inter ha solo un’occasione con Ramon Diaz che al momento di tirare in porta sembra avere un cedimento sulle gambe a tu per tu con Marhegiani. Poco dopo, con una classica azione di contropiede, è il brasiliano Muller a regalare una perla delle sue trafiggendo nuovamente Walter Zenga. Giocatore dalla tecnica sopraffina, ma dalla poca maturità, nei suoi due anni e mezzo in maglia granata, Luis Muller, atleta di Cristo, ha dispensato giocate di straordinaria bellezza, ma raramente ebbe modo di dimostrare rendimento e costanza. Manca un quarto d’ora alla fine, si fa espellere anche Verdelli. L’Inter rimane in dieci. Ormai non c’è più partita. I pensieri sono già tutti sull’ultimo turno di campionato. A Lecce si disputerà uno scontro diretto: chi vince rimane in serie A. Si alza anche un refolo di vento che rende meno infernale il caldo che opprime le migliaia di spettatori stipati sugli spalti. Fischio finale dell’arbitro Lo Bello. Gli ultimi ricordi sono sulla corsa del neo-presidente Borsano che da bordo campo si dirige sotto la curva Maratona. Ha l’aria soddisfatta anche se il suo volto è segnato da un’espressione sofferta e pensierosa. Non poteva ancora immaginare cosa sarebbe successo in Salento la domenica successiva.
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