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La lettera di un tifoso: “Ecco perchè i doriani sono più di noi allo stadio”
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Stavolta a scriverci è Francesco Russo, tifoso che vuole dire la sua sul tema affluenza allo stadio in risposta all'editoriale di Gianluca Sartori pubblicato a seguito di Torino-Napoli (lo trovate a questo link). La pubblichiamo consapevoli che si tratta di una possibile spiegazione al calo di affluenza allo stadio Grande Torino che è documentato e documentabile; è inoltre una opinione legittima che trova diffusione in una parte della tifoseria granata. E da sempre Toro News è a favore della libera circolazione delle opinioni.
Gent. Redazione,
scrivo per fare un appunto e una specifica sul tema dell'affluenza allo stadio Grande Torino e il rapporto tifosi e società. Mi sento spinto a farlo e chiamato in causa con la presunzione di fare da portavoce di chi da anni non frequenta più lo stadio se non saltuariamente, mettendomi alle spalle una quindicina d'anni buoni di militanza, casa e trasferta. Ciò che mi ha spinto a scrivere è un vostro articolo pubblicato sull'ultima casalinga Toro-Napoli. In tale articolo si punta il dito sui tanti assenti che, non frequentando lo stadio nelle partite casalinghe, lasciano posto a migliaia di napoletani goduriosi e festanti, liberi di esprimersi come fossero in casa. Stanno per vincere lo scudetto, forse anche di più. Beati loro. Falliti nello stesso periodo, risorti in modi differenti, direi. Loro una fenice, noi uno zombie. Ma va bene. Non è questo il punto.
Nell'articolo si fa un paragone con la situazione dei doriani, che a detta dell'autore dell'articolo esauriscono tutti i posti del Marassi ogni domenica, nonostante la società non sia solo malsana come la nostra, ma addirittura inesistente. Allora, un passo alla volta. Con calma. Già i paragoni tra tifoserie lasciano il tempo che trovano. Il tifo di una squadra di calcio, in quanto sport popolare per eccellenza, si lega a dei fattori sociali complessi, legati al territorio e al tessuto urbano. Quando il Doria gioca in casa smuove più di mezza Liguria, per esempio. E il tessuto urbano si muove di conseguenza, con determinati movimenti sociali attivi che partecipano e soprattutto coordinano. Forse chi scrive non ha ben chiaro lo stato repressivo che si vive nella città di Torino, e questo tocca l'attivismo politico come il tifo organizzato.
Tutto ciò, che piaccia o meno, c'entra eccome con la presenza allo stadio anche di persone che col tifo organizzato non c'entrano niente. Basti vedere cosa sta succedendo dai cugini. Curve tristi e stadio ammutolito. Inoltre probabilmente sarebbe opportuno conoscere il modo di vivere la città e il territorio dei genovesi (sia genoani che doriani) e fare un distinguo rispetto a Torino, ma su questo non mi dilungo, onestamente con tutta l'umiltà del mondo, non sono in grado di raccontare a parole qualcosa che si può avvicinare a comprendere solo avendo a che fare con la città, con le persone e con i loro racconti.
Però un po' di buona memoria permetterà di ricordare i numeri in casa e trasferta del Genoa o dell'Hellas in serie C. Oppure il Bari, fallito con giocatori senza stipendi e i tifosi che tornano a riempire il san Nicola perchè si sono liberati di Matarrese. È nelle difficoltà che ci si unisce e si innalza la bandiera con fierezza, sentendosi in dovere di fare la propria parte, non quando si vegeta a metà classifica da anni, con un susseguirsi di danni strutturali, derby persi, totale assenza di granatismo (Buongiorno diverrà specie protetta), 7 a 0 e brutte figure una dietro l'altra... Tutto servito in mondo visione da uno (il proprietario) che intanto ti dice che va tutto bene.
Trovo molto stupido credere che i doriani siano "più bravi" perché frequentano lo stadio anche senza società e noi "cattivi" perché una società ce l'abbiamo. Basta ricordare come ai tempi di Cimminelli e del suo fido burattino Tilly, questa tanto criticata piazza faceva numeri ben oltre le medie di categoria (si parlava di serie B) e nella mia breve esperienza di curva non ricordo un tifo così unito. Ripeto, le grosse difficoltà rendono un popolo forte e compatto. Cinquantamila persone per "orgoglio granata", non devo aggiungere altro. E' accaduto a noi, sta accadendo ai Doriani. La differenza sostanziale è che loro sono nel baratro e giustamente si compattano. Noi siamo ovattati da 18 lunghissimi anni, messi in una angosciante naftalina a lunga durata di conservazione e stagnazione.
Sono sicuro e fatti e storia lo dimostrano, che potremmo essere più presenti e orgogliosi come falliti o in balia di noi stessi in terza categoria, che in una situazione come questa. Quella lunga estate 2005 è stata faticosa per tutti, ma soprattutto diverse persone hanno pagato di fronte alla giustizia (anche penale) per aver allontanato con la forza il precedente proprietario, durato poche settimane. Molti eravamo entusiasti e fiduciosi, dimenticandoci per un attimo che il calcio rientra nelle logiche del neo liberismo come tutto il resto del mondo ove si muovono grossi capitali. Avevamo fiducia ma in breve abbiamo capito. Servivamo (e continuiamo a servire) come pubblicità per una crescita imprenditoriale. Così è stato fatto. Quindi perdonateci se in molti siamo un po' stanchi.
Un vecchio coro degli ultras ancora in voga diceva "Torino è la nostra passione, granata è il nostro colore, noi siamo gli ultras del toro e non ci rompete i c...". Ecco, evitate almeno di rompere i cosiddetti con i moralismi del "venite allo stadio a dare i soldi a Cairo ogni domenica". No, grazie.
Francesco Russo
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