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La partita del Centenario

Redazione Toro News
di Guido De Luca

Non sono molti gli incontri ufficiali di campionato tra Torino ed Empoli. Il primo in assoluto nella storia delle due squadre si disputò il 12 ottobre del 1986 e venne battezzato da un gol di Franco Lerda. Attaccante, nativo di Fossano, era una delle tanti giovani promesse del vivaio granata ed era anche la prima gara che giocava da titolare nel Toro. Lo lanciò Mister Gigi Radice che fu subito ripagato con la rete della vittoria, l’unica in prima squadra del giocatore. La carriera di Lerda è poi proseguita in giro per l’Italia tra nord e sud e tra la serie B e la serie C.  L’Empoli era al suo primo campionato nella massima serie; ci era arrivato per caso, dopo essere stato ripescato al posto del Vicenza penalizzato per illecito sportivo. La squadra toscana partì con la classica fortuna dell’esordiente, battendo in casa l’Inter e poi vincendo ad Ascoli. Qualsiasi velleità di outsider fu stroncata poco dopo da tre sconfitte consecutive, l’ultima delle quali ad opera proprio dei granata. Le partite, che nel corso degli anni hanno poi visto di fronte Torino ed Empoli, raramente hanno riservato forti emozioni e sono sempre state caratterizzate da pochi gol. Non bisogna ritornare tanto indietro nel tempo per scovare l’incontro che ha più significato in assoluto nella storia del Torino. E’ sufficiente richiamare alla memoria il fresco ricordo della Partita del Centenario. Proprio il 3 dicembre 2006, all’Olimpico di Torino, va di scena l’Empoli di Gigi Cagni. La Torino granata giunge all’appuntamento già ebbra di festeggiamenti, al culmine di un’altalena di emozioni per i tifosi che avevano visto la società fallire nell’estate del 2005 e risorgere nel corso di un mese; il nuovo Torino Fc guidato dal presidente Urbano Cairo costretto a partecipare nuovamente al campionato di serie B nonostante l’avesse appena vinto, e trionfare nello spareggio finale con il Mantova; e ciliegina sulla torta , riassaporare la Serie A proprio negli stessi giorni in cui l’altra squadra di Torino veniva retrocessa per la prima volta nella seconda divisione italiana.Per l’occasione lo stadio si tinge di granata già dalle prime ore del mattino. Le celebrazioni prevedono la sfilata di cento giocatori che hanno scritto le pagine della storia del Toro con l’illustre e sempre pungente presentazione del tifosissimo Piero Chiambretti. Immagini d’epoca, alcune in bianco e nero (o forse converrebbe dire non a colori), proiettate sui maxischermi dello stadio, accompagnano la ricostruzione delle fasi salienti delle cronache granata. Palloncini, sciarpe, bandiere e gigantografie dei calciatori più rappresentativi del passato completano le meravigliose coreografie messe in atto dalle curve Maratona e Primavera che suggellano il taglio della maxitorta con cento candeline posta in mezzo al campo. La partita ha inizio anche con sette minuti di ritardo e i calciatori che hanno avuto l’onore di scendere in campo in un’occasione così speciale vestivano una maglia celebrativa di un granata così intenso con i bordi e i ricami dorati, subito diventata oggetto di collezione. E’ bene citare la formazione degli undici che scesero in campo perché capiscano a distanza anche solo di pochi mesi, soprattutto coloro che oggi non sono più a Torino, quale significato particolare abbia rivestito per tutto il popolo granata quella giornata.Abbiati, Di Loreto, Cioffi, Franceschini, Comotto (capitano), Barone, De Ascentis, Balestri, Rosina, Lazetic, Stellone. Subentrarono nel corso della gara Fiore, Muzzi e Abbruscato. In panchina: Taibi, Doudou, Pancaro e Gallo con Alberto Zaccheroni allenatore.La partita si svolse come se tutto fosse scritto. Non brillava solo il sole, ma non si poteva nemmeno esigere ad inizio dicembre una giornata primaverile. Il Toro vince con un gol di Comotto, giovane cresciuto in casa e di sangue granata, orgoglioso di indossare la fascia di capitano, dopo che l’arbitro non vide e non convalidò un gol regolare dell’Empoli. Il tiro che ha permesso al giovane Comotto di segnare all’ultimo minuto è uno di quelli che sono guidati dal cielo, dai nostri angeli custodi, come ogni tanto ci capita di osservare e come sempre capita di commuoverci. I volti di Valentino Mazzola, di Gigi Meroni e di Giorgio Ferrini ritratti nelle gigantografie presenti sugli spalti si sono illuminati di un sorriso complice e sornione, mentre tutto lo stadio impazzito seguiva la folle corsa del bocia correre verso le tribune a salutare i suoi tifosi più cari. Paolo Pulici, anche lui, unico mito ancora in vita dei quattro ritratti, e che sappiamo non essere superstizioso, poteva invece sorridere accanto a tutti gli altri 99 ex calciatori sugli spalti. Infine, il bandierone in cima alla Maratona con la foto di tutta la squadra che perì a Superga svolazzava festante e vigile sulla porta che avvolse nella sua rete la folle parabola del tiro del nostro capitano.