Può capitare ad un giocatore di avere paura a calciare un pallone sulla linea di porta quando questa è completamente vuota? Ma Nino non aver paura a sbagliare un calcio di rigore, non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore, un giocatore lo vedi dal coraggio, dall'altruismo e dalla fantasia. Il testo della canzone di Francesco De Gregori, “La leva calcistica della classe ’68”, si può leggere in versione rivisitata inserendo il nome di CristiaNino Lucarelli quando questi a Udine il 15 dicembre 2002 ha tergiversato un attimo prima di appoggiare in rete un comodo pallone a pochi passi dalla linea con il portiere avversario già battuto. Lucarelli non era alle prese con un calcio di rigore. Doveva solo segnare il gol più facile della sua carriera, ma gli sono tremate le gambe proprio sul più bello. Ha avuto paura. Per fugare subito ogni dubbio, Lucarelli ha fatto gol, ma l’attimo precedente al gol è durato un’eternità. In quell’istante non doveva essere coraggioso, non doveva essere fantasioso, tanto meno altruista; doveva solo toccare il pallone e spingerlo un metro davanti a sé. Così ha fatto, ma non prima di essere stato assalito da mille dubbi e pensieri. Può capitare ad un giocatore di avere paura a calciare un pallone sulla linea di porta quando questa è completamente vuota se si è in crisi con se stessi. Se si pensa di non essere più capace a giocare a pallone. Se non si segna da mesi e la critica è sempre lì, pronta ad accusarti di non essere concentrato, di non essere allenato, di non essere più adatto alla Serie A. L’ambiente è ostile, la squadra non vince e dipende anche dai gol dell’attaccante che non arrivano mai. Chi gioca nel Toro si accorge ben presto che queste situazioni si possono presentare con una certa regolarità. E la vittima designata deve avere la forza e la consapevolezza nei propri mezzi per non farsi travolgere dalla crisi. Cristiano Lucarelli non ce l’ha fatta. Non è stato sufficiente il traversone di Paolo Castellini che gli ha servito il pallone giusto per lasciarsi tutto alle spalle. Non poteva essere quello il gol scacciapensieri. E’ stato troppo facile segnare e, nonostante tutto, l’esitazione e l’incertezza di quell’attimo precedente al pareggio del Torino contro l’Udinese hanno accentuato le preoccupazioni di Cristiano. A campionato finito ha chiesto di essere ceduto al Livorno. E’ tornato nella sua città, nella sua squadra del cuore che gli aveva permesso di crescere calcisticamente e che aveva lasciato da ragazzino per girovagare tra l’Italia e la Spagna. Ha ritrovato l’affetto del suo pubblico e la confidenza con il suo mestiere, almeno sino a poco tempo fa. Ha addirittura scritto un libro per spiegare le ragioni per cui ha rinunciato ad un miliardo di vecchie lire pur di non ritornare nel Torino e a Torino, forse ripensando anche alla paura che ha avuto a segnare un gol come quello di Udine.
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