mondo granata

La porta sul passato

Redazione Toro News
di Mauro Saglietti

Immaginate una porta in casa, chiusa da sempre.Conduce in soffitta, dove sono stati archiviati i ricordi di una vita.Ma il legno si è gonfiato, troppe cianfrusaglie sono state accatastate sugli scalini.Anche se il legno cedesse, oramai, sarebbe impossibile accedere a quei locali dimenticati.Così, meglio mettere un bell’armadio di fronte a quella porta, e pensarci il meno possibile.Sì, un giorno magari si potrà far pulizia, ma ci vorranno tempo, risorse, occorrerà farsi aiutare da qualcuno.E poi alle volte i ricordi bastano per se stessi, senza bisogno di oggetti che li facciano risaltare.Se non si può aprire la porta sul passato, almeno si può provare ad ignorarla.

Poi un giorno torni a casa e ti accorgi immediatamente che qualcosa non va.Che cosa? I Ladri? No non c’è tutta questa confusione, eppure… ah ecco!L’armadio… è stato spostato!Chi può essere stato? Come è possibile che… Un momento... Non è l’unica cosa.Intravedi gli scalini lucenti che salgono in soffitta, poco oltre, dove prima c’era l’armadio.La porta è aperta. La porta sul passato.

 

Hai sempre immaginato un ambiente pieno di polvere, oggetti alla rinfusa e scartoffie ingiallite e disordinate, tra le quali spunta qualche foto ormai rossastra o sbiadita.Invece niente di tutto questo.Alle pareti sono appoggiati enormi schedari, tutti perfettamente ordinati. Al centro della accogliente saletta c’è una poltrona con un tavolino, sul quale è appoggiata un’ invitante bottiglia di Porto. Accanto agli schedari sono state appese le foto con i principali avvenimenti del mio passato. In un angolo c’è il peluche di quando ero bambino, che credevo di avere perduto per sempre… Poco più in là la raccolta dei classici di Walt Disney, con le storie indimenticabili…Come è potuto capitare tutto questo? Mi siedo incuriosito, non senza prima essere andato chiudere la porta, tanto per sentirmi più a mio agio in quel rifugio inaspettato.Sul tavolino giace uno strano telecomando, una sorta di I-Pad, che I-Pad non è. Per quanto sia negato, non tardo ad accorgermi che è una sorta di telecomando, che mi permette di cercare in modo automatico tra gli archivi.Mi rilasso, appoggio la testa alla poltrona sorseggiando il Porto.E comincio a cercare nel passato.

 

Confesso che mi è passato una sorta di brivido lungo la schiena, quando ho saputo che l’intero archivio storico della Stampa, incluse le edizioni di Stampa Sera, era stato messo on-line.Proprio così. Quello che una voltasi faceva con perdita di tempo, attraverso mille burocrazie, è a portata di tutti, senza bisogno di alzarsi dalla sedia sulla quale si sta digitando.Uno potrà pensarla come vuole sulla Testata e sul suo inimitabile appellativo, per non parlare della proprietà.Ma la messa a disposizione di un tale archivio, che parte dal diciottesimo secolo è un tesoro inaspettato, che in molti hanno sempre sognato di raggiungere.Più per le piccole cose che per i grandi avvenimenti, è la storia di noi tutti di tanti piccoli particolari dimenticati che contribuiscono a definirci, e riempiono la memoria di aneddoti, felicità o nostalgia.Ricordo, negli anni Ottanta, di essermi intestardito alla ricerca delle testimonianze sullo scudetto.All’epoca ovviamente non c’era internet ed il passaparola era molto più ridotto. Ero andato a visionare i microfilm alla Biblioteca Civica, quelli riguardanti La Stampa del 17 maggio 1976.Il giorno dopo lo scudetto.Ne avevo ricavato una grande stampa A3 ed una forte nausea, a furia di vedere il microfilm scorrere sul video.Ora è tutto lì, a disposizione, sul sito del giornale.Basta non farsi prendere dall’ansia di voler vedere tutto subito…

 

Chissà perché si comincia spesso da cose devastanti, che ti incuriosiscono per il fatto di essere irrisolte. Una volta il Toro non avrebbe aspettato, oggi aspetta.Non so perché, non so per come, ma le mie dita vanno subito a comporre la data 28 giugno 1980, sul telecomando.Passa qualche istante, si sente rumore negli schedari… poi sulla parete di fronte a me, cala un grande schermo, sul quale viene proiettata la pagina di quel giorno.

 

Per quella data è stato archiviato soltanto il numero di Stampa Sera… che il 28 giugno fosse un lunedì, giornata nella quale usciva soltanto l’edizione serale?Non è quello a preoccuparmi. E’ quello che mi aspettavo di trovare.Il titolo, a tutta pagina è: ESPLODE A 7500 METRI SUL MARE: 81 I MORTI.E poi la didascalia sopra Aereo dell’Itavia in volo tra Bologna e Palermo.La sciagura (disgrazia o sabotaggio?) ieri sera poco dopo le 20:45 fra l’isola di Ponza e quella di Ustica - Solo stamane avvistati i relitti e recuperati i primi cadaveri – L’elenco dei passeggeri – Due, madre e figlio, abitavano a Torino.L’articolo, silenzioso testimone, è completato da una piantina del luogo del disastro e dalla foto, una delle poche che siano mai state individuate, del DC9 di Ustica.La mia prima reazione è di tristezza.Non tanto per gli 81 morti, vittime di un Paese incapace di riconoscere ed ammettere il proprio passato. Quanto per il senso di rabbia che ti deriva dal sapere, e si scontra contro gli immensi dubbi di quella lontana prima pagina. Certo, qualcuno dirà - Perché, tu che ne sai?Io non so niente, tu non sai niente, egli non sa niente. Voce del verbo tacere, o aver paura di pensare. E’ vero, meglio non sapere, sarebbe stato meglio, come hanno fatto in molti, non informarsi mai su quell’avvenimento.Del resto, alla faccia di Mig libici, telefonate fuorvianti dei Servizi Segreti, leader stranieri in volo, tracciati radar scomparsi, una serie di morti impressionanti che hanno coinvolto chi quella sera aveva avuto la possibilità di sapere…, dicevo, di fronte a questo, cosa è successo? Niente, ovvio.Mi immagino tutti i fiumi di inchiostro spesi dopo quella prima “E” del titolo.Gli anni di silenzi, le lacrime dei familiari…Cerco nell’articolo i riferimenti ai politici, a chi probabilmente sapeva da subito, e alle sue dichiarazioni…Fa male questa prima pagina, fa male all’orgoglio di una Nazione che fu, e che ha perso la speranza di essere ancora.Disgrazia o sabotaggio? Si chiedeva l’articolista.Già. Ancora oggi i seguaci del Dio Bomba sono tanti…A metà pagina, quasi irriguardoso in quella tragedia, spicca il riquadro “D’AMICO AL TORO”.Si fermerà soltanto una stagione, ma lui ancora non lo sa. Subito sotto invece si parla di ROCK E REGGAE PER BOB MARLEY, che quella stessa sera terrà il suo concerto al Comunale.Sarà un tutto esaurito storico, in anni in cui i concerti erano centellinati. Il profeta del Reggae, a cui è dedicata una gigantografia in ultima pagina, ha circa un anno di vita. Lui lo sa, purtroppo.La seconda pagina ritorna sul disastro e fornisce la versione dell’Itavia, primo capro espiatorio, che sarà costretta a chiudere dopo non molto tempo, in seguito a questa sciagura.Nessuno ha idea di quello che possa essere successo.Il giornale del 29 giugno intitola I DIECI SECONDI DI MISTERO SUL DC 9 ESPLOSO IN VOLO e già fornisce una ricostruzione abbastanza chiara degli ultimi attimi di volo del DC9, compresa la parola mistero, autentica profezia per quello che diventerà questa tragedia dell’anima umana, vergogna di Stato.Sono tentato di proseguire questa indagine, ma la riservo per il futuro.Questa pagina mi ha lasciato molta amarezza, ma faccio un link con la questione aerei, prima di spostarmi verso qualcosa di più futile, con un’altra notizia che mi ha sempre incuriosito e per la quale non ho mai trovato fonti.

 

Digito una data e lo schermo si fa scuro, per poi riposizionarsi sul 2 gennaio 1974.

Il giorno prima era giornata di Festa. Eravamo tutti attorno al tavolo, per mangiare gli immancabili agnolotti, in una giornata fredda e plumbea.- Come vola basso questo aereo… - disse mia madre, sentendo un rombo abbastanza strano.Il rombo si perse nel nulla e terminò sulla prima pagina del giornale del giorno seguente.IL JET DI LINEA CAGLIARI-TORINO PRECIPITA A CASELLE: 38 MORTI.Ecco la notizia, ormai dimenticata di cui mi ricordavo.La più grave sciagura aerea nel cielo di Torino dopo la sciagura di Superga, spiega l’articolo.Un Fokker F28, anch’esso dell’Itavia si è schiantato a tre chilometri dalla pista di Caselle, mentre era in fase di atterraggio. In molti testimoniano di “aver sentito un rumore strano, come se l’apparecchio avesse già qualche guasto a bordo”, poi il velivolo urta con l’ala un capannone e scivola sul terreno bianco per la neve, fino a schiantarsi contro il muro di una cascina.I primi soccorritori parlano delle urla strazianti urla degli occupanti, che non sono riusciti a salvare…Piano piano i ricordi tornano alla mente. All’ingresso del cimitero di Caselle è deposta una lapide in ricordo delle persone perite quel giorno, prevalentemente immigrati che tornavano a casa dopo le Feste.Il giorno seguente, tre gennaio, la notizia è già scivolata ad un quarto della prima pagina, segno forse di tempi più sobri, mentre la cronaca interna ne parla ancora in abbondanza, rivelando come un guasto tecnico a una delle turbine possa essere stata la causa del disastro.E’ una delle tragedie dimenticate di questa città, nessuno la ricorda più.Così come in pochi ricordano quella del…No, ho bisogno di aria, di altro.  Qualcosa che tolga di dosso questa lontana cappa di dispiacere.Nella pagina di cronaca dello stesso giornale, si parla dell’imminente scontro Juventus-Inter, mentre una foto di Cereser fa da didascalia alla domanda I GRANATA IMBATTUTI ANCHE A SAN SIRO?, sottolineando il fatto che il Toro, in quel 1973-1974 non abbia ancora perso in trasferta.Per la cronaca, il Toro perderà 1-0, pochi giorni dopo.Essere ottimisti non ha mai portato bene neanche allora.

 

E’ tutto un rincorrersi avanti e indietro nel tempo di immagini, ricordi, cose che si uniscono le une alle altre, alcune solo abbozzate, altre si compongono unendo i ricordi alle foto in bianco e nero, colori mai così confortevoli. Anche i pensieri si inseguono in questo grande tesoro caleidoscopico.Il Toro? Le ultime parole mi fanno pensare a cosa cercherei per prima cosa…Quasi senza pensarci digito la data 28 marzo 1983.

 

Mentre il video sta per riempirsi dei caratteri di 27 anni fa, immagino un titolone, sui tre gol in 3 minuti e 40 secondi del giorno precedente.Invece no. Uno strano giro di parole, che non fa capire a chiare lettere che la gobba ha preso una delle sue suonate più epocali: NOVE GOL (5 A TORINO) DICONO CHE LA ROMA HA LE MANI SULLO SCUDETTO. Complimenti per il titolo. Traduco: a Firenze si è giocata Fiorentina-Roma, terminata 2-2, quindi 5 gol nel derby, più 4 gol a Firenze, danno 9.In pratica la Juventus ha perso.Seguono le immagini dei 5 gol, e più in basso un trafiletto nel quale si afferma che le Ferrari di Tambay e Arnoux partono in prima fila nel Gran Premio di Long Beach.Nelle pagine interne però, ci si riscatta dal titolo ambiguo.PER TRE VOLTE LA MARATONA IN DELIRIO, VINCE ANCORA IL VECCHIO CUORE GRANATA.Sottotitolato con I boati della Curva hanno annunciato a chi stava fuori dallo stadio l’incredibile vittoria del Toro sulla juve.Un articolo di altri tempi, che dipinge ancora il tifo come un fenomeno corale e quasi si stupisce che non ci siano stati incidenti. Mi emoziono, mentre guardo la foto scattata all’uscita dello stadio.Uno sguardo ad un articolo sui Gatti di Vicolo Miracoli, rimasti in 3, ed un’occhiata ai programmi televisivi, in tempo per capire che i film terminavano alle 22 e che tutto quanto dà una sensazione di “sobrio” ed “equilibrato”, poi via verso le pagine dello sport. Dove finalmente si rende giustizia all’evento.IL TORINO MANDA KO LA JUVENTUS E REGALA LO SCUDETTO ALLA ROMA, e poi sotto Quattro minuti di inferno per i campioni d’Italia.La foto della semirovesciata di Torrisi è a centro pagina, e poi sotto di essa un articolo che si legge da solo:QUELLA CURVA CHE ASPIRA I PALLONI – Se Zoff non fosse stato sotto la Maratona, i granata avrebbero segnato?, a firma Ormezzano.E poi altri titoli nei quali perdersi.Immagino la gente di allora, l’ambiente di quegli anni.Era il 1983 e quasi subito un’ombra si allunga e mi fa sparire il sorriso.Già, il 1983.Digito una data di quell’anno.Quella del 14 febbraio.

 

Ricordavo quei titoli, quelli della Stampa Sera del Lunedì.Ciò che non ricordavo era la crudezza delle foto.Un tempo si era più sobri nel descrivere le cose, ma le immagini erano spesso terribilmente esplicite. Cadaveri sfigurati dal fumo, in prima pagina, sotto un titolo devastante, ma ancora incompleto.A TORINO 57 MORTI. INCENDIO NEL CINEMA STATUTO.Non sono 57 i morti, saranno 64 alla fine, tutti gli occupanti di quella galleria maledetta.Ma quasi a rincarare beffardamente la dose, arriva il titolo seguente.PRECIPITANO TRE CABINOVIE A CHAMPOLUC, DIECI SCIATORI SI SCHIANTANO SULLA ROCCIA.Una cosa da far mancare il fiato.

 

Nevischiava quel giorno a Torino, alle 18:10, quando le fiamme si sprigionarono per corto circuito vicino alle tende del corridoio di ingresso del cinema Statuto di Via Cibrario.Molta gente era confluita in quel posto per i motivi più svariati, chi per sfuggire a una giornata di noia, chi per festeggiare il carnevale.Leggendo gli articoli, per quanto conosciuti, strazianti, si ha a che fare con un mondo completamente diverso, che affondava le sue radici in un’allegra impreparazione.Quando la tenda infuocata cadde sulle poltrone della platea, i materiali, altamente tossici e infiammabili, svilupparono una serie micidiale di gas nocivi.Gli spettatori della platea si scaraventarono verso le uscite di sicurezza, essendo preclusa la via di ingresso, ma, come si legge, molti di loro, presi dal panico, non capirono se spingere in avanti le porte o tirarle verso di sé. Anni luce dalle porte antipanico.Le porte della platea furono spalancate anche grazie all’intervento dei passanti, che videro uscire del fumo dalle fessure delle porte, e udirono le grida.Tutti si salvarono in platea.Non si salvò nessuno in galleria.Non si comprese mai se le porte fossero effettivamente sbarrate, oppure se occorresse una forza troppo grande, applicata in un punto preciso, per spalancarle, come da mia recente conversazione con un ex pompiere che quel giorno fu tra i primi ad entrare.I soccorritori trovarono subito molti cadaveri, stroncati dal fumo sulle scale, mentre tentavano una disperata fuga, oppure abbracciate, o, tre ore più tardi, rintanate in un bagno o chiuse disperatamente in uno stanzino.I titoli di quei giorni, le vicende, sono agghiaccianti, fanno male al cuore.Le storie sono spaventose, chi perse un figlio, una mamma o un papà, ed i giornali di quei giorni, pietosamente, senza false pietà o sciacallaggio, come avverrebbe oggi, raccontarono le loro storie.I pensieri del giornalista che si recò al cinema allo spettacolo precedente e se ne andò pochi istanti prima del dramma, in tempo però per vedere il profilo di un papà ed un bambino, che rimasero vittime del dramma.Sono giorni caratterizzati dalla “torinesità” del dolore, giornali dove le fotografie dei corpi allineati nella rimessa Avis, valgono più di mille titoli.Visitate queste pagine soltanto se volete rendere omaggio a chi perì in quel modo assurdo, non per smania morbosa.Oggi il cinema Statuto è stato demolito, ma nessuna lapide ricorda quel dramma e le persone che in quel febbraio persero la vita.

 

La testa gira, quasi mi pento di aver rivisto quel dolore, ma la testa va dove le cose sono insolute.Nevicava quel giorno... ho bisogno di pensare ad altro che, anche se non sarà il massimo, mi porti via da quel tempo tanto lontano, ma tanto dignitoso, fatto da uomini, non da automi.

 

La neve era a bordo campo, me la ricordo bene… proviamo a digitare la data… 8 dicembre 1977…Non mi aspetto di trovare grandi cose. In prima pagina si parla di equo canone, di problemi con le tredicesime… poi in mezzo al giornale c’è la foto di Pulici, contrastato da un giocatore con la maglia corsa.Sotto, un laconico IL TORINO FUORI DALLA COPPA.Sospiro. So cosa sono andato a cercare. Il Toro non è stato grande solo quando vinceva, ma lo è stato anche nelle sconfitte.Non c’è altro in prima pagina.

 

Quanto bruciò la sconfitta col Bastia?Tantissimo, per noi ragazzini cresciuti col mito dell’imbattibilità interna. Pareggiare in casa era già un mezzo disonore, figuriamoci perdere. Eppure quella volta capitò, in una partita rocambolesca, contro i piccoli ma tenaci corsi, che forse sottovalutammo, e che arrivarono fino alla finale di competizione.L’articolo della pagina sportiva è sobrio, amaro e porta la firma di Bruno Perucca.IL TORINO SCONFITTO, E’ FUORI DALLA COPPA UEFA.Drammatico stop 2-3 dal Bastia, infortunati Castellini, Zaccarelli e Mozzini.Fu realmente drammatico. Sconfitti per 2-1 all’andata, avevamo l’1-0 come risultato amico.Ma nel Comunale pieno di neve e di tifosi Corsi (come l’articolo riferisce), capitò qualcosa di strano e dannatamente bruciante.Segnò il Bastia, con una cannonata di Larios, pareggiò Graziani e si fece male Zaccarelli.Ad inizio ripresa segnò di nuovo Graziani.A quel punto spensi la radio, convinto della nostra qualificazione, per godermi la differita televisiva, che sarebbe cominciata poco dopo.Arrivai al 2-1, al secondo minuto della ripresa, convinto di godermi il seguito. Che si manifestò, infausto, tre minuti dopo, con il 2-2 di Krimau, segnato dal Bastia in 10 uomini per momentaneo infortunio, e il grave incidente a Castellini, che si scontrò con Danova.Johnny Rep diede una gomitata a Mozzini: commozione cerebrale.Toro in 10 e terzo gol del Bastia, ancora di Krimau. Io raggelato di fronte al video, gli altri raggelati allo stadio.Gran festa dei diecimila Corsi, con lame bene in vista, che quella sera fecero paura proprio a tutti.I giornali dei giorni seguenti riporteranno le notizie degli scontri.Manco a dirlo, pochi giorni più tardi si disputò il derby, che il Toro dovette affrontare senza tre titolari.Finì 0-0.

 

Ricordi che si inseguono, frammenti di vite e di persone.Le pubblicità dei cinema di quei giorni dice che all’Ambrosio è in programma Squadra Anti-truffa, con Tomas Milian, al orso un inquietante Holocaust 2000 con Agostina Belli e Kirk Douglas, mentre all’Ideal la fa da padrone Guerre Stellari, di George Lucas.Nelle pagine degli spettacoli risata, con molta nostalgia presente, il nome di Macario al Teatro Nuovo e di Gipo all’Erba.

 

Ricordi che si accavallano.Che cosa cercare in questo insieme pirotecnico nel quale si possono cercare tutte le nostre vite?Trovo, con molta fatica, i riferimenti al “nipotino Mauro”, nelle. pagine che annunciavano la scomparsa dei nonni… ma perché non andare anche a vedere che cosa faceva il mondo nel giorno della mia nascita?Il 25 maggio del 1968 il mondo era concentrato sugli scontri tra studenti e polizia a Parigi, sulle dichiarazioni di De Gaulle, mentre in Italia si discuteva, e non poco, sull’ora legale, che sarebbe entrata in vigore, per il terzo anno consecutivo, proprio in quella notte di maggio, e sarebbe stata in vigore soltanto 4 mesi.Scorro le pagine più avanti, anche nei giorni a venire. La notizia granata più rilevante è che IL TORINO HA ACQUISTATO MONDONICO. Non sarà una grande carriera, ma il Mondo saprà rifarsi.E poi…

 

E poi ci si imbatte in una notizia qualunque, una vita qualsiasi…Ma quella notizia è qualcosa che ti scuote, ti afferra e non ti molla, per quanto ci siano state migliaia di notizie simili.MORENTE UNA BAMBINA TRAVOLTA SULLE STRISCE.Una bambina di sei anni, all’uscita del cinema parrocchiale di Cascine Vica, in Corso Francia, è stata investita da una Fiat 600 che proveniva ad alta velocità.Non faccio in tempo ad immaginare la scena.La foto dell’articolo è agghiacciante e mi riempie di tristezza.Oggi credo che non sarebbe più possibile. La piccola, occhi chiusi, è stata fotografata prima dell’arrivo dei soccorsi, avvolta in una copertina.Sono quelle notizie che affondano in qualcosa di insostenibile ed atavico.Ma per qualche motivo, per qualche strano motivo, mi sono imbattuto con una fotografia difficile da sostenere, con un qualcosa difficile da capire.La piccola si chiamava, e spero si chiami tutt’ora, Raffaella La Marca.Portava una frangetta scura ed al momento dell’impatto aveva sei anni.Oggi dovrebbe averne 48. Il suo investitore, che aveva 20 anni, dovrebbe averne 62 circa.Spero con questa mia bolla di dolore, di non aver risvegliato dispiaceri mai sopiti.Ma terrei veramente a sapere se quella povera bambina riuscì a salvarsi, se qualcuno ovviamente ne fosse a conoscenza, gli sarei molto grato.Ho cercato nei giornali dei giorni seguenti, ma non ci sono notizie sul decesso.So che è una storia di 42 anni fa, ma vorrei veramente che potesse chiudersi nella mia mente, con serenità.Non so perché. Alle volte le cose ti piovono addosso così.

 

C’è bisogno di gioia, ma come sempre riesce difficile rintracciare le cose più belle, se non sono legate a momenti di particolare emotività.Da quante ore sono qui, chiuso in questa soffitta? Ho perso il conto. Potrei vedere mille cose e invece capito, a ritroso nel tempo, su qualcosa che mi sorridere, per l’impresa contro il destino di chi ce la fece.Ma per trovarla, bisogna scavare, perché non è facile.Fu una delle storie più commoventi del nostro tempo, eppure in un primo momento i giornali quasi non la degnarono di note.Forse perché la storia dei ragazzi che sopravvissero sulle Ande andò ad inserirsi in periodo in cui la gente era distratta dalle festività natalizie, o forse da altro.Occorse del tempo prima che questa storia divampasse in tutta la sua eroicità.

 

Nei giorni 25 e 26 dicembre 1972, i giornali non escono per via delle festività.Quando, il giorno 27, ritornano in edicola, le notizie parlano prevalentemente della morte di Truman, del tragico week-end sulle strade, della finale di Canzonissima, che renderà molti italiani miliardari. Le cronache sportive, nel frattempo, si concentrano sulle prodezze di Castellini, che all’Olimpico ha parato un rigore a Chinaglia, in Lazio-Torino 0-0.Cinque giorni prima, due ragazzi stremati, si sono presentati a un montanaro cileno, affermando di essere scesi dalla Cordigliera e di essere sopravvissuti al disastro aereo della squadra di Rugby dei Vecchi Cristiani, avvenuto più di due mesi prima.La notizia, che ha dell’incredibile, si diffonde nel mondo tra la tarda serata del 24 ed il giorno di Natale, forse più tardi nel resto del mondo, dove la gente ha già faticato a seguire una storia prevalentemente di cronaca locale.La Stampa del giorno 27, non ne parla, ma qualcosa lascia supporre che la notizia in Italia si sia diffusa televisivamente proprio quel giorno.Infatti Stampa Sera, che aveva un taglio più “urlato”, rispetto al quotidiano standard, titola in prima pagina, facendo riferimento all’aspetto più drammatico:SI SALVARONO MANGIANDO 23 CORPI DEI COMPAGNIE’ un titolo scabroso, che non rende concretezza ad una storia di sopravvivenza ed amicizia, di chi lottò contrò la morte per due mesi, disperso in luoghi inaccessibili, dopo essere sopravvissuti ad un impatto aereo.Fernando Parrado e Roberto Canessa salvarono se stessi e le vite dei loro compagni, scavalcando a piedi le cime più alte delle Ande, dalla loro impresa venne tratto un bellissimo libro (Tabù – Piers Paul Read) ed un film (Alive – sopravvissuti), fedele alla stesura del libro, riempiendo così, a livello informativo, quella che era stata la cronaca frammentaria dei giornali dell’epoca.

 

Le ore sono passate. Potrei guardare altro, le storie si accavallano. Ed è curioso come tutta la vita, che sia la propria, che siano le vicende belle o drammatiche che abbiamo incontrato sul nostro cammino, vada ad intrecciarsi inesorabilmente con le vicende, le piccole vicende granata, la nostra autentica colonna sonora, almeno fino a non molto tempo fa.Cos’altro guarderò? Il derby col gol di Serena? O cercherò piuttosto le pagine che parlano di cronache lontane nel tempo? O ancora mi fermerò a guardare i visi e i volti della gente di epoche lontane, a cercarne gli indirizzi per seguire le loro ombre in questa città tanto diversa?Non lo so, amici, non lo so ancora. Il bicchiere di Porto per questo venerdì è terminato e spero sia stato piacevole bercelo in compagnia.Ora la luce si spegne, e, chi lo sa, si potrà sicuramente riaccendere per nuove ricerche, che vadano oltre la porta sul passato.

 

 

Per approfondimenti:

Strage di Ustica 27/06/1980

 

Bob Marley 28/06/1980

 

Incidente aereo di Caselle 01/01/1974

 

Toro-Gobbi 3-2, 27/03/1983

 

Tragedia Cinema Statuto 13/02/1983

 

Torino-Bastia 2-3 8/12/1977

 

Raffaella La Marca 26/05/1968

 

Miracolo delle Ande 27/12/1972

 

Mauro Saglietti