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La prima volta

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di Walter Panero Domenica 18 febbraio 1979. Chissà perché la domenica dobbiamo sempre andare da qualche parte. Una volta dai nonni paterni. Una volta da quelli materni. Una volta in montagna. Mai, o quasi mai, che ce ne...
Redazione Toro News

di Walter Panero

 

Domenica 18 febbraio 1979.

 

Chissà perché la domenica dobbiamo sempre andare da qualche parte. Una volta dai nonni paterni. Una volta da quelli materni. Una volta in montagna. Mai, o quasi mai, che ce ne stiamo a casa come fanno le famiglie degli altri bambini. Se restassimo a casa più spesso, la mattina me ne andrei alla messa delle nove e mezza, lì incontrerei gli amici ed i compagni di classe, e poi ce ne andremmo all'oratorio a giocare a pallone o, se c'è brutto tempo, a ping pong e a calcio balilla. O ancora a figurine.Mi sento spesso tagliato fuori con 'sta storia che la domenica si va sempre via. Il lunedì, a scuola, ascolto i compagni che raccontano delle cose fatte nel fine settimana: i pomeriggi passati fuori a giocare con gli altri, oppure in casa tutti insieme. Invece, le uniche cose che io ho da raccontare sono il solito pranzo dai nonni (sempre ottimo, ma quasi sempre uguale), la partitina a bocce con papà e col nonno, il ritorno in auto attaccato ad una radiolina che non sempre funziona come dovrebbe.Poi, la sera, si guarda “Novantesimo Minuto” per vedere le prime immagini provenienti dai campi della serie A. Quindi, c'è un momento di tensione e di speranza, perché attendiamo con ansia di capire di quale partita verrà trasmesso il secondo tempo. Se, come quasi sempre accade, non danno il Toro mi arrabbio come un matto e poi la guardo lo stesso. Invece, le poche volte che fanno vedere  i nostri rimango lì, incantato davanti alla Tv, e se la mamma mi parla le rispondo a monosillabi o non le rispondo proprio.Quando vedo le immagini che provengono dai campi provo sempre molta invidia. Vorrei tanto che la mia fosse una di quelle testoline che si vedono sullo sfondo e che riempiono gli spalti. Ci sono dei miei amici che ci vanno sempre. Massimo, che è dei nostri, va con suo padre nei “distinti” (non so cosa siano 'sti distinti ma lui li chiama così con un pelo di fierezza) e racconta della nostra Curva, la Maratona. Di come cantano, di come fanno rullare i tamburi, dell'odore che hanno i fumogeni. Racconta anche di come sia diverso vedere la partita allo stadio, rispetto a guardarla in televisione. Di come dagli spalti si riescano a seguire meglio le azioni. Ci sono anche altri miei compagni che vanno allo stadio col padre che ha addirittura l'abbonamento. Ma sono gobbi e, quando parlano della Curva Filadelfia, io non li sto manco ad ascoltare. Non mi interessano i loro discorsi. Sono del Toro, io. Mica un gobbaccio!

Rinuncerei a tutti i gelati del mondo per andare una volta allo stadio con papà, ma non mi ci porta mai. Non è che ci vada molto spesso manco lui allo stadio visto che, come detto, la domenica siamo spesso via. Ma ogni tanto ci va eccome! Io ho provato a parlare con mamma perché lo convinca a portarmi con sé, ma non succede mai. Così me ne sto lì, nella mia stanza, ad ascoltare le partite e immaginare i colori, gli odori, i rumori dello stadio. Cosa starà facendo papà? Cosa farà tutta l'altra gente? Come sono Pupi, Ciccio e il Poeta visti da vicino?

Qualche mese fa, credo fosse novembre, mi ero proprio illuso che mi portasse. Mamma si era lasciata scappare qualche parola di troppo che mi aveva fatto pensare che lui mi avrebbe finalmente condotto con sé. Invece niente. Il Toro aveva giocato e vinto per 4 a 0 contro il Vicenza di Paolo Rossi che lo scorso anno era arrivato secondo in classifica. Gol di Pupi e tripletta di Ciccio. Una grandissima partita. Papà tornò a casa tutto felice e soddisfatto. Ma io gli tenni il muso per tutta la sera e, praticamente, non gli rivolsi mai la parola. Sono certo che lui comprendeva benissimo il perché, infatti, qualche giorno dopo, quando eravamo soli lui ed io, mi guardò sorridendo e mi disse: “dai....ora sei abbastanza grande....alla prossima occasione ti ci porto davvero con me allo stadio...”. Io sorrisi a mia volta: se me lo diceva era vero. Papà non è mai stato uno che fa delle promesse se poi sa di non poterle mantenere.Per mesi mi sono chiesto quando sarebbe stata questa famosa prossima occasione di cui aveva parlato papà. Poi, finalmente, oggi ho visto dei movimenti strani. Subito dopo pranzo, papà è uscito a tirar fuori la macchina, l'“Alfa Sud” bianca comprata qualche giorno dopo la festa per lo scudetto del Toro di cui ricordo poco o niente. Quindi è tornato su a casa:

“Allora? Sei pronto? Andiamo!...” ha detto

“Dove pà?” gli ho risposto con aria interrogativa.

“Allo stadio....oggi si va allo stadio....”

Emozione. Mi tremano le gambe tanto sono emozionato. Per la prima volta anch'io entrerò allo stadio. Per la prima volta anch'io potrò rendermi conto di come sia diverso vedere la partita da vicino. Potrò finalmente capire che cosa si provi ad essere uno di quei puntini che stanno sulle gradinate.Si parte. Viene anche mamma. Anche lei non è mai stata alla partita. Chissà se è emozionata come me? Non so se i grandi sappiano emozionarsi come noi bambini. Magari lo capirò un giorno molto lontano, visto che forse anch'io diventerò grande prima o poi.A me sembra che la strada che porta allo stadio non finisca mai, ma, consultando l'orologio che mi ha regalato mio padrino per la Prima Comunione, mi rendo conto che in realtà ad arrivare fin là impieghiamo soltanto mezzora. Mi guardo intorno. Tanta gente. Per lo più si tratta di persone vecchie più o meno come papà che tengono per mano bambini più o meno grandi come me. Poche donne, a parte mamma. Quasi tutti hanno una sciarpa al collo. Desidererei più di ogni altra cosa avere anch'io una di quelle belle sciarpe. Una sciarpa con le strisce bianche e granata e bordata dei tre colori dell'Italia per simboleggiare lo scudetto. Oppure una sciarpa con scritto sopra “Forza Toro” come quella di quel bambino, come quella che il mio amico Massimo si mette a volte il lunedì mattina quando il Toro vince, o anche quando perde.Vorrei tanto chiedere a papà di comprarmene una, ma non ho il coraggio. Sono timido, io. Ho paura che mi dica di no e di rimanerci male. Magari una volta ne parlerò con mamma e le dirò di convincerlo a regalarmene una. Oppure sarà lei stessa a comprarmi una sciarpa. Un mio amico mi ha detto che in “Barriera di Milano”, non lontano da casa nostra, c'è un negozio che vende solo sciarpe! Un negozio pieno di sciarpe e di bandiere del Toro! Che meraviglia!Una volta devo assolutamente farmici portare!

Dopo aver percorso un po' di strada a piedi, ecco lo stadio. Non l'avevo mai visto prima. E' molto più grande di come me l'immaginavo. Da fuori, si sente un altoparlante che parla di prodotti da comprare: arredamento, mobili, liquori. Cosa c'entreranno con la partita e col Toro? Boh. Forse lo capirò quando sarò più grande. Non c'è tanta coda per fare i biglietti. D'altra parte, quella di oggi non è una partita di grande richiamo. Giochiamo con l'Ascoli, mica con l'Inter o col Milan. Ma non potevo pretendere la luna. Ci andrò, ci andrò a vedere il Toro giocare contro le “Grandi”. Andrò anche a vedere il Derby, prima o poi. Ci sarà un giorno in cui potrò venire allo stadio con gli amici e vedere tutte, ma proprio tutte le partite. Potrò avere anch'io l'abbonamento come quei signori che saltano la coda mostrando con orgoglio la loro tessera. L'uomo all'ingresso controlla il mio biglietto che è un po' diverso da quello di papà e mamma, visto che io sono un bambino e pago di meno. Papà mi tiene per mano, mentre io continuo a guardare intorno e davanti a me. In lontananza, si sentono dei tamburi che rullano. Si sentono cori. Lo stadio è ormai a pochi metri da noi.Saliamo su una lunga rampa di scale. Il mio cuore batte sempre più forte. Le gambe tremano. Quando arriviamo in cima si apre davanti a me uno spettacolo mai visto. Il campo è ancora più verde e luccicante di come lo immaginassi. Sul cerchio del centrocampo c'è una specie di piramide con delle scritte. Penso che la toglieranno prima dell'inizio della partita. E poi la gente. Le bandiere. Gli striscioni.

“To-ro....bum bum bum....To-ro ….”

Mamma mia. E cos'è questo frastuono? Papà mi stringe la mano. Non devo, non posso aver paura se c'è lui.

“Non temere. Sono solo i nostri ragazzi che si danno da fare per sostenere la squadra....ma noi ci mettiamo un po' più in là....c'è troppo casino qui....”

Finalmente ci sediamo sui gradini dello stadio, mentre la gente continua ad arrivare. Siamo costretti ad alzarci in piedi e siamo stretti come le acciughe, ma papà è grande e riesce a lasciare un po' di spazio per me e per la mamma.

“Vedi” dice papà “questa dove siamo noi è la Curva Maratona, quella dove si mettono i tifosi veri. Là di fronte c'è la Filadelfia, dove fa sempre freddo e dove vanno i tifosi gobbi quando loro giocano in casa e dove stanno quelli della squadra avversaria, che combinazione oggi hanno lo stesso colore dei gobbi....colore si fa per dire....”

“Bleah!” rispondo schifato “...E quelli? Chi sono quelli?” continuo indicando un punto alla mia sinistra.

“Quelli lì sono i distinti, dove va la gente più anziana e tranquilla, mentre laggiù c'è la tribuna dove vanno le persone importanti, i giornalisti e quelli che hanno tanti soldi. Lì se ne stanno comodamente seduti sulle poltroncine e, quando piove, non se la prendono tutta come invece accadrebbe qui. Magari la prossima volta ti ci porto....” dice mio padre sorridendo.

Sarà anche bello, penso. Ma a me piace stare qui anche se mi sento un'acciuga in scatola. Mi piace questa gente. Mi piacciono questi odori. E davvero non so se laggiù sarebbe lo stesso.

“Aranciataaaa, cocaaa, caffeeeee caldoooooo...” dice un signore che trasporta un enorme cestino a tracolla.

“Ma quello cosa vuole? Non eravamo già abbastanza stretti? Doveva proprio passare di qui?”, penso.

La gente attorno a noi sbuffa, ma alla fine si sposta. Qualcuno ordina un caffè e l'uomo agita il suo grosso thermos riempiendo dei bicchierini di plastica. Poi li passa a chi gli sta vicino dando vita ad una vera e propria catena di gente che passa un bicchierino fumante al vicino fino a farlo giungere a destinazione. Stessa cosa, ma in senso inverso, per le monete che viaggiano da quello che ora tiene in mano il suo bicchierino a quello con il grosso cesto a tracolla il quale, soddisfatto, si sposta e riprende a recitare la sua litania:

“Aranciaataaaa....caffé caldoooooo....caffé Borghettiiiiii....”

Cosa sarà mai quest'ultima cosa che ha detto quel signore? Vorrei chiederlo a mio padre, ma non riesco a farlo perché, all'improvviso, l'altoparlante dello stadio smette per qualche attimo di parlare. Sugli spalti cala uno strano silenzio. Poi un brusio soffuso.

“....l'arbitro del vostro arredamento comunica il nominativo dell'arbitro e le formazioni delle due squadre.....”

Molti fischiano. Altri gridano semplicemente “buuuuuuu”. Intuisco che la voce sta dicendo i nomi della formazione dell'Ascoli, ma non riesco a capirne manco uno, anche se poi li so a memoria perché me li sono studiati sull'album delle figu.Ancora un attimo di silenzio.

“E adesso che succede?”, penso tra me e me. Non ho tempo di riflettere molto.

“Tooorinoooooo” grida adesso la voce.

“Ooooooolleeeeeeeee” rispondono tutti.

“Ooooleeeeeee” grido anche io.

“Allenatoooreeeeee....Gigi Radiceeeee”

“Ooooooleeeeeeeee.....”

E poi altri dieci nomi e dieci urla che mai avevo sentito in vita mia. Dieci urla che non erano più uscite dalla mia gola fin dai tempi in cui, da neonato, piangevo di notte tormentando il sonno dei miei.

“Ne manca uno”,penso. Manca......

“Puuuuuliciiiiiiiiiiiiii” urla l'altoparlante ancora più forte di prima.

“Oooooooooooooooooooleeeeeeeeeeeeeeeeeeee”.

Credevo che prima avessero urlato forte. Ma questo li supera tutti. Quelle di prima erano urla di amore e di incitamento. Ma questo è un grido di guerra. Perché Pupi è il nostro guerriero. “Pupi è il Toro!!!” dice spesso papà. E ora ho finalmente capito cosa intendeva dire.

Mancano pochi minuti all'inizio. Vicino al tunnel mobile che si protende verso il campo c'è un omone con i baffi. Vedo che a un certo punto lui si rivolge alla nostra curva facendo un gesto con la mano. Il frastuono aumenta. Si sente un odore acre e per me sconosciuto; vedo che tutti portano le sciarpe a coprire le loro facce. Io sono senza e me lo respiro tutto. E' un odore strano, forte, ma non lo trovo spiacevole. Per me questo è, e sempre sarà, l'odore dello stadio.

Eccoli! Sono in campo! Pupi si avvicina alla testa di Toro nera che si trova proprio sotto la nostra curva. Le da una carezza. Tutti fanno roteare le sciarpe. Sventolano le loro bandiere.

“To-ro! To-ro! To-ro!” gridano tutti.

“To-ro! To-ro! To-ro!” grido anch'io.

Le squadre sono schierate in campo. Io continuo a sentirmi un'acciuga in scatola. Ma sono felice come mai ero stato nella mia vita.

La partita inizia. Che strano vedere quegli omini in campo. Sono molto più piccoli di come me li immaginavo vedendoli in televisione. Ma qui c'è qualcosa di veramente speciale. Qui non ci si limita a vedere la partita. Qui la si respira. La si sente. La si vive. Altro che al calduccio sul comodo divano di casa.

Il tempo passa e i nostri attaccano senza riuscire a cavare un ragno dal buco. Ci provano un po' tutti finché....

“Goooooooollllllll”. Un boato sale alto dal ventre della nostra curva e via via si diffonde ai distinti, alla tribuna fino a toccare quasi tutto lo stadio. C'è chi urla. Chi si spinge. Chi si abbraccia. Io stesso  vengo trascinato dalla corrente umana e mi ritrovo qualche metro più in là abbracciato ad un signore che non conosco, ma che ha sulla faccia il mio stesso sorriso. Finalmente siamo in vantaggio!

“Chi a l'a segnà? Chi ha segnato?” chiede qualcuno.

“Ciccio.....è stato Ciccio!” rispondono altri.

Ciccio ha finalmente sbloccato il risultato. Si va al riposo. Ci si siede in attesa che la partita riprenda. Passano pochi minuti e si sente un nuovo boato, ancora più forte di prima. Stavolta nessuno ha dubbi su chi abbia segnato. Stavolta tutti vedono Pupi che, dopo aver battuto il suo omonimo portiere dell'Ascoli che però non è Pupi, alza le braccia e corre verso la nostra curva, lanciando il suo urlo di guerra. La Maratona risponde urlando ed abbracciandolo idealmente. Una festa grande, bella, colorata.L'Ascoli accorcia le distanze con Quadri, ma non c'è manco il tempo per arrabbiarsi perché, dopo circa un minuto, Greco segna il gol del definitivo 3 a 1.

Mentre la sera sta per calare sullo stadio, l'arbitro fischia la fine. I nostri in campo si abbracciano. Ci abbracciamo anche noi sugli spalti. E' bello trovarsi a festeggiare con gente che neppure conosci ma che è felice per lo stesso motivo per cui lo sei tu. E' finita. Si torna a casa. Felici. Non vedo l'ora di rivedere le immagini della partita a “Novantesimo Minuto”. Gustarmi il gol di Ciccio, di Pupi. Rivivere questo pomeriggio di grande, immensa festa.

Vorrei tornare presto allo stadio per rivivere quelle immagini, quei colori, quegli odori. Già la prossima volta. E invece mi sa che dovrò aspettare molto tempo ancora. La domenica, di solito, si va dai nonni. Oppure, ora che arriva la primavera, si andrà in montagna e chissà quante settimane, quanti mesi, dovranno passare prima che mio padre mi porti di nuovo in Maratona.Ma so per certo che quel giorno verrà. E so anche che ci sarà un momento in cui diventerò finalmente grande e potrò venirci da solo allo stadio. Prendendo il tram con gli amici. Magari, potrò persino aggregarmi a quelli che urlano uniti ed abbracciati in mezzo alla Maratona.Non so se a quel tempo ci saranno ancora il Poeta, Ciccio e Pupi. Ma sono certo che io e il Toro ci saremo di sicuro.

 

Più di trent'anni dopo. Novembre 2010.

 

Questa è stata, per come la ricordo, la mia prima volta allo stadio. Non so quante altre volte ci siano state dopo quella: centinaia, forse migliaia. Ma posso dire di non aver mai più provato le emozioni di quel giorno lontanissimo. Neanche alla mia prima “con gli amici e senza adulti”. Neanche al mio primo derby. Neanche al mio “esordio” in Europa contro il Panathinaikos. Da quel Toro-Ascoli a quello dell'altro giorno è cambiato praticamente tutto. E non solo perché io non sono più un bambino e i Gemelli del Gol sono ormai due signori di sessant'anni. Non solo perché il Toro allora metteva paura agli avversari, mentre ora ha una serie di problemi che fanno paura.Non c'è più la coda per comprare i biglietti. Non ci sono più i tamburi. Non c'è più l'odore dei fumogeni. Non c'è più la sensazione che si provava a stare stretti come le acciughe. La stessa Maratona si è spostata in tribuna (chissà: magari ha portato bene...) e, anche quando rimane al suo posto, non è più quella di una volta.

Cosa è rimasto? A ben vedere molto poco. Il colore della maglia, certo. Delle nostre bandiere e delle nostre sciarpe, quando non ci si inventa qualcosa di diverso. L'emozione del gol. Ecco sì. Quella sì, e nessuna diavoleria televisiva potrà mai sostituirla. Vedere i ragazzi che esultano i campo. Alzarsi dalla poltroncina. Sentire un tuffo al cuore. Cercare un amico da abbracciare. Oppure, se amici non ce ne sono, cercare comunque qualcuno da stringere tra le braccia. E vedere la gioia sul suo volto. E sapere che il suo viso, i suoi occhi felici, sono lo specchio dei tuoi occhi felici. Sentire che, al di là di tutte le cose brutte che ogni giorno la vita ti mette di fronte, tu, in quel momento, sei veramente felice. Come un bambino. Come quel bambino che, oltre trent'anni fa, non aveva mai messo piede in uno stadio. E desiderava al di sopra di ogni altra cosa entrarci per rendersi conto di come fosse seguire dal vivo le giocate del Poeta e di Ciccio; e soprattutto per capire che emozione si provasse a veder segnare e correre sotto la Maratona il grande Pupi-gol.

 

 

Domenica 18 febbraio 1979

Torino, Stadio Comunale

TORINO - ASCOLI 3-1 (1-0)

Torino: Terraneo, Salvadori, Vullo, Zaccarelli, Mozzini, Santin, Sala C., Pecci, Graziani, Greco, Pulici P. A disposizione: Copparoni, Mandorlini, Iorio. All.: Radice.

Ascoli: Pulici F., Legnaro, Anzivino, Scorsa, Castoldi, Perico, Trevisanello (al 64' Roccotelli), Pileggi, Ambu, Bellotto, Quadri. A disposizione: Brini, Landini II. All.: Renna.

Arbitro: Michelotti di Parma.

Reti: Graziani 43' (T), Pulici 51' (T), Quadri 54' (A), Greco 55' (T)

Spettatori: 29.361 di cui 10.156 abbonati e 19.205 paganti.

 

 

Dopo questo ricordo dei tempi lontani, la presente rubrica si prende una settimana di vacanza. Passerò nuovamente da queste parti tra due sabati, ovvero il prossimo 20 novembre. Speriamo di ritrovarci qui col Toro in una posizione di classifica migliore rispetto a quella attuale.