mondo granata

La scelta

La scelta - immagine 1
di Mauro Saglietti
Redazione Toro News

Io sono quello che parla poco e sta sempre in disparte.Il mio nome non ha importanza.Sono morto, forse, tanti anni fa. O forse sono ancora vivo. Non so neanche a chi sto parlando.Non capisco se è la prima volta che questi pensieri mi attraversano la mente, o se invece sono anni, anni e anni che rifletto su queste cose, nella mia disperazione.

 

Dicono che su Torino stia piovendo.Piove da 60 anni forse, o solo da tre giorni.L’aereo è sempre sopra le nuvole e il sole mi scalda il volto attraverso il finestrino, ma ho perso la gioia del suo calore, o l’emozione del vedere le nubi sotto di noi.Penso ai miei, a Firenze, mi chiedo quando se ne siano andati… o se invece siano ancora lì che mi aspettano.E lei sulla porta.In tutto questo tempo ho pensato migliaia di volte al tono della sua voce, alle sue carezze quando siamo soli.Non le ricordo più, anche se sono passati solo due giorni, che sembrano decine di anni.Potrei rivederla tra un’ora. O mai più.Non sono abituato alle emozioni, a ridere forte o a piangere.E le virate dell’apparecchio sono soltanto il ricordo di una ninna nanna cantata quando ero piccolo, molto piccolo.Quanto è difficile scegliere.

 

Io invece sono la Roccia, alle volte mi chiamano, o mi chiamavano così.Su Torino piove sempre, dicono.Ogni tanto mi addormento e mi risveglio sperando di essere al di sotto delle nuvole.O al di sopra, più in alto ancora, come una liberazione finale.O comunque lontano da questo aereo e da quello che abbiamo visto.Ma attorno a me vedo sempre gli stessi volti.Nessuno parla più da tempo.Non so da quanto.C’è chi piange, chi prega, chi ha smesso di sperare, chi guarda fuori con sguardo strano.Dino piange, ha paura e mi chiede “Perché?”.Come posso spiegargli? Ho visto gli altri miei fratelli, quelli che sono rimasti laggiù a Chioggia, da questi finestrini.Li ho visti piangere.E ho visto anche quanto mi riabbracceranno al mio ritorno.Dino mi chiede perché non ci sia ancora stata la scelta…Perché Lui non abbia scelto.Come spiegargli quanto sia difficile….Come si può decidere tra la vita e la morte?

 

Io sono lo Spavaldo, il collante del centrocampo, la Castagna da fuori area.O forse lo ero. Chissà se lo sarò.Pensavo di essere fortunato, fino a un attimo fa, un lontanissimo attimo fa.Pensavo di avere ottenuto tutto dalla vita.Invece ho paura. Ho paura e non capisco perché tutto questo sia dovuto succedere.Ho comprato una cartolina prima di partire… volevo portarla a casa.Eppure la cartolina si è ingiallita tra le mie mani, la foto è sbiadita e la calligrafia sembra quella di un altro tempo.No! Scuoto la testa, no!Io non voglio morire…. Io non voglio…Voglio tornare a casa, scendere da questo aereo. Voglio la seconda scelta... non mi importa se sarò considerato un vigliacco. Potrò essere considerato uno degli invincibili, ma non posso vincere la paura della morte.Ho paura, spero che qualcuno senta le mie preghiere e mi tiri fuori da questo incubo.Spero ci pensi Lui.E’ lì seduto nella prima fila, da solo, la testa tra le mani, il peso di tutti noi sulle spalle.Sembra una vita, eppure è capitato solo…

 

E’ capitato da non più di due minuti.Io sono il portiere, quello che vola da una parte all’altra su quel terreno che, ora so, un giorno sarà una discarica.Ho quasi paura che Lui scelga senza dirci nulla e che noi si senta il colpo tutto d’un tratto.No, Lui non è così, non lo farà di nascosto.Ho cercato di parlargli un attimo fa…Gli ho detto che siamo giovani, che abbiamo voglia di vivere.Che abbiamo persone che ci aspettano, laggiù, oltre quella stramaledetta pista. Quasi non mi ha ascoltato, ho visto i suoi occhi rossi tra le mani…Da quanto tempo è così? Due minuti o decine di anni?Ho cercato di spiegargli che ho una ragazza giù a… forse ne ho anche più di una, lo so.Ma non voglio lasciarla da sola. Non voglio.Ho sempre scherzato su queste cose.Soltanto adesso, vedendo quella che potrebbe essere la mia vita futura con lei, mi sono reso conto di quanto grande potrebbe diventare questa storia d’amore.Io voglio tornare, voglio la mia vita, voglio morire a Savona, quando sarò vecchio e avrò le persone care attorno a me.Non oggi, non contro quel muro.Tutti mi crederanno un eroe, ma io… io non lo sono.Perché Lui non mi ascolta?Quasi mi viene da ridere, non fosse per il fatto che tra cinque minuti sarò morto. O sarò vivo.Forse sono già morto da tempo.Ci hanno portato via il tempo.

 

Lo conosco da troppo per non percepire la sua battaglia di sentimenti, di disperazione e di speranza.Io sono il suo amico, dai tempi di Venezia.E’ capitato davvero tutto da due minuti.L’aereo ha virato e ha cominciato a girare in circolo sopra queste nubi.Me ne sono accorto dal sole che continuava a spostarsi, mentre gli altri credevano ancora che stessimo virando per Torino.Lui non parlava da qualche minuto. Me ne ero accorto subito.Gli ho chiesto se stesse bene, ma vedendolo così pallido in volto, con gli occhi sbarrati, ho capito che qualcosa di grave si dibatteva in Lui.Si è alzato e ha cominciato a parlarci.Uno come lui non ha mai avuto bisogno di richiedere il silenzio.Sono arrivati anche i piloti e l’equipaggio… l’aereo continua a volare in tondo da solo… Ha parlato senza muovere le labbra.Ci ha indicato i finestrini, ha detto di guardare fuori.Le scene erano confuse, tra la nebbia.Poi, lentamente qualcosa è emerso, ma non il cielo.Sono emerse le immagini della nostra vita che sarà.Poche scene, credo che ognuno abbia visto la propria.Ci è mancato il fiato… che cos’era? Un miraggio? Un’allucinazione?L’aereo sulla pista bagnata, il ritorno a casa… l’abbraccio sulla porta.Gli anni futuri, la fabbrica di vernici, l’addio al pallone, un altro figlio… la nuova casa, gli amici, la carriera da allenatore, mamma e papà che se ne vanno…, diventare nonno….Mi sono messo piangere alla fine.Tutti erano increduli, ognuno ha visto quello che sarà dai finestrini.Attimi di gioia, rabbia, disperazione.Amori che se ne andavano o che tornavano, vedersi invecchiati, attorniati da figli e in alcuni casi lasciati da soli da loro, vecchi e dimenticati a vivere dei ricordi della nostra gioventù…Ma non ci ha mostrato solo quello.

 

Io vengo da Trieste.Sono taciturno come molti altri ragazzi di questa squadra, scampati alle viscere di un universo di paura con così tanta forza da trovarci oggi alle soglie di un mondo sconosciuto.Ho visto quella che sarà la mia vita, felice.Fino alla fine.Poi Lui ci ha detto di continuare a guardare.E abbiamo visto un futuro diverso.Quanto tempo è trascorso da queste immagini che ho appena finito di guardare?Sembra passato, ma non è ancora futuro.Lo schianto, nella nebbia, i rottami, i titoli dei giornali, i funerali, madri, mogli e figli straziati dal dolore, il ritorno nei cimiteri di casa, per alcuni di noi.E il nostro ricordo che si materializza negli anni, che diventa Mito, fino a cambiare i comportamenti delle persone.Fiaccolate, lumini nel cuore della notte, processioni di singole persone, lungo quel muraglione…Quando le immagini sono finite, facevo fatica a respirare.Abbiamo tutti trattenuto il respiro.Non posso, non devo farmi vedere piangere dagli altri… se sapessero che sono proprio io a farlo…Ne abbiamo parlato. Ne abbiamo tutti insieme parlato per così tanto tempo… in soli due minuti o quelli che sono stati fino ad ora.Ho paura… io sono soltanto un uomo, non voglio diventare un Eroe. Voglio una vita normale, con la mia famiglia… Tutta quella gente… tutta quella gente che salirà alla lapide… tutto questo mi spaventa.No, no! Perché a noi? Perché tutto questo a noi?Non voglio che mi vedano piangere, ma temo di stare piangendo da oltre sessant’anni, incastrato in un mondo al quale manca una scelta così difficile.

 

Io sono quello che scherza sempre.E forse sono l’unico con un sorriso amaro sulle labbra.Alle volte me la cavo con un’alzata di spalle.In tutto questo tempo ho quasi perso la voglia di pensare a casa, a mia moglie e ai bambini…Li desidero così tanto che se poi Lui dovesse decidere per l’altra strada… ne morirei una seconda volta.Loro sono lì, da qualche parte qui sotto, nel loro tempo.Forse mi credono morto, forse sono cresciuti, forse sono diventati nonni.Lui è disperato, lo vedo dalla coda dell’aereo. Abbiamo deciso che sia Lui a scegliere… il nostro Capitano.E' un uomo giusto, noi… non siamo nelle condizioni di poter scegliere.Noi non siamo eroi, siamo uomini, nessuno di noi lo vuole diventare.Abbiamo paure, emozioni, rabbie, eppure potremmo diventare un simbolo, un valore in tempi di assenza...Come faccio a spiegarlo? E’ qualcosa di talmente grande inconcepibile che le parole per parlarne non esistono.Rido con amaro sarcasmo.In realtà tremo, e loro lo sanno.Ho paura.Ho paura del momento che verrà.Ho paura dello schianto, anche se potrebbe essere solo un attimo.Ma ho paura anche della vita che ho visto dopo l’eventuale atterraggio, della quale so già tutto.E’ questa la nostra maledizione.Ho riso in faccia a tutti nella mia vita.Ma le mie risate di fronte a questa terribile scelta, sono soltanto un’ultima, labile difesa.Perché?Perché la gente che verrà… ha ancora bisogno di aggrapparsi a noi? Perché non riesce a sviluppare altro che rimpianto?Spero che il Capitano lo capisca. E ci salvi.

 

Io sono l’attaccante.Avrò un figlio, ma ancora non lo so.Mia moglie mi aspetta a casa da tanto, forse non mi aspetta più.Forse nessuno mi aspetta più.Ho visto strane cose dai finestrini.Ho visto passare gli anni e la gente invocare i nostri nomi.La gente che ci indica come simboli.Ho visto l’ombra di quello che potrebbe succedere, proiettarsi negli anni a venire.Alle volte credo che sia la gente laggiù, a volere questa fine tragica. Forse sono quelli che adesso non sono ancora nati. Quelli che non avranno niente se non questo lungo ricordo.Tutto questo è troppo.Perché non posso vivere con la mia famiglia?Non volevo finire qui . Io volevo una vita normale.Ogni tanto il rombo dei motori diventa quasi assordante, come se accelerassero e fossimo vicini alla conclusione.Lasciatemi andare.Io non sono un eroe, non voglio morire.Io non sono un Invincibile.Lasciatemi andare.

 

Sono il Capitano.Sento il respiro di tutti dietro le mie spalle.Sono un uomo che ha paura.Sì, io, che in quello che potrebbe capitare verrò ricordato come il più coraggioso.Io ho paura.Ho paura di quello che sarà.Ho paura di morire.Ho paura dell’impatto e mi sento responsabile della vita di tutti i miei compagni.Vivo in quest’universo di nebbia a cinque minuti da un’eternità che non arriva mai.Ho visto la mia vita futura con i miei figli e la mia donna, la scuola che aprirò, il futuro a Milano…Ma ho visto tanto altro.Ho visto la gente che si accalcava con le mani verso di noi, come se fossimo ancora vivi.La gente parlare di noi, di quando c’eravamo.Persone anziane ricordare gli anni della loro gioventù alzando gli occhi verso il punto in cui tutto dovrebbe finire.Bambini accompagnati dai genitori, lasciare un fiore e sentirsi raccontare la nostra storia.Persone da ogni parte del mondo chinare la testa.Ragazzi di fronte alla lapide che parlano del loro amore perduto, a me, agli altri, come se noi potessimo rispondere…Ho visto gente ringraziare e pregare, pazza di gioia.Ho visto passare la storia della gente che parla in dialetto e che si capisce con uno sguardo.Ragazzi diventare anziani di fronte alla nostra lapide.Ho visto persone burbere piangere ed esprimere emozioni che credevano di non avere più, o alla ricerca di una spiritualità diversa da quella che ti insegnano.Persone chiederci di dar loro una mano, di aiutare i nuovi giocatori, come se questo fosse possibile…Come è possibile togliere la speranza a una comunità? Mi sono chiesto.Cosa conta di più, la nostra vita o la speranza di tante persone che altrimenti sarebbero schiacciate?Poi, sempre dai finestrini, ho visto gli anni passare.Ho visto la città cambiare, la comunità schiacciata, l’ombra lunga del nostro passato diventare un macigno di riferimento nella mancanza di un presente.Ho visto la gente avere noi come unica cosa.Ma non è giusto.Noi siamo stati presente.Noi siamo il nostro presente.Che cosa sarà del presente degli altri se… Se avranno sempre noi come paragone? Quali “altri” da noi potranno crescere?

 

Vorrei poter ridere. Chissà se ne sono ancora capace?Cosa scegliere? Rifugiarci nel quieto declino che per qualcuno di noi sarà… o diventare davvero Immortali e Invincibili, regalando un valore e un ricordo indelebile a queste persone? Passeranno gli anni, arriverà il giorno in cui le nostre azioni si perderanno nella retorica. Qualcuno sbufferà alzando gli occhi al cielo, sentendoci nominare.Quanto sarà alto il nostro monumento?Quanta ombra farà?Quanto sole finirà per togliere, sotto le migliori intenzioni?

Io non posso insegnarvi a vivere, ad avere speranza.Il vostro futuro è andato troppo in là troppo oltre il nostro presente. Ed è un pensiero diventato così forte che ci impedisce di andarcene. Se proprio dobbiamo morire, non fate di noi quello che non possiamo essere. Siamo dei ragazzi, non degli eroi. Mi credono Invincibile, ma io ho paura. Sono soltanto un uomo che ha paura. Il rombo si fa assordante, immenso. Sembra un eterno rombo di maledizione. Che non finisce mai. Sono di nuovo quello che parla poco e sta sempre in disparte. Il sole filtra ancora tra i finestrini. Chi può dire se tra cinque minuti ci sarà una tazza di the caldo per noi.< O invece il fumo tra i rottami sotto la pioggia battente. Il sorriso di un bimbo sulla porta di casa o le lacrime che cadono sulle nostre fotografie. Il Capitano si è alzato in piedi. Sta per parlare. Qualsiasi cosa scelga, noi saremo con lui. Mauro Saglietti

tutte le notizie di